Era un Gianki pieno di rimpianti, quello che si è trovato a reinventarsi un lavoro, all’inizio del terzo millennio: officina chiusa da un paio d’anni -e quello era il meno…- ma il vero cruccio era aver perso l’impiego come autista/segretario particolare, causa Splendido caduto in disgrazia.
E adesso?
Era lì a guardarsi intorno e a sbarcare il lunario con qualche piccola riparazione alle macchine degli amici -rigorosamente in nero, non scherziamo…- quando si presenta un tale del paese con la richiesta di riparare una motozappa o un micro-trattore, non ricordo, comunque un rottame vecchio come Noè.
«Ma non ne vale la pena, non so quanti giorni mi tocca perderci dietro, solo che con mezza giornata di lavoro già si supera il valore del mezzo…»
«Tu sistemalo e non ti preoccupare: ho trovato un coglione appassionato di roba vecchia che me lo paga come una Porsche…»
Gianki si guarda intorno: in anni di “meccanico da paese” aveva accumulato rottami di tutti i tipi, tutta roba con un denominatore comune, quello di richiedere una riparazione svariate volte più costosa dell’oggetto stesso, il che rendeva i ferrivecchi di Gianki assolutamente privi di valore.
Per uno furbo.
Per i frequentatori dei mercatini dell’usato, la faccenda cambia.
Parliamo di gente che compera un chiodo da trave lungo 20 cm, storto e arrugginito, per 5 euro, una bambola sporca e alopeciata per molto di più; gente che considera “carini” articoli tipo una bugia portacandela in alluminio, sporca senza speranze, che non perderà mai l’aria da “tirato su dalla discarica”; gente che fa la fortuna di banditelli che fanno un buco in giardino, ci pisciano dentro e ci sotterrano per due mesi una cinquantina di schiaccianoci cinesi da un euro che, solo per quel trattamento, ventuplicano il valore del nuovo, a patto di esporre un “pezzo unico” per volta.
Propositi per il 2013:
- devo essere più tollerante
- ricordarmi che i gusti sono gusti
- se uno ha dei gusti di merda, non è colpa sua.
Torniamo a Gianki che, non molto convinto, archivia il file e si mette al lavoro sul rottame del compaesano; quando finisce presenta un conto assurdo, pronto ad accontentarsi della metà, nel caso in cui il cliente tentasse di mangiargli la testa. Invece il tipo non batte ciglio, paga come una banca e se ne va.
Questa cosa accende definitivamente una lampadina nella testa di Gianki, che compera un furgone e comincia a frequentare sagre e fiere.
Passa parecchio tempo girando per solai, cantine, cascine e discariche per reperire la materia prima spicciola, tipo bacinelle smaltate con più bolli che smalto o il cardine di una porta ormai disgregata dagli agenti atmosferici, oppure attingendo al patrimonio personale di rottami per quanto riguarda i pezzi “importanti”, vedi aratri dissaldati o motocoltivatori tenuti insieme più dalla ruggine che dai bulloni.
Una volta, nel mucchio, ha trovato il cilindro e il volano di un Landini “testa calda”: sembrava Cortés davanti all’Eldorado e la cosa bella è che non aveva torto, sapeva di avere i pollastri giusti.
Avete presente la scena finale di Blade Runner
Questi occhi hanno visto cose ecc ecc…?
Ecco, ho visto cose sul furgone di Gianki per cui avrei pagato anch’io: sì, pagato, purchè qualcuno le portasse velocemente in discarica.
Invece c’era gente che pagava pronta cassa, senza ricevere uno straccio di scontrino -d’altronde, per i mercatini delle pulci, la legge non lo prevede- e portarsele a casa: marca “bravo” a Gianki.
Non bravo al punto da arricchirsi ma quanto bastava per dare un senso a certe levatacce alle tre di notte e al resto della domenica, passata magari sbattendo i piedi in terra per scaldarseli.
Questo nel fine settimana: ma che fare nel tempo libero, tra una discarica e l’altra? Aveva un furgone, no?
E allora si è dato ai trasporti, ovviamente in nero, dài, su, non scherziamo…
Maresciallo, è grave se confesso di aver dato una mano, al buon Gianki?
Eh sì, qualche trasportino gliel’ho fatto fare, non lo nego, e devo riconoscere che era preciso e puntuale.
E mi faceva incazzare come una bestia.
Tema:
Stranamente Gianki è morto per cause naturali, non l’ho ammazzato io. E dire che motivi ne avevo, eh?…
Ma prima dello svolgimento, ferma un attimo, mi scappa di divagare.
Quanto seguirà costituisce una serie di EQ, Elementi Qualificanti di Gianki, quelle informazioni che fotografano il personaggio meglio di milioni di altre parole. Alcuni esempi di EQ.
- Bimbi
Quando parlo dell’attaccamento aziendale suo e delle sue tre colleghe, posso spiegarlo in molti modi ma l’EQ è che sono le uniche impiegate al mondo che usano il cellulare personale per le telefonate di lavoro. Serve dire altro?
- Mammalella
Quando descrivevo la tendenza al consumo patologico -di qualsiasi prodotto- che affliggeva la Mammalella, potevo portare molti esempi ma l’EQ era che si trattava dell’unica persona al mondo che sullo spazzolino da denti non metteva tanto dentifricio quanto se ne vede mettere negli spot pubblicitari. Cosa c’è di strano? D’altronde, nessuno ne mette altrettanto. Infatti: la Mammalella ne metteva di più.
- Nello
Ho un cliente che non si può dire che soffra d’ansia… Lui è L’Ansia. Ce l’ha e la fa venire agli altri, è così ansioso che, a 35 anni, felicemente sposato, con un lavoro sicuro sia lui che la moglie, con una bimba sana, gira con il Lexotan nella tracolla. E questa è la descrizione. L’EQ del personaggio è che gira con due flaconi di Lexotan, per non farsi venire l’ansia di finire il primo.
|
Chiusa la divagata, torniamo ai motivi che, stranamente, non mi hanno portato a “stringere Gianki per il collo finchè non ne sopraggiungesse la morte”, come diceva il vecchio codice inglese quando parlava di impiccagione..
1) La prassi prevedeva che lui andasse in officina di buonora a caricare e che io, con facchini e posatori, lo aspettassi sotto casa del cliente. Ovviamente ci sentivamo il giorno prima ed è lì che mi veniva voglia di ucciderlo: non c’era verso di fargli scrivere l’indirizzo.
«Carlino, quando arrivo in zona ti chiamo…»
Io insistevo che scrivesse: niente.
«Porcod… Gianki!… E se mi cade il telefono e si rompe, cosa facciamo?»
«Ma nooo… tu sei uno attento, non lo rompi, il telefono…»
Poteva andare avanti un’ora, un vero muro di gomma. E va be’…
Riuscivo al massimo a dirgli l’indirizzo, giusto per inquadrare il quartiere, tipo “Via Guasco”, al che lui iniziava: «Via Guasco… Via Guasco… Via Guascooo…»
«GIANKI, PORCA PUTTANA, Via Guasco, quella che arriva in Piazza della Libertà (la piazza del municipio, tanto per capirci…)!»
Oh, non conosceva il nome di una strada!…
Passava le giornate a girare su un furgone e non gli entrava un merdosissimo nome di via in testa, ancora oggi mi sembra impossibile.
Però in qualche modo arrivava.
2) La tariffa variava sulla base del suo bisogno di soldi: se cambiava un pezzo del furgone o se aveva preso una multa, era meglio non chiamarlo per un po’, salvo sentirsi chiedere 50 euro per un quarto d’ora di lavoro, visto che doveva rientrare della spesa.
Una volta mi fa: «Oh, meno male che mi hai chiamato, ho proprio bisogno di lavorare: ho messo mia suocera al ricovero e mi sto mangiando la casa…»
Ho tergiversato un attimo e l’ho liquidato con un: «…comunque ti do conferma più tardi, eh?» e l’ho richiamato dopo tre mesi, quando ho saputo che la suocera era andata: in quel momento mi sarebbe toccata la retta della vecchia, sicuro.
3) Non c’era verso di fargli mettere il Telepass.
In alcuni casi andavo con lui, tipo per le consegne fuori zona, magari in posti incasinati da raggiungere e al casello era sempre una morte:
«Sei in giro tutto il giorno… E metti ‘sto cazzo di Telepass!»
«Non c’ho mica i tuoi soldi…»
«Vaffanculo, Gianki, costa un euro al mese!»
«Eh… un euro qua, un euro là…»
«No, Gianki, “un euro qua”, punto, “là” non esiste, te lo stai inventando…»
«Eh… un euro oggi, un euro domani…»
«Vaffanculo, Gianki. Vaffanculo qua, là, oggi e pure domani. Vaffanculo!»
4) Le teorie di Gianki.
Gianki, a suo modo, non era stupido, aveva quella naturale astuzia del contadino, camuffata con un atteggiamento dimesso ed elusivo, maturato in secoli di servitù della gleba e di conseguenti sotterfugi per non farsi portare via tutto dai potenti: scarpe grosse e cervello fino, per capirci.
Però era profondamente ignorante, proprio nel senso letterale del termine, e lo dico bonariamente, io gli volevo bene, comunque.
Ma diceva certe cose…
Fumava come il petrolchimico di Mestre ma aveva un trucco che, a suo dire, gli lasciava i polmoni di un maratoneta: era sufficiente cambiare marca ogni tanto e, saltuariamente, fumarne qualcuna senza filtro.
Non so a quale teoria si appoggiasse il suo “ragionamento”, quando “spiegava” certe cose a me calava una sorta di palpebra protettiva, tipo quella sugli occhi dello squalo quando attacca, però a me calava nelle orecchie.
Comunque aveva sempre una tosse da cavallo bolso, faceva impressione.
Una volta si è pure beccato una bronchite coi controcazzi e se l’è portata dietro per settimane, ogni volta che lo vedevo era peggio.
«Sei andato dal dottore?»
«Ma va’… tanto lo so cos’è: ero un po’ sudato e ho aperto un filino il finestrino…» «Non dire stronzate, Gianki, ti sei incarognito con una bronchite del cazzo, ti ci vuole un antibiotico e di quelli tosti!»
«Io lo so cosa ci vuole ma non ho i soldi… Bisogna prendere uno di quegli aeroplani a due posti che ti portano a fare un giro di mezzora e…»
«Gianki, ma sei cretino? Cioè, no, niente punto interrogativo: sei cretino. Chiarito questo, si può sapere che cazzo stai dicendo?»
«Eccolo, parla quello che sa tutto… Lì è tutta una questione di pressione dell’aria… Tu gli dici al pilota di andare su dritto come un razzo, almeno un paio di kilometri, poi deve fare una picchiata da matti, giù dritto… –io lo seguivo in qualche modo affascinato da tanta fede nella sua scienza- …e poi torna su ancora una volta. Quando atterri, sei guarito.»
Se sua moglie non l’avesse spedito a calci dal medico, che gli ha prescritto gli antibiotici del caso, sarebbe morto in poco tempo, invece l’ha aggiustata.
Ah, poi c’era quella dell’olio…
Sosteneva di essere sempre tornato a casa vivo, anche dopo certe serate da segretario/autista dello Splendido, in cui si tirava nero quasi quanto il suo capo(vedi post precedente), solo perchè depositario di una antica conoscenza ormai perduta.
«Vedi, Carlino, prima che inizi la serata, ti devi bere un paio di cucchiai d’olio…»
«Per essere sicuro di cagarti addosso una volta sbronzo?»
«QUANDO FAI COSI’…! Dicevo: l’olio galleggia, giusto? Bene, tu bevi fin che vuoi, l’olio resta a galla sulla roba che hai bevuto, giusto?… E?… E??…»
«Cedo, Gianki, cedo…»
Trionfante:
E i fumi dell’alcool non ti salgono al cervello!
«GIANKI… No, niente, lascia stare…»
Certe volte Gandhi mi fa una pippa.
Mangiava, beveva e fumava, quando “faceva gli esami del sangue” uscivano dei parametri da ACNA di Cengio; ed è morto d’infarto nel sonno, una settimana dopo aver ritirato i primi esiti perfetti della sua vita, senza un asterisco.
Tipico, proprio da Gianki.
Non posso dire che fossimo amici ma mi mancherà; mi faceva incazzare ma anche ridere, soprattutto quando gli buttavo lì:
«Gianki, centomila al signore…»
e lui tra inchini e mossettine ripeteva la pantomima che tante volte aveva inscenato in quel paio d’anni di gloria con lo Splendido.
Ciao.
Dottordivago
Read Full Post »