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Archive for dicembre 2014

La Casa

Cosa vi ho sempre detto?

Sono ateo.
Le uniche entità metafisiche in cui credo sono Il Culo e La Sfiga.

Ci credo fermamente: c’è chi nasce fortunato e chi sfigato, su questo non ci piove.Non credo, invece, nei gatti neri, negli iettatori, nel malocchio e in chi lo manda. La sfiga? La iella? La superstizione? Roba da sottosviluppati.
Dico che non è vero e, a differenza di Peppino De Filippo, non ci credo.
Però…
Però, quando smetti di essere una persona mediamente fortunata ed inizia una litania di sfighe, principalmente piccole ma con qualcuna più tosta, “per dare un po’ di sprint al piatto” come dice Igles Corelli, inizi a pensare a cosa può essere successo, da quando ti succede, analizzi la malattia cercando il Paziente Zero, ripercorri la strada in cerca del bivio in corrispondenza del quale hai girato di qua invece che di là, analizzi e rimpiangi:
«Ma porca puttana, stavo tanto bene… Ma solo ancora fino… fino a…”…

Fino a quando ho messo piede nella Casa.

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Andiamo per ordine.
Anzi, no, andiamo alla cazzo, che mi viene meglio.
Un paio di sere fa ho intravisto un filmetto, quanto basta per capirne la trama, anche se “trama” è una parola grossa: la ragazza più fortunata di New York viene in contatto con il ragazzo più sfigato, non ricordo se si scontrano o se si baciano, fatto sta che culo e sfiga si invertono.
A me deve essere successo qualcosa del genere.

A settembre dell’anno scorso vedo un cartello “vendesi” proprio nel posto che da sempre piace a Bimbi. A me fa un filino cagare, sembra un villaggio vacanze a sette km dalla città: una strada ad anello, costellata di piccole palazzine con ampio giardino, con al centro dell’anello campi da tennis e piscina.
Detta così non sembra male –e non lo è- però se togli il periodo della piscina in cui ci scappa qualche serata o qualche aperitivo, per il resto dell’anno è un dormitorio in cui ognuno si fa i cazzi suoi, tranne qualcun altro che si fa quelli di tutti. Ma questo non ci riguarda.

Ho sempre resistito alle pressioni di Bimbi ma ero arrivato al punto in cui non sopportavo più la mia città: sporca, puzzolente, maltenuta, maleducata, popolata da noiosi e antipatici.
Considerando che la mia esposizione di serramenti è all’entrata della città, proprio dalla parte giusta, arrivando dalla Casa, ho ceduto all’idea di non dover neppure passare il ponte e creare, psicologicamente, un’incolmabile distanza con la mia ex città, il suo lerciume e il suo degrado.

Fossi inciampato, mentre andavo verso quel cartello “vendesi”; fossi caduto e mi fossi rotto una gamba. E cadendo mi si fosse piantato nel culo un ombrellino da bibita che-tiralo-fuori-se-sei-capace. Fosse uscito il Mastino dei Baskerville da dietro la siepe e mi si fosse attaccato alla faccia come gli embrioni di Alien.
Fosse arrivata quella compatta, palpabile nuvola di zanzare che ho conosciuto in seguito e mi avessero succhiato, col sangue, ogni energia vitale e mi avessero ritrovato mummificato, secco come una carruba.

QUELLA, è stata la prima sfiga, la più grossa: arrivare in scioltezza al cartello con le mie gambe e segnare il numero di telefono.

Adesso lo so, ho capito: da allora, nulla è più stato come prima.

Lo so, è una casa, non ha colpe, non porta sfiga.
Però, combinazione, da quel momento tutto è cambiato o, forse, sono cambiato io e quando credo di esprimere concetti sensati e frasi di senso compiuto, in realtà sto dicendo “strizza la velopendula, sansusì!”.
Se parliamo di lavoro, il periodo settembre/ottobre, solitamente una vera vendemmia di ordini, è stato un susseguirsi di giornate vuote, roba che se attraverso la porta del negozio non ci fossi passato io quattro volte al giorno, potevano crescerci erbacce e ragnatele da incubo, tipo “giungla fatàl” dei romanzi ottocenteschi. Poi una serie di circostanze e ripensamenti per cui sono riuscito a perdere lavori già presi, con l’anticipo in tasca, ovviamente restituito in quanto gran signore e galantuomo. E non sto scherzando.

E infatti, tirando le somme in questi giorni, da settembre 2013 ad oggi, 15 mesi, ho fatturato la metà esatta degli otto mesi (gennaio/agosto 2013) precedenti.
Volendo girare il coltello nella piaga, potrei specificare che si tratta della metà su base annua ma di un quarto su base mensile.
Ok, il lavoro è calato un po’ per tutti ma io ho avuto proprio la sensazione che a me sfuggisse, che qualcosa lo scacciasse. Eppure io sono sempre io, il Piero Angela del serramento, quello che i clienti vanno a trovare portandogli confetture e delicatessen, quello a cui uno degli ultimi clienti, roba del mese scorso, un alessandrino con una casa da sistemare a Savona, ha detto: «Anche non considerando le spese di trasferta, non è il più economico ma è sicuramente il più simpatico»

«Va be’ -verrebbe da dire- metà lavoro, doppio tempo libero»
Una bella merda.
Tutto si è ingarbugliato, nessuno capisce ciò che dico o che scrivo, passo le giornate a tamponare cazzate fatte da muratori, magazzinieri, autisti, fornitori in genere. È semplicemente pazzesco.
Esempio che non c’entra un cazzo: ieri ordino due cartoni da sei di Dolcetto di Ovada per fare un paio di regali, questa mattina mi consegnano un cartone da dodici. E non è che mi sono spiegato male, sul ddt erano segnati “2×6 Dolcetto”.

Visto l’andazzo del lavoro, da sei mesi ho preso contatto con una ditta polacca che produce finestre più economiche delle mie. Non sono neanche parenti con le mie, che rappresentano la BMW o la Mercedes, ma sono un’onesta Golf, non la merda che arriva dall’Est ultimamente, che sta impestando il mercato italiano a prezzi ridicoli e che sarà da sostituire tra pochi, pochissimi anni: una durata più da cellulare che da finestra.
Lavorano bene ma le consegne sono un’angoscia, quando deve arrivare il camion sto tre giorni che non mi si può parlare.
Mandano in giro autisti polacchi che parlano solo polacco, i contatti li tengo con la Polonia, da dove parte la triangolazione che arriva all’autista.
La consegna di oggi è stata l’apoteosi: mercoledì mi comunicano che il camion arriverà giovedì mattina; giovedì alle 11 mi dicono che arriverà nel pomeriggio; prima di sera mi dicono che arriverà venerdì mattina (oggi); questa mattina alle 11.45 mi dicono che sarà qui in mezzora.

«Aaalt! Io lo sto aspettando da due giorni, senza alcuna certezza. Adesso aspetta due ore lui, io vado a casa a pranzare!»
Torno alle 14: non c’è.
Per fortuna avevo pubblicato su FB la seguente cosa:
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Capita che un amico lo legga e mi mandi un messaggio: «Guarda che c’è un camion polacco carico di finestre parcheggiato davanti al Self»
Siccome l’autista non è mai lo stesso, oltre a indirizzo e mille riferimenti ho mandato questo:
percorso camion
”Percorso rosso, buono; tratto giallo, no buono.” A prova di stupido.
E quello era fermo 500 metri più in là.
Vado a recuperare il cretino come si fa con i nonni rincoglioniti che si perdono. Cosa intendesse fare là, resta un mistero, non capisco il polacco.
Continua

Dottordivago

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