Arthur Rubinstein diceva:
Se sto un giorno senza suonare me ne accorgo io, se non suono per due giorni se ne accorgono gli esperti, se non suono per tre giorni se ne accorgono tutti.
Io sto scrivendo talmente di rado che mi sono bloccato dopo aver scritto il titolo.
È incredibile come si perdano gli automatismi, le frasi non si formano, le parole non si mettono in fila, anzi, ogni parola va cercata e tirata fuori con le pinze, un lavoro da levatrice, quasi come sfilarsi dal culo un ombrellino da bibita.
Uhm… dopo questa sento che va già meglio, inizio a riprendermi…
Mi ricollego brevemente al post precedente, quello del Capodanno Alessandrino.
Iniziato in sordina dieci anni fa con un numeroso e rumoroso brindisi da “Mezzo litro”, la vineria di Monichina, ha piano piano preso piede e in quest’ultima edizione, complice anche il fatto che cadesse di sabato, ha visto un centinaio di locali aperti per nutrire e dissetare i partecipanti a questa simpatica minchiata.
Alcuni hanno fatto le cose in grande, con musica dal vivo di un certo livello, sia tecnico/artistico, sia dal punto di vista del folklore.
Tra i primi, senz’altro bravi (sulla fiducia, visto che era quasi impossibile avvicinarsi e così ho girato in altre zone) i Riservato dalla Monichina, mentre posso garantire personalmente per EVAKant, cover-band che non conoscevo, bravissimi tecnicamente anche se perfettibili nell’approccio, poi mi spiego meglio.
Da segnalare, a livello folkloristico, uno “spettacolare” imitatore di Renato Zero, magari non proprio uguale-uguale fisicamente (un metro e mezzo, testona sproporzionata) ma che teneva botta sul canto e -marca “bravo” alla buona volontà- pure sui cambi di costume.
Ma la critica musicale la vediamo dopo.
Parlando di quello che mi sta più a cuore, alcuni ristoranti hanno proposto una sorta di Cenone, altri si sono limitati ad apparire tra gli aderenti all’iniziativa e hanno solo esposto il manifesto ufficiale a fianco del solito menù.
Tra i bar e locali vari, quasi tutti hanno presentato menù dedicati, nel senso che molti hanno messo fuori un barbecue mentre altri offrivano qualcosa di più dei soliti stuzzichini e buffet da banco, tipici dell’aperitivo lungo che avrebbe accompagnato tutti tutti quanti fino alla mezzanotte.
Altri si sono limitati a tenere aperto oltre il solito orario.
Alcuni, come vedremo, si sono bevuti il cervello.
Bimbi ed io abbiamo deciso di girare per la città con una coppia di amici, volando di fiore in fiore in una specie di festival del finger-food…
Una bella merda.
Come accade sempre in Alessandria, o non c’è un cane in giro o sembra di essere nei cessi dell’Oktober Fest, non riesci a muoverti.
Io questo lo sapevo, così mi sono portato avanti col lavoro: alle 19 partivo con la prima birra e il primo spuntino; un quarto d’ora dopo era il turno di una porzione di ottima farinata, servita da un attrezzatissimo chiosco, con panchine e tavoli a disposizione della clientela, in compagnia di due miei vicini di casa ottantenni che, da bravi pensionati, mangiavano ad “un’ora da cristiani”.
Altro spostamento in attesa di Bimbi e amici.
La cantante degli EVAKant si scalda (e mi scalda) con Piece of my heart e Nobody’s wife: ‘azz!… complimenti.
Niente complimenti, invece, alla proposta gastronomica del bar lì attaccato che, pur essendo nel super-centro e in un vicolo a me caro, ha messo quattro stracci sul banco (a parte un misterioso prodotto che ricorda lontanamente un chili con fagioli, buonissimo, purtroppo contenuto in un vaso dall’apertura stretta, probabilmente per renderne più difficoltosa l’estrazione…) e propone la bellezza di due, dico due, birre in bottiglia, di fatto nessuna, visto che una è la stupidissima Corona e l’altra è pure peggio, la Tennent’s Super, 9 gradi alcolici, che ha senso come scoparsi una alta due metri e mezzo: anche se ben fatta, una buona parte è di troppo.
Comincio a rendermi conto che la serata sarà all’insegna del titolo: il falò delle opportunità, la sagra delle occasioni mancate, l’expo universale del “potrebbe fare ma non si impegna”.
Voglio dire… se ti prendi la briga di tenere aperto in un orario che non è il tuo, se pretendi di impostare la serata sulla falsariga di un “Capodanno”, anche se virgolettato, se per l’occasione -crepi l’avarizia- ritocchi pure i prezzi…
Eccheccazzo, mettici un po’ del tuo, no?
Approccio tipicamente ligure: ti do già il mare (che non mi costa niente), vuoi pure la cortesia?
Ecco, qui uguale: ti do già un Capodanno extra calendario (che non mi costa niente), vuoi pure mangiare e bere? E magari “bene”???…
C’è di buono che, muovendomi in un orario di media affluenza, ho un accesso abbastanza agevole ai vari prodotti, così, quando mi riunisco al resto del gruppo, ho già messo le basi per una digestione notturna travagliata e un mal di testa post-alcolico del giorno dopo.
Continua.
Dottordivago
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