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Archive for settembre 2013

Tanto per chiudere il discorso, il titolo “Ditelo al Dottordivago” nasce dal fatto che io avrei saputo come sbrigare la pratica Costa Concordia in quattro e quattrotto.
Tra l’altro, apro una parentesi, che sarebbe il sottomultiplo della divagata classica.
La notizia di oggi è che i resti ritrovati nel relitto sono di origine animale:
ma… Schettino… non si era salvato?

risate_117

Eh lo so, so’ ccomico…

Va be’, basta con le cazzate, parliamo del “fare”.
Quindi,

  • dopo aver lungamente pensato a come avrei fatto io per recuperare il relitto con la minor spesa possibile,
  • considerato che oltre a far galleggiare l’ex greppia ingrassa-turisti, poi toccava pure smantellarla,
  • anche a costo di deludere chi si attrezzava con patatine e pop corn per seguire i parti del mio ingegno

sono arrivato alla conclusione che sarebbe bastato mettere un paio di cartelli

NU ATINGE

che significa “non toccare” in rumeno: potete scommetterci la mamma che, un pezzo alla volta, se la portavano via tutta.
Ma tutta, neh…

Senza che noi cacciassimo una lira, in molto meno tempo.
E mò mi lancio nel prossimo post, che mi intriga di più: buttiamo la pasta?

Dottordivago

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Sapete perchè questa serie di tre post si intitola così?
Provo un po’ di vergogna, lo confesso, però ve lo dico lo stesso.

Lunedì scorso, di prima mattina, prima che le due stronze indemoniate mi mandassero a puttane la diretta dal Giglio nonchè il buonumore, ho visto le primissime operazioni per la rotazione della Costa Concordia ed ho sentito i primi dati dell’operazione.
Non ricordo quali e quanti mezzi e uomini fossero coinvolti, quello che mi ha lasciato incredulo è il costo dell’operazione: 600 milioni di euri, anche in tempi in cui “i soldi non valgono più un cazzo”, sono sempre ‘na cifra.

Tra l’altro, chi li tossisce? Il fatto che la Protezione Civile, nella persona di Gabrielli, abbia tutto in mano, mi insinua il sospetto che l’uccello ce l’abbia messo la Costa e il culo noi.

Mi scappa di divagare.
Vi ho mai parlato (certo che sì) della mia capacità di fare una cosa per la prima volta riuscendo a dare, ad un osservatore non proprio ferratissimo,  l’impressione di averla sempre fatta?
Si chiama “faccia come il culo”, unita ad una buona abilità manuale, capacità organizzativa e, senza falsa modestia, una prontezza non comune.
Esibizionismo e mania di protagonismo q. b.
Prontezza non comune solo per certe cose, mentre per altre sono un coglione: a volte ho dei momenti di ingenuità totale che mi lasciano incredulo, giuro, un bambino scemo, mi si spegne il cervello.
Ma solitamente mi piace risolvere i problemi.

Non sono bravo come lui, sia chiaro.
Be’, non è detto, semplicemente non mi sono mai trovato nella condizione di dovermi liberare di un cadavere con la testa esplosa all’interno di un’auto.
Però il mio approccio è lo stesso: calma glaciale, unita ad una certa leggerezza che sdrammatizza.

Sarà per quello che fin da sbarbato, ogni volta in cui le cose prendevano una piega imprevista o problematica, gli amici chiamavano me.
Ero un punto di riferimento per problemi da risolvere e consulenze malandrine, mentre per le questioni di cuore o che riguardassero comunque i sentimenti, non si presentava nessuno, per fortuna. A tenere lontani gli elemosinatori di comprensione ha sempre contribuito il fatto che parlo molto, quindi la gente ha sempre pensato che con me i loro segreti sarebbero rimasti tali per poco.
Errore madornale: non rompete i coglioni a me ma confidatevi con chi parla molto, con chi ha argomenti per tutte le occasioni e non ha bisogno di lavarvi il culo per ottenere un minimo di considerazione in una conversazione.

Insomma, che si trattasse di una gomma della bici bucata, un motorino che si fermava, un momento di tensione con qualcuno, organizzare una grigliata in spiaggia per 50 persone senza uno straccio di attrezzatura, un malore, un incidente… Cercavano me.
E a me piaceva da morire prendere in mano la situazione, cosa che non disdegno tutt’ora, anche se mi sono fatto un filino più furbo e mi lascio coinvolgere molto meno.

Così, per la millesima volta dalla notte del disastro, mi sono ritrovato a pensare come avrei fatto io.
Continua.

Dottordivago

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Attacco con un “RisPost” a MEB, che ha commentato il post precedente:

Nonostante la pesante scurrilità del tuo post ( nonchè la political unfairness diciamo cosi’, che ti contraddistingue – in quanto dubito che due inviati maschi avrebbero agito diversamente con risultati diveri – a meno di non fare supposizioni sui gusti sessuali del buon Gabrielli ) .. putroppo non si puo’ che essere d’accordo sul contenuto.
Ecco, contorta, ma l’ho detto. :D

La MEB non è una suffragetta 2.0 o un’esagitata incendiaria di reggiseni anni 70, che non avrei cagato di striscio, bensì una donna di spirito.
Che è un’espressione di merda che mi stupisco di aver usato.
Insomma, è una a posto, quindi merita attenzione.

Due maschi avrebbero fatto la stessa cosa, solo meno bene: non è una novità che se serve precisione le donne staccano gli uomini di due giri.
Le donne sono più precise: hai mai visto una donna iniziare un lavoro e lasciarlo a metà? Per un uomo è un classico.
A quelle due qualcuno ha detto “andate là e cercate malcontento, create un caso”. Un uomo ci avrebbe provato, poi si sarebbe seduto al bar con turisti e residenti.
Le donne no: sono state mandate con l’incarico di essere odiose e loro ce l’hanno messa tutta, riuscendoci.

Oggi ho visto un altro servizio, sempre di una delle due stronze (eh lo so, non ho ancora dato disdetta a Sky, in più era un orario in cui altri TG nisba).
Odia Gabrielli, si capisce.
Prima l’ha definito, in quanto capo della Protezione Civile, “l’uomo delle disgrazie”, poi “il prefetto che parla di sfiga”, battuta di Gabrielli che ho sentito, apprezzato e per cui non smetterò mai di amare quell’uomo, una sorta di Papa Francesco delle istituzioni.
Insomma, la stronza ha tentato di dare un’immagine negativa del mio amico, per concludere con “sembra essere andato tutto bene, per ora…”
PER ORA!
Ma brutta testa di cazzo d’una pezza di merda (™Fernando)…
È mai possibile che quando serve un acchiappatore di capelli che le trascini la testa fino al posto giusto, non si trova mai?
Ops, scusa meb, m’è scappata…

Oggi un’altra, di un TG Rai, sempre dal Giglio.
Faceva le domande con l’aria da furbetta, con la faccia di quella che la sa già lunga di suo, prima che tu le risponda.
È esattamente una cosa, anzi, La Cosa, che un giornalista non dovrebbe mai fare, è il comportamento più odioso in assoluto, esattamente come un comico che ridacchia prima di dire la battuta, come se fosse una tale figata da non riuscire a trattenersi lui, in primis.
Ecco, se l’atteggiamento delle altre due è da sanzionare come già visto, questa è proprio da scoppolone, forte e sonoro, seguito da un “cazzo ridi, stronza?”

Tornando al RisPost, per quanto riguarda il boccadillo, ho usato quell’immagine perchè, come al solito, mi faceva ridere. Sarebbe stata una reazione talmente spropositata da essere per forza comica, tranne che per una Boldrini qualunque.

Se poi ti figuri la scena, con un uomo non verrebbe bene, anche se i frequentatori di viados mi dicono che noi maschietti siamo dei pompinari sublimi.
Con un uomo è più difficile immaginare il gesto incontrastabile di Gabrielli, proprio per un fatto di maggior resistenza fisica, oltre al fatto che io mi prefiguro un uomo con i capelli più corti di quelli della donna-tipo, quindi più difficile da afferrare.
No, è una gag che non sta in piedi, intendo tecnicamente: ti ricordo un mio passato professionistico di scrittore di minchiate, che mi ha lasciato l’abitudine di far quadrare la gag, quanto meno il bilanciamento degli ingredienti.

Ti ricordi la barzelletta di Ambrogio e la moglie dell’Ambasciatore, quelli dello spot dei Ferrero Rocher?

La moglie dell’Ambasciatore è in macchina con Ambrogio e, come sempre, attacca col solito: «Ambrogio…» a cui segue la voglia di “qualcosa di speciale”.
Ambrogio preme il bottone ed esce il solito trionfo di Ferrero Rocher.
La cosa si ripete più volte.
All’ennesima, Ambrogio, che non la sopporta più, le vola addosso, la prende per il coppino e glielo butta nel culo di brutto, domandandole se è abbastanza speciale.
Poi riprendono il viaggio.
Poco dopo la signora dice: «Ambrogio, mi brucia un po’ il culo…»
«E per forza, signora, con tutta la cioccolata che mangia…»

È un’inenarrabile minchiata ma quando me l’hanno raccontata ho rischiato di morire dal ridere, così ho voluto in qualche modo riproporla, con la Concordia sullo sfondo.
Besos.

Dottordivago

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C’ho la mamma maiala?
No, certo.
Almeno non più, bella stella, visto l’età…
E se vi venisse di farmi notare che se mai una è maiala da giovane, una volta vecchia cambia solo l’aggettivo, io vi ricordo che si parla della mia mamma.

Ok, ricominciamo: c’ho forse la mamma maiala?
No.
Quindi anch’io voglio dire due troiate sul recupero della Costa Concordia.

Primo, anzi, enorme merito del parakuling (o come si chiama l’operazione) della Costa Concordia è l’avermi fatto decidere -e questa volta davvero, non gliela perdono- di mandare a cagare Sky.
Ieri mattina (lunedì, il giorno del via all’operazione) mi sveglio in splendida solitudine (Bimbi è da mammà) e con l’obbligo di stare in casa a cazzeggiare, visto che in mattinata devono venire un paio di idraulici per piazzare le termovalvole sui radiatori, operazione giusto un pelo meno inutile e dannosa del farsi molare i denti per avere la bocca da coccodrillo, come è tradizione tra gli Afar della Dancalia o tra gli smidollati che si credono di diventare cazzuti con piercing e varie lesioni permanenti.

Il programma mattutino prevede Nescafe lungo con Televideo, colazione con te, biscotti e TG (in questo caso Rai TG24), cacca santa: bello avere certezze, aaamo la routine!
Dopo, niente vestizione, bisogna aspettare gli “artiggiani della qualità”.
E quindi “costa quel costa, tiriamo su la Costa”, in diretta su Sky TG24, che sicuramente dedicherà un canale all’evento.

Non proprio, dedica tutto sè stesso: se la Concordia avesse avuto bisogno di un rene, Sky TG24 gliel’avrebbe donato.
Problema: non solo l’evento occupa un canale tematico, la Prima Pagina e l’edizione normale sul canale 100, ma hanno anche mandato lì due indemoniate che percorrono l’Isola del Giglio a caccia di un mostro o di un alieno o, almeno, di uno preoccupato.

Non so sull’isola come sono messi a mostri o alieni, di sicuro la preoccupazione non sanno cosa sia.
Anche la ricerca forsennata di un pessimista o di un complottista o di uno scontento generico dà esito negativo.
Imbufalita per l’insuccesso, una delle due stronze isteriche riesce ad agganciare Gabrielli il quale, solo ricordandosi di essere un gentiluomo a tutto tondo, nonchè di avere l’obbligo di essere politicamente corretto, riesce a trattenersi dallo strangolarla in diretta. Ha solo un attimo di esitazione quando, dopo avergli fatto notare che i lavori partono in ritardo, la stronza domanda se il temporale, causa del ritardo, non poteva essere previsto.
Rispondo io: previsto magari sì ma… quando l’hai previsto e lui arriva, poi, anche se sei al Giglio, ti tocca fare come a Milano, che quando piove lasciano che piova.

E a quel punto lì, Gabrielli mi ha deluso: avrebbe dovuto prenderla per i capelli e, con grande fermezza, obbligarla a succhiarglielo in diretta, magari con le lacrime agli occhi, non per sessismo, solo per dare una ragione di esistere a quella bocca.
Oppure, al limite, avrebbe potuto guardarla per un attimo, mandarla a cagare e andarsene, purtroppo con la certezza che la bastarda avrebbe ravvisato nel gesto “un palpabile nervosismo”.
Tra le due, ha scelto la terza: ha tentato di spiegare alcune cose ovvie a una cretina che non voleva intenderne.
No, no, buona la prima: doveva zittirla facendoselo succhiare in diretta.

Domanda: se due laide troie assatanate si comportano così, è perchè fanno colazione con la metanfetamina o perchè hanno un direttore che avalla un comportamento e, soprattutto, un indirizzo giornalistico del genere?
La seconda.
Quindi colpa del direttore e della linea editoriale, anche se, nota di demerito all’inviata, succhiarlo in diretta a Gabrielli avrebbe dato un senso alla definizione “servizio”.

Cazzo-devo-andare-da-una-cliente-porca-troia-che-due-coglioni.
Continua.

Dottordivago

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Qualcuno…

…che poi non commenta comunque, mi aveva chiesto di semplificare l’iter per i commenti.
Io, nella mia povertà intellettuale, ci ho provato ma l’unica cosa che sono riuscito a fare è stato… non lo so, so solo che a volte la gente si incasina più di prima.

Quindi si torna al vecchio sistema, se ci riesco…
Poi ricomincio a lavorare.
Di sabato pomeriggio.
Alle 18.03…

Dottordivago

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E quindi Bimbi, io e una coppia di amici siamo in giro a cercare di mangiare qualcosa.
Prima delusione: mi aspettavo decine di banchetti o carrozzoni più o meno attrezzati che servissero ogni ben di Dio; ne ho visto uno, quello della farinata che ho assaggiato in orario da merenda sinoira con i miei due vicini pensionati.

Tutto il resto è foia.
Nel senso che sono tutti infoiatissimi a barbare più soldi possibile a quelli che passano, dando in cambio il minimo: sì, devo confessare che il Capodanno Alessandrino mi ha proprio dato l’idea di trovarmi in una Liguria allargata.

Non ho girato tutti i locali ma sette o otto sì e l’offerta era penosa: come si può pensare di far arrivare la gente a mezzanotte a botte di patatine e tramezzini?
Per carità, tutta roba che va bene per l’aperitivo, peccato che la maggior parte delle persone aveva voglia di qualcosa che ricordasse più un pasto che non uno stuzzichino ma, soprattutto, avevamo tutti voglia di… “qualcosa”.

Ci saremmo accontentati di poco e sarebbe stato il momento giusto, data la mancanza di concorrenza da parte degli specialisti del finger-food.
Sarebbe bastato che un qualsiasi bar con i tavoli in strada (per l’occasione li hanno messi anche quelli che normalmente non hanno il dehors) si fosse dotato di cose semplici e riciclabili, nel senso di “congelabili e riproponibili” se la serata fosse andata storta. E roba preparata il giorno prima, da servire a mestolate, come in mensa, quindi senza personale o attrezzature extra: una mestolata in una fondina usa e getta, un cucchiaio di plastica e 20 secondi in microonde.

Piove, governo-di-larghe-intese ladro e la serata va male?
Fai un tot di vaschette, le congeli e hai svariate ciotole di intingoli per un mese di aperitivi, con l’unico rischio che, stando lì, migliorino come un Barbaresco.
Ovviamente facendo le scelte giuste.

Se io, che sono un pirla, fossi stato il titolare di un qualunque bar di Alessandria, mi sarei procurato una bella scorta di baguette (facili da ridurre in rondelle), avrei preparato un bel cartello con scritto “Pane e…” e avrei proposto qualcosa del genere:

  • un pentolone di baccalà, o in versione piemontese, con sedano-carota-cipolla-pomodoro-prezzemolo o quella più tarra che piace a me, con aglio-pomodoro-capperi-olive-eunabottadipeperoncino.
    Dice: «Il baccalà costa».
    No, basta comperare quello più sottile, costa un terzo ed è tutto pelle, la parte più grassa e saporita, che crea una cremina che raffreddandosi diventa quasi una gelatina ma tiepida (20 secondi di microonde) è una figata; alla ricetta prescelta aggiungi due o tre kg di patate lesse schiacciate, o crude a pezzettini, e fai andare finchè tutto si disfa; servi un mestolo di intingolo (che i più caga-amaretti di voi potranno chiamare “dip”…) nella ciotolina di plastica di cui parlavo prima e tutto insieme ti costa molto meno di un euro, compresi i crostoni; vendi il tutto a cinque/sei euri, facendo un figurone.
  • Un pentolone di chili con fagioli per gli esterofili.
    Dice: «Io sono un barista di Alessandria, chi cazzo lo sa fare il chili?»
    Per una serata del genere -e anche per una con gli amici- è sufficiente saper fare un ragù decente, magari infarinando la carne per dare cremosità; ci aggiungi fagioli neri messicani borlotti in scatola a piacere, un paio di peperoni e un paio di peperoncini jalapeño…
    Anzi, fai così: mettici un calabrese del genere
    peperoncino
    e non se ne accorge nessuno, fidati.
    Idem rapporto costo/ricavo del baccalà.
  • Una botta elegante: pentolone di trippa. Senza pomodoro e/o fagioli, hai già il chili. Una bella trippa lessa, tiepida, annegata in una salsa verde a piacere, praticamente un lampredotto al piatto.
    Impegno zero, rapporto costo/ricavo da pusher.
  • Abbiamo degli esotici?
    Una bella dadolata di petto di pollo (vai col tacchino, tranquillo, che non vede nessuno e costa meno…) che sguazza in un semplice e saporitissimo curry con pomodoro e yogurt greco, successo garantito.
  • Giro assaggi -mi voglio rovinare- 15 euro, per mangiare a sazietà quattro cose buone.

Insomma, ti sei fatto un discreto culo per una giornata ma hai quattro pentoloni che decuplicheranno il tuo investimento, oltre ad un sacco di gente soddisfatta con cui ti sei distinto in mezzo a tutti gli altri poveri di spirito.

E i vegetariani?
Eh già, ci sono pure quelli…
Dunque, vediamo cosa propone per loro il menù…
Ah, sì, ecco: gliel’ho detto io di diventare vegetariani?
Dai, per piacere, camminare, su…

Dottordivago

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I problemi iniziano col ritardo della coppia di amici.
Bimbi è puntuale, loro no, e mentre li aspettiamo vedo aumentare la ressa.
Non mi piace aspettare ma mi piace ancora meno scassare la minchia alla gente, così la classica telefonata “dove cazzo siete” parte quando il ritardo supera la mezzora:
«Stiamo arrivando, abbiamo appena parcheggiato: volevamo venire in bici ma mi è caduta la catena e siamo dovuti tornare indietro ecc ecc…»
«Guarda, vi credo; non per fiducia, solo perchè a nessuno sarebbe venuta in mente una scusa del cazzo così…»

Ovviamente, quando arrivano gli amici, vicino al cibo ci sono le persone “a castello”, come i letti a militare, un vero merdaio: si vede la gente in coda pogare di brutto, anche senza musica dei Nirvana. In realtà si sgomitano e spintonano per una pizzetta, un piatto di patatine o un krapfen, una specie di iperlipidico ed ipercalorico “assalto ai forni” di manzoniana memoria:
«Junk-food o morte!»

Non parliamo dei bar con tavoli all’esterno: sono serate da bigami, ci vorrebbe una moglie che occupa il posto nel parcheggio e un’altra che si incatena al tavolino del bar…

Io non ho problemi, ho già fatto un bel pieno prima, ho mulinato le mandibole per una bella oretta, idratandomi diligentemente con le peggio birre da muratore, snobbando le sirene delle birre artigianali: secondo me, gli “artiggiani della qualità” vanno bene per i divani della Ferilli, la birra è una cosa seria.
Quindi mi scappa di divagare.

Domanda: se uno è frocio, gli piacciono gli uomini, giusto?
E allora perchè, nove volte su dieci, si mette con uno -non dico che sembra una mezza donna- ma che proprio un maschione non è?
E se uno beve birra, come me, non sarà perchè gli piace bere una cosa fresca e dissetante che più o meno sa di cereali fermentati e luppolo?
E allora perchè dovrebbe bere una cosa alcolica come uno zibibbo, in cui i cereali sono messi in minoranza da castagne, nocciole, frutti vari, miele, sottopiedi e retrogusti di pistacchio-eternit-mozzarella?
A bbastardi, non vi basta aver ucciso il vino?
Lo dico da anni, lo so. Ho smesso di bere vino (al ristorante, ovvio, mentre a casa mi bevo un bel barbera ignorante che sa di vino, alternato al Prosecco che, come quasi tutte le bollicine, non è stato stravolto più di tanto) da quando l’uva è diventata solo un elemento di volume e i sapori vengono aggiunti come in pasticceria. I sacri testi dicono che quel vino deve avere un sentore di mandorla? Tel chi la mandorla: tot gocce per tot litri, fatto.
Premesso che qualcuno, molti meno di quanto si creda, vinifica ancora seriamente, cari illusi che siete disposti a spendere 40 euro -o più- per una bottiglia di vino “importante”, voglio farvi riflettere su un paio di fatti.
In Italia è vietato fare il vino barricato mettendo i trucioli di legno nel vino, come invece in molti paesi fanno: noi siamo puristi, si deve mettere -giustamente- il vino nel legno, cioè nelle botti (barrique, da cui la denominazione).
Ma si dà il caso che io abbia fatto i serramenti in una villa hollywoodiana dell’Oltrepò Pavese, il cui proprietario ha fatto i soldi vendendo trucioli per vinificazione, più una serie di aromi concentrati che manco in profumeria-erboristeria…
In Italia è anche vietato aggiungere lo zucchero al mosto per elevare il grado zuccherino, che diventa grado alcolico dopo la fermentazione.
Uno dei posti in cui si produce più vino in Italia è Canelli: chi è il più ricco di Canelli?
Non faccio nomi ma è uno che ha uno zuccherificio.
Così, tanto per dire…E allora, piuttosto, parlate di TAV, inceneritori o centrali nucleari a Beppe Grillo ma non di birra artigianale con me, chiaro?

Continua.

Dottordivago

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Arthur Rubinstein diceva:

Se sto un giorno senza suonare me ne accorgo io, se non suono per due giorni se ne accorgono gli esperti, se non suono per tre giorni se ne accorgono tutti.

Io sto scrivendo talmente di rado che mi sono bloccato dopo aver scritto il titolo.

È incredibile come si perdano gli automatismi, le frasi non si formano, le parole non si mettono in fila, anzi, ogni parola va cercata e tirata fuori con le pinze, un lavoro da levatrice, quasi come sfilarsi dal culo un ombrellino da bibita.
Uhm… dopo questa sento che va già meglio, inizio a riprendermi…

Mi ricollego brevemente al post precedente, quello del Capodanno Alessandrino.
Iniziato in sordina dieci anni fa con un numeroso e rumoroso brindisi da “Mezzo litro”, la vineria di Monichina, ha piano piano preso piede e in quest’ultima edizione, complice anche il fatto che cadesse di sabato, ha visto un centinaio di locali aperti per nutrire e dissetare i partecipanti a questa simpatica minchiata.

Alcuni hanno fatto le cose in grande, con musica dal vivo di un certo livello, sia tecnico/artistico, sia dal punto di vista del folklore.
Tra i primi, senz’altro bravi (sulla fiducia, visto che era quasi impossibile avvicinarsi e così ho girato in altre zone) i Riservato dalla Monichina,  mentre posso garantire personalmente per EVAKant, cover-band che non conoscevo, bravissimi tecnicamente anche se perfettibili nell’approccio, poi mi spiego meglio.
Da segnalare, a livello folkloristico, uno “spettacolare” imitatore di Renato Zero, magari non proprio uguale-uguale fisicamente (un metro e mezzo, testona sproporzionata) ma che teneva botta sul canto e -marca “bravo” alla buona volontà- pure sui cambi di costume.
Ma la critica musicale la vediamo dopo.

Parlando di quello che mi sta più a cuore, alcuni ristoranti hanno proposto una sorta di Cenone, altri si sono limitati ad apparire tra gli aderenti all’iniziativa e hanno solo esposto il manifesto ufficiale a fianco del solito menù.
Tra i bar e locali vari, quasi tutti hanno presentato menù dedicati, nel senso che molti hanno messo fuori un barbecue mentre altri offrivano qualcosa di più dei soliti stuzzichini e buffet da banco, tipici dell’aperitivo lungo che avrebbe accompagnato tutti tutti quanti fino alla mezzanotte.
Altri si sono limitati a tenere aperto oltre il solito orario.
Alcuni, come vedremo, si sono bevuti il cervello.

Bimbi ed io abbiamo deciso di girare per la città con una coppia di amici, volando di fiore in fiore in una specie di festival del finger-food…
Una bella merda.
Come accade sempre in Alessandria, o non c’è un cane in giro o sembra di essere nei cessi dell’Oktober Fest, non riesci a muoverti.
Io questo lo sapevo, così mi sono portato avanti col lavoro: alle 19 partivo con la prima birra e il primo spuntino; un quarto d’ora dopo era il turno di una porzione di ottima farinata, servita da un attrezzatissimo chiosco, con panchine e tavoli a disposizione della clientela, in compagnia di due miei vicini di casa ottantenni che, da bravi pensionati, mangiavano ad “un’ora da cristiani”.

Altro spostamento in attesa di Bimbi e amici.
La cantante degli EVAKant si scalda (e mi scalda) con Piece of my heart e Nobody’s wife: ‘azz!… complimenti.
Niente complimenti, invece, alla proposta gastronomica del bar lì attaccato che, pur essendo nel super-centro e in un vicolo a me caro, ha messo quattro stracci sul banco (a parte un misterioso prodotto che ricorda lontanamente un chili con fagioli, buonissimo, purtroppo contenuto in un vaso dall’apertura stretta, probabilmente per renderne più difficoltosa l’estrazione…) e propone la bellezza di due, dico due, birre in bottiglia, di fatto nessuna, visto che una è la stupidissima Corona e l’altra è pure peggio, la Tennent’s Super, 9 gradi alcolici, che ha senso come scoparsi una alta due metri e mezzo: anche se ben fatta, una buona parte è di troppo.

Comincio a rendermi conto che la serata sarà all’insegna del titolo: il falò delle opportunità, la sagra delle occasioni mancate, l’expo universale del “potrebbe fare ma non si impegna”.
Voglio dire… se ti prendi la briga di tenere aperto in un orario che non è il tuo, se pretendi di impostare la serata sulla falsariga di un “Capodanno”, anche se virgolettato, se per l’occasione -crepi l’avarizia- ritocchi pure i prezzi…
Eccheccazzo, mettici un po’ del tuo, no?
Approccio tipicamente ligure: ti do già il mare (che non mi costa niente), vuoi pure la cortesia?
Ecco, qui uguale: ti do già un Capodanno extra calendario (che non mi costa niente), vuoi pure mangiare e bere? E magari “bene”???…

C’è di buono che, muovendomi in un orario di media affluenza, ho un accesso abbastanza agevole ai vari prodotti, così, quando mi riunisco al resto del gruppo, ho già messo le basi per una digestione notturna travagliata e un mal di testa post-alcolico del giorno dopo.
Continua.

Dottordivago

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