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Archive for gennaio 2013

A- ahhh… avete fatto come le lumache dopo la pioggia, eh?
Banda di lavativi…

Per fortuna ci sono -in rigoroso ordine alfabetico- il Camagna e Marco che, secondo me, si sentivano al telefono e si mettevano d’accordo e che, per qualche giorno, mi hanno ricordato le due badanti che, su due turni, accudiscono un vecchietto benestante:
«Tu qvesta matina lavato culo di Dotore?» dice la moldava che fa la notte, parlando alla dominicana del giorno.
«Oh sì, seguro, esta matina e anche il pomerighio. Por la noche stai a posto, tranchija. Magari nesesìta un poco de Prep su le chiappe, por l’iritasione…»

E così un commentino oggi il primo, una belinata domani il secondo, dandosi il cambio mi hanno tenuto compagnia mentre tutti quanti vi facevate gli stratacazzi vostri.
Ma al primo richiamo qualcuno si è mosso: e volevo pure vedere…
Il buon Tuttoqua mi ha persino gratificato di un sms, roba diretta e personale, quasi il succedaneo del classico telegramma:

In questo triste momento
stop
sono vicino a te
stop
e tutta tua famiglia…

Grazie, Paulìn, non ti ho risposto solo perchè odio scrivere gli sms: non ne mando mai, quindi devo proprio cercare dove sono le lettere e ci metto cinque minuti per scrivere “ciao” col T9…

Comunque grazie, ma siete iper-apprensivi nei miei confronti: ho dato l’impressione di uno che stesse per tirarsi il collo?
O mi avete scambiato per il nonno che si lamenta coi nipoti perchè non vanno a trovarlo abbastanza spesso?

Io veramente ho scritto che del calo di contatti non me ne frega una mazza, mentre per quanto riguarda il calo dei commenti, mi sono così espresso:

Tu, merdone che leggi a baffella e te ne vai, non pensi, cornuto, che anche a me, oltre che scrivere, piacerebbe pure leggere qualcosa? EH?!…

Sempre restando nel campo del nonno, mi sembra più l’atteggiamento:
«Sì, sì, fatevi pure i cazzi vostri, che se mai non mi mangio tutto prima, quello che rimane lo lascio a quella coi baffi da cosacco e a quella nera come un cappello da prete che canta tutto il giorno “Cuando calienta el sol”…»

E l’umore lento del titolo non era riferito al mio umore, era un consiglio di “prenderla dolce” agli schizzati di Twitter e Feisbuk, una sorta di Slow Food adattato al cibo della mente.
Se poi non avete colto neppure l’elegante calembour del titolo, allora…

Forse il commento più costruttivo è stato quello di Storvandre (sì, lo so, adesso si firma col suo nome, fa il serio, il vecchio conformista che fa il giovanotto commentando da Twitter…) il quale mi ha fatto notare, per la seconda volta, quanto sia laborioso il lavoro di registrazione pre o post commento, cosa che io ignoro perchè, ovviamente, vedo le cosa dal lato dell’Amministratore del sito.
Conscio del fatto che è proprio la lunghezza di tutta la trafila la ragione principale per cui io per primo non commento mai i post degli amici, sono andato a vedere nelle impostazioni come si fa a rimuovere tutto ma non so da che parte prendere e se tutto va bene sono riuscito a togliere l’obbligo di scrivere il proprio indirizzo email: se passa di qua Claudiochenecapisceparecchio, il mio Guru informatico, non mancherò di sottoporgli il problema.

Bòn, finito, mò mi tocca pure lavorare un’oretta e poi dovrò cercare una ricetta per un sugo “in bianco” -e che cazzo, sempre ‘sto pomodoro…- per accompagnare le polpette di piano doppio lesso e salsiccia che servirò questa sera a Bimbi, anche se sono molto tentato di servirle in brodo (vero, quello del piano doppio), magari profumato con cipolla caramellata e curry… Vedremo.

E già che prima mi è venuto in mente di far cantare alla badante dominicana una delle più belle canzoni di sempre, ve la giro anche, sapendo di fare cosa gradita alle mie due badanti.
Certo, quel purista di Marco storcerà un momentino il naso perchè non si tratta dell’originale de Los Hermanos Rigual; hai ragione, le voci sono proprio un’altra cosa, peccato che i primi 30 secondi dell’originale, più che un’ouverture, sono un affusolato dito nel culo.
Al Camagna basterà sapere che la canzone parla di corpi nudi al sole e che contenga la parola “pelo”, che qui sta per “capelli” ma per il nostro è già sufficiente.

Dottordivago

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Travaso

Queste mi piacciono particolarmente, tant’è che da Feisbuk le travaso qui.

 DERIVATI

FASSINA

Dottordivago

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Slow mood

Umore lento.
Si ottiene con un pizzico di “take it easy” e una bella manciata di

pèila dusa,

“prendila dolce” in dialetto alessandrino.

Nei commenti al post precedente ho ipotizzato che la gente si sia un po’ stufata del Dottore e del suo Panda e lo dico perchè ho dato un’occhiata ai contatti, dopo aver constatato un sensibile calo dei commenti.
Tra l’altro, è da un po’ di tempo che ho un sacco di cose in testa e, non ultimo, un tot di parenti stretti con un pallino in un’ala, inteso come malanni assortiti: non roba che mi rovini la vita ma ho la sensazione che il mio umore sia leggermente peggiorato e a mio avviso la mia produzione letteraria ne risente, da un po’ di tempo mi sembra di scrivere “con la mano sinistra”.

Per fortuna qualcuno si è preso il disturbo di darmi almeno una grattata in testa, cosa che ho molto apprezzato, anche se devo ricordarvi ancora una volta che il Dottordivago è un’entità che si nutre di patatine fritte e della più smaccata adulazione, quindi non siate nè timidi nè misurati…

Comunque, dei contatti m’ pass’ manc’ p’u cazz’, non guadagnavo una lira con 5/600 e la resa è la stessa con 150: magari riuscissi, nel mio lavoro, ad ottenere lo stesso guadagno con un bel 70% in meno di clienti…
Ho buttato l’occhio anche ai termini di ricerca che portano i turisti su queste pagine, che poi sono quelli che creano il movimento e di cui non me ne può fregare di meno, prova ne sia che non metto un tag da un anno o forse più.
I termini di ricerca più ricorrenti, escludendo ovviamente tutto ciò che riguarda il panda, tra ieri e oggi sono

  1. i preti scopano le suore
  2. cazzo in culo non fa figli

Ecco, se anche me ne perdo un po’, di questi internauti, pazienza…
Comunque ci deve essere un motivo tecnico, almeno credo, visto che non mi arriva più una riga di spam, mentre per anni mi hanno bombardato con migliaia di offerte di Viagra e Cialis, manco fossi il Campione del Mondo di Piciomolle.

Sul calo dei commenti patisco un momentino di più e a questo proposito permettetemi una comunicazione di servizio:
Tu, merdone che leggi a baffella e te ne vai, non pensi, cornuto, che anche a me, oltre che scrivere, piacerebbe pure leggere qualcosa? EH?!…
Esclusi i presenti, of course…

Ho pure fatto una riflessione.
Così come “Video killed the radio star”, nel senso che la televisione si è mangiata di traverso tutti gli altri media, probabilmente la lettura veloce e voyeuristica di Feisbuk o similari sta avendo il sopravvento sulla voglia di leggere più di tre righe di fila e che il -da me odiatissimo- tasto “mi piace” stia uccidendo la voglia di commentare con parole proprie.
Insomma, può essere che i blog rispetto a FB stiano facendo la fine dei libri rispetto alla TV?

Eh… ma FB è più veloce, salti qua e là…

‘Sta cazzo di mania della velocità!…
Se leggi solo cazzate, che te ne fotte di andare più veloce per leggerne di più?
Ecco, questa domanda presuppone che io consideri ciò che si legge qui o su un altro blog più interessante o divertente della maggior parte della roba che gira su FB: la risposta è “sì”, ne sono convinto.

Tanto per dirne una, questo è anche un blog di servizio e ve lo dimostro.

Mi si è gonfiata una gengiva -ma gonfia, eh…- e il dentista mi ha prescritto un ciclo di antibiotico, l’Augmentin, per essere precisi.
Ieri, dopo il primo giorno, mi sento suonato come un tamburo, la sensazione è quella di avere l’influenza, sensazione aumentata dal gonfiore alla gengiva che si ripercuote anche in gola, più un pizzico di mal di testa, col risultato di sentire proprio tutti i sintomi dell’influenza.
Se non che, ai sintomi precedenti mi si aggiunge uno scombussolamento intestinale che sfocia nel più classico “spruzzone”, diciamo un paio al giorno: eccola là, influenza in forma intestinale…

Mi sembra strano: il mio sistema immunitario ha pochi anticorpi e molti ultracorpi, per cui è veramente difficile che mi becchi qualche malanno di stagione.
Poi, il dubbio: ma sarà mica quella zozzeria che sto prendendo?
Mano al bugiardino, scopro che la diarrea è quasi la funzione istituzionale di questo farmaco: sì, ti secca anche i batteri ma in primis comincia a cagare, poi dell’infezione ne parliamo.
A questa rassicurazione fanno seguito tutte le altre, vedi spossatezza, mal di testa ecc ecc, così mi spiego il balordone del momento, anche se devo riconoscere che è strano: mi era già successo la stessa cosa sei mesi fa (infatti appena sono in bolla ‘sto dente di merda fa una brutta fine…) ma il farmaco non mi aveva fatto quest’effetto.

Proseguo la lettura e trovo gli effetti indesiderati rari:

bugiardino1

Ma no dài… È uno scherzo, bisogna avvisare la Glaxo che qualcuno gli ha taroccato il bugiardino…
Lì è qualcuno che ha fatto come i grandi pittori o illustratori, che disegnavano una veduta di un girone infernale e mettevano le fattezze di un loro nemico sul corpo di un dannato che lo stava prendendo nello sgnau, oppure è l’equivalente del salame in una vignetta di Jacovitti…

Comunque, non so voi al mio posto, ma se la lingua mi diventa “nera e coperta di peli”, io chiamo l’Esorcista, altro che il medico…

Dottordivago

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Va’… manco a farlo apposta, oggi ho trovato ‘sta cosa:

ipocrisia1

Ma qui si parla ancora di ipocrisia personale.
Vorrei, invece, fare una riflessione, sempre se mi ricordo dove ho messo l’organo preposto, relativamente all’ipocrisia istituzionalizzata.
Già non capisco l’ipocrisia di un singolo, davvero, non capisco cosa ci possa guadagnare, a parte una figura di merda; rimango addirittura senza parole quando l’ipocrisia arriva dalle istituzioni o da un politico che…
No, non parlo di politici, manco per fare un esempio: troppo schifo.

Comunque, quando l’ipocrisia è “istituzionale”, che senso ha?
Capisco Bersani… ecco, lo sapevo che ci cascavo… capisco che debba negare il coinvolgimento in Monte dei Paschi, situazione da dita nella marmellata e Nutella agli angoli della bocca, situazione tipo quella del Berlusca in mille processi, vedi caso Mills, tanto per dirne una.
Però, parlando di ipocrisia, il Compagnuccio è messo peggio del Puttaniere.
Infatti, fino a due giorni fa, Crapa Pelata parlava della “necessità, e suo preciso impegno, di finanziare il lavoro e non le Banche”, mentre Crapa Moquettata non ha mai lanciato anatemi contro l’evasione o i reati finanziari, tutt’altro…
Meglio, molto meglio per il PD sarebbe stato dichiarare «Bisogna chiarire la faccenda ma potremmo esserci fidati delle persone sbagliate»: va bene che nell’anatomia di un politico le guance si chiamano “chiappe” ma, almeno in campagna elettorale, salvare la faccia non sarebbe una pessima idea.

Credo che politicamente l’ipocrisia uccida, predicare bene e razzolare male toglie credibilità ad una persona che basa tutto sulla propria immagine, è una categoria che dovrebbe proporre più “verità romanzate” che non prese di posizione nette per poi smentirsi clamorosamente; rende più grave la figuraccia, un po’ come se ad infrangere la legge è un tutore dell’ordine.

Torniamo ancora per un momento al mio caffè della domenica mattina, sul divano, leggendo il Televideo. Sì, vabbe’, la data è di sabato ma io l’ho letto e scaricato domenica.

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È una delle tante troiate che corrono nella scia del redditometro, come un branco di cani dietro a una macchina che passa e va.
A parte che ‘sto redditometro prima ce l’hanno fatto cadere dall’alto, spiegandoci che “dopo lunghi e approfonditi studi e bla bla bla, con la partecipazione di economisti e bla bla bla, il contributo di sociologi e bla bla bla…”
Poi, poco dopo la presentazione, sembrava già l’odore che ristagna dopo una quaglia in un ambiente affollato: tutti si guardano e nessuno l’ha fatto, il più clamoroso e disconosciuto figlio di NN della storia.

A parte che non ho ancora capito come pensano di farlo funzionare, inserendo parametri come la spesa dal barbiere/parrucchiere: ma da quando, uno si fa fare la ricevuta e poi pretende di scaricarla?
E se anche fosse, la prima cosa che mi viene in mente è di non farmi fare la ricevuta e siamo tutti contenti: io, che non tiro su il redditometro e il barbiere, che non tossisce una lira di tasse.
Marca “bravo” al redditometro, ipocrisia ad altissimi livelli.

A meno che…
Okay, io la dico ma dopo questa botta di fantascienza Isaac Asimov potrà andare in giro a mettere i depliant dell’Esselunga negli ingressi condominiali.
A meno che, dicevo, non abbiano già le idee chiare su chi andare a beccare.
Che il grande capo continui a dire: «Tranquilli, non è l’Inquisizione, i controlli saranno circa 40 mila, praticamente l’uno per mille dei contribuenti…» mi suona sibillino.
E chi ci dice che non li abbiano già individuati? Non sarebbe così strano, ci sono dei casi talmente clamorosi…
Il primo che mi viene in mente è quello di mio cugino, che vent’anni fa aveva intestato la Porsche a sua nonna, che poi era mia zia, classe 1902: putroppo questa fa ridere ma è vera e soprattutto è una goccia nel mare.
Il problema, una volta individuati i malamente, è che devi anche dimostrarlo e ben sappiamo che la voglia di alzare il culo dalla sedia per indagare -salvo che si tratti di andare a Cortina per Capodanno o a Porto Cervo in agosto- è merce rara.
Così si inventano uno strumento giuridico (si chiamerà così?…) che ribalta l’onere della prova: «Dimostrami di essere innocente»
Ragionamento che, se per un “garantista” alla PDL suona come una bestemmia, è musica per le orecchie di chi non ha l’ipocrisia di sostenere che si può vivere bene con 10.000 euro all’anno o vivere agiatamente con 20.000.

L’idea sarebbe buona, anche se, da quel poco che ho letto, non mi sembra la pensata del secolo.
Poi ci saranno anche dei parametri corretti e validi, grazie a cui individuare i redditi sospetti, ma a chi lo fai ‘sto ipotetico culo se la soglia di evasione è di “7.642 euro per una coppia senza figli che lavora al Nord”?
E non parliamo della stessa coppia al Sud, per cui la soglia è di 2.300 euro, anche se mi auguro che ci sia un errore di battitura e che la cifra “giusta” sia 7.300; con gente che presenta denunce dei redditi di questo livello, il redditometro non serve, è sufficiente verificare se respirano: se lo fanno, se non sono morti d’inedia, significa che evadono.
A quel punto gli sequestri il carrello del supermercato in cui tengono tutte le loro cose e gli pignorino i cartoni sotto cui dormono.

Dottordivago

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Rieccomi, ipocritoni-oni-oni-belli-di-zio…

Riprendo solo un momento il concetto esposto nel post precedente, quello relativo agli “sfigati” laureati over 28.
Marco grosse scarpe e poca carne, Marco cuore in allarme, confessa di essersi laureato a trent’anni, vabbè, 29 scontando l’anno della naja.
Nessun problema, amico mio, almeno tu ti sei laureato; io, invece, ho dato tre esami in tre anni, roba che a quel ritmo sarei arrivato giusto in tempo per mettere “dott” vicino al mio nome sui manifesti da morto.

È qui la differenza tra me -e credo pure te- e il mondo degli ipocriti, quelli per cui la colpa è sempre del sistema, della società o delle macchie solari.
Io riconosco che per la mia mancata laurea non c’è stato nessun altro impedimento che non sia l’inconcludenza e la mancanza di volontà del sottoscritto. E se tu ti sei laureato a trent’anni, salvo sfighe che ignoro, non mi vorrai mica dire che, con un briciolo di impegno in più, non avresti potuto  sbrigare la pratica in tempo, neh?

Confesso che, poco dopo l’iscrizione all’università, mi è capitato in mano il libro di testo di un amico, acquistato usato; sulla prima pagina c’era scritto:

Gli altri vanno a donne, noi andiamo a Ingegneria.

«Buona fortuna, ingegneri -ho pensato- mi sa che anche solo per rispettare l’ordine alfabetico, comincerò con le donne…»

Ecco, se c’è un appunto da fare al teorema Martone, è quello della definizione.
Chi si laurea dopo i 28 anni, sempre che non si tratti di uno studente lavoratore che si fa un culo così, è un lavativo, un fagnano, un blimblanatore professionista. O tuttalpiù un asino, ma non uno sfigato, anzi…
Sono graniticamente certo di aver mietuto molta più gloria nel campo della figa che non la maggior parte di quelli che si sono laureati nel tempo canonico, e nessuno me lo toglierà mai dalla mente.
Con qualche rimpianto per la mia cultura…

E adesso? Ah, sì, mi serve ancora la foto di ieri per chiudere l’argomento “ipocrisia personale”, poi vedremo quella “istituzionale”.

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Oltre agli ipocriti che costituiscono l’80% che non rinuncia alla sostenibilità ambientale, c’è quell’83% che “rifiuta di acquistare prodotti derivati dallo sfruttamento di minori”.
Come no, niente di più facile e probabile.
Nel 2013, migliaia di prodotti nei supermercati affiancheranno al marchio CE anche l’avviso che il prodotto proviene da lager tipo miniere di zolfo dove i bambini vengono sfruttati e maltrattati, qualcosa del genere:

marchio_CEfaccina-che-piange

almeno il consumatore etico potrà rifiutare l’acquisto con una smorfia di disapprovazione, mentre in alcuni casi ci sarà anche un avviso “forte”, tipo pacchetti delle sigarette brasiliani, probabilmente qualcosa del genere,
pedofiliamarchio che certifica che il minore, dopo dodici ore di miniera, viene anche immesso sul mercato della prostituzione.
Per questo tipo di prodotto, il consumatore etico e consapevole potrà addirittura assumere un atteggiamento di profondo disgusto, dichiarando ad alta voce
«Di questo passo, dove andremo a finire?»
Continua

Dottordivago

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Caffè della domenica mattina davanti al Televideo.
Sto combattendo la nausea, peggio che in certe domeniche di qualche anno fa, ai tempi in cui “sabato sera” era sinonimo di “eccessi alcolici”. Ieri sera, invece, ero perfettamente in bolla: buon cibo e poco alcol, niente piedi rotondi, insomma.
Ma stamattina… ‘na nausea da notizie…

Avete presente le interviste alle “Miss Qualcosa”?
«Vorrei la pace nel mondo, amo l’amicizia e odio l’ipocrisia»
Ecco, tranne la pace nel mondo -ammazzatevi, scannatevi, sbudellatevi, basta che non veniate a rompere il cazzo a me- ho dei gusti da Miss: amo l’amicizia e odio l’ipocrisia.
A tal proposito mi sovviene un post di molto tempo fa, per la precisione il secondo della carriera del

Dottordivago, romantico cavaliere dal forte braccio, brillante ingegno e cuor di fanciullo, nonchè blogger per signora

post che vi ripropongo appena appena condensato.
E se subito dopo il Numero Zero “Perchè il Panda deve morire” ho scritto il seguente “Ipocriti al quadrato”, sarà perchè è una cosa che ritengo importante, no?

IPOCRITI AL QUADRATOCon il post precedente (me lo ricordo bene, è il primo della mia vita e l’ho pubblicato venti minuti fa…) ho cercato di spiegare il panda-pensiero e ho portato come esempio alcune categorie da colpire.
Ora andremo nello specifico che più specifico non si può: la categoria è “tutti”, salvo poche eccezioni.
Io sono un’eccezione.
E non perchè sono un santo: vi garantisco che le persone “a posto” sono
diverse da me, non valgo più di voi: potessi comperarmi per quello che sono e vendermi per quello che dico di essere, potrei dare del barbone al Sultano del Brunei e dopodomani assumerei Bill Gates come pulitore di fosse biologiche.
Ho un pregio: non sono ipocrita.
Bugiardo, fasullo e inconcludente forse sì, ipocrita no.
Che differenza c’è? Faccio un esempio.
Fulgencio Batista, deposto dittatore cubano, incarcerava e/o uccideva gli oppositori mentre il popolo faceva la fame, quindi era un pezzo di merda.
E quello sono io.
Fidel Castro incarcera e/o uccide gli oppositori, inoltre metà dei cubani, perlopiù brava gente, per campare fa la puttana o il ruffiano e tutti
insieme fanno allegramente la fame: ma gli raccontano che è per il bene del popolo, cioè loro stessi. Questo è essere ipocriti “panda”, e io non sono così.
E mò vediamo perchè siete quasi tutti una massa di ipocriti e quindi “panda”.I nostri politici, Dio li maledica, ogni tanto si distraggono e, pur essendo il corpo d’élite dell’ ipocrisia, a volte gli scappa la verità, o quantomeno il loro vero pensiero.
Pochi giorni dopo l’11 settembre, il Berlusca, riferendosi ai terroristi e in senso allargato a tutti gli estremisti ed integralisti islamici ha dichiarato che non dobbiamo farci mettere sotto da persone la cui cultura è inferiore alla nostra.
Apriti cielo!
Gli avete fatto un culo così e lui subito a fare “parola turna indrè”, sto pirla.
Se invece avesse picchiato simbolicamente il pugno sul tavolo, riaffermando quanto sopra, spiegando che

  • noi non segreghiamo, mutiliamo o lapidiamo le nostre donne ma le mandiamo in giro con SUV, cellulare e sigaretta d’ordinanza
  • non ci inventiamo un Dio che ci dice di farci saltare in aria in mezzo a più gente possibile
  • ma soprattutto noi non ci inventiamo un Dio che ci vieta salame di Varzi e Barbera,

il nostro Silvio sarebbe diventato un paladino dell’Occidente e, alla lunga, ci avrebbe pure guadagnato politicamente, perchè per una volta avreste sentito ciò che pensate tutti ma che non dite.

Un’altra? Saltiamo la barricata.
Un bel giorno, probabilmente parlando nel sonno, Prodi ha detto che ”questo è un paese impazzito”.
A riapriti cielo!…
Tutti offesi a morte a latrare risentimento contro un pover’uomo che già pochi minuti dopo averlo detto stava malissimo, colto da una crisi allergica da verità, malattia per cui non possiede gli anticorpi.
Lungi da me difendere Prodi ma, scusate, questo non è un paese impazzito?
Avete mai visto come ci comportiamo? Quando siamo in auto, in coda, al lavoro, in vacanza? Come la mia generazione -o almeno più della metà- ha allevato non dei figli ma degli Anticristo molli e viziati? Come esca di galera prima l’arrestato che il poliziotto che ce l’ha portato?
Non siete mai stati così sani e avete il terrore delle malattie: fidatevi,
parlo con molti medici e ne sento certe…
Come tanti Fonzie non riuscite a dire «Ho sbagliato», salvo farlo, piangendo e a pagamento, in televisione.

Ancora una. Ricordate quando Padoa Schioppa ha sussurrato la
parola ”bamboccioni”?
Le code di paglia hanno preso fuoco. Gente di quarant’anni che sta con i genitori solo perchè guadagna mille euro al mese, perchè sono precari, perchè gli affitti… perchè…
Perchè siete bamboccioni!
A trentanni sarei stato in una topaia o in un ovile dismesso perchè malsano per le pecore, pur di fare ciò che volevo, fosse anche solo sbronzarmi con un puttanone caritatevole che mi avesse fatto credito.
E quindi? Quindi siete una banda di ipocriti al quadrato, i peggiori ed ipocriti “uomini-panda” ecc ecc.

Con un salto di oltre cinque anni arriviamo ad oggi.
Vi siete ripetuti in occasione del “choosy” della Fornero, quando è innegabile che i nostri giovani non trovano lavoro mentre dieci milioni malcontati di stranieri, negli ultimi vent’anni, sì. E se lo fai notare, ti rispondono che si tratta di “lavori di merda”, e non di essere choosy, cosa che mi ricorda molto i leghisti della prima ora quando dicevano: «Noi non siamo razzisti, sono loro che sono terroni».
Fino a vent’anni fa, milioni di italiani ci hanno mantenuto le famiglie per una vita, con quei lavori di merda, ricordatevelo.
E pregate che la pensione dei nonni duri ancora a lungo…

E quella di Martone, il vice-Fornero, ve la ricordate?

Se a 28 anni non sei ancora riuscito a laurearti, sei uno sfigato

escluso chi studia e lavora, ovvio.
Minchia che casino! E non è servito ricordare che in Italia ci sono i laureati più fuori corso e vecchi del mondo, dei veri decani prima ancora di discutere la tesi, parcheggiati all’università da famiglie che possono permetterselo, magari piangendo miseria e attingendo ad aiuti pubblici.

Torniamo alla nausea della domenica mattina:

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A parte che continuo a non capire il senso di uno studio che prevede un campione del 74+72+71= 217%, roba che se pensate di spiegarmela, armatevi di pazienza perchè io proprio non ci arrivo.
Resta il fatto che gli italiani hanno sicuramente smesso di comperare case e automobili e sull’abbigliamento non mi pronuncio, lascio spazio al Camagna, ma a costo di dare ragione al Gran Puttaniere, i ristoranti sono ancora pieni -non di tedeschi, eh?- e la tecnologia, principalmente quella mirata allo svago, è l’unico settore che tira sempre.
In più, la mia inviata speciale Bimbi, che ama sciare -e io lascio che ci vada- mi conferma che a La Thuile le macchine aumentano ogni anno e lei, che non arriva proprio prestissimo, si ritrova a parcheggiare, immancabilmente ed inesorabilmente, sempre più lontano.
Io faccio solo notare che lo sci non è una terapia salvavita, non è economico e non lo passa la mutua e ricordo a tutti che da almeno quindici anni sostengo che i lamenti da Terzo Stato della classe media derivano minimamente dall’innegabile minor potere d’acquisto e massimamente dalle maggiori “necessità irrinunciabili” quali, appunto, ristoranti, viaggi, divertimenti e smartphone.
Qualcuno ci ha detto che tutte queste cose ce le possiamo permettere, anzi, che lo dobbiamo a noi stessi, e molti ci hanno creduto, dimenticando che i nostri padri operai si sono anche comperati la casa ma senza mai “alzare la testa”, magari girando in bicicletta, senza sapere com’è fatto un ristorante o un albergo; casa in cui molti figli oggi vivono, senza peraltro riuscire ad arrivare a fine mese ma con la scusa ipocrita che la ragione è l’aumento dei prezzi e non, magari, quel paio di vacanze e quella dozzina di ponti o week end a spasso…
Basta, è roba vecchia, ne ho già parlato altre volte, ma sento come il dovere di mostrare una situazione forse un po’ più rosea dello stato attuale, comunque più realistica di tante notizie drammatiche che sembrano piacere molto all’opinione pubblica.
E la mia solidarietà va a quelli che il lavoro l’hanno perso davvero, non ai piangina di professione e agli “otto milioni di poveri”, di cui l’80% al Sud, cifra dovuta all’economia sommersa, tutti dati realistici come i “venti milioni di baionette” di Bossi.

Ma, tornando allo studio della Coldiretti, è quell’80% non disposto a “rinunciare alla sostenibilità ambientale”, che mi fa impazzire.
Lo sapete che l’88% dei consumatori rimpiange i vecchi sacchetti di pvc o di che cazzo erano? Sì, proprio quelli che durano quanto una contaminazione radioattiva e soffocano i delfini, oltre a decorare il paesaggio.
Dov’è la sensibilità ambientale di chi aspetta ore in macchina col motore acceso? O di chi compera un’auto più larga, più alta, più pesante e col doppio delle ruote motrici necessarie –si chiamano SUV e ce l’avete quasi tutti- e che obbligatoriamente consumano –ed inquinano- il 20% in più di un’altra auto con lo stesso motore?
Gli americani sono il massimo: 200.000 comperano la Prius ibrida, 500.000 comperano l’F150, l’auto più venduta del 2011, un pick up della Ford lungo sei metri e alto come una baita valdostana.
Le case automobilistiche, poi, che mettono in commercio le ibride, se non addirittura le elettriche,  per abbassare la media delle emissioni della loro gamma di jeep, supersportive o ammiraglie di cinque e passa metri, possiamo definirle diversamente che “ipocriti”? Fare un’auto con 80 gr di emissioni -e venderne tre-per rendere virtuose le altre, quelle da 400 gr, quelle che si vendono davvero, è proprio una schifosissima ipocrisia istituzionalizzata, un po’ come se l’Albania, per il fatto di aver dato i natali a Madre Teresa di Calcutta, facesse diventare “mediamente onesti” qualche migliaio di delinquenti, scafisti e sfruttatori di puttane.
Continua

Dottordivago

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Come nel cestone dei saldi, in cui a forza di ravanare qualcosa di buono esce, anche su Feisbuk qualche genio si trova.

ass

È bello così ma, se passasse da queste parti qualcuno con poca confidenza con le raffinatezze della lingua inglese, faccio gli onori di casa e traduco:

Glielo pianterei nel culo così profondo
che chiunque riuscisse a tirarlo fuori
verrebbe incoronato come il nuovo Re Artù

Giù il cappello, gente…

Ah, per chi si soffermasse sulla parte volgare, semplice pretesto per la genialata che ne segue, e non non ne avesse colto la grandezza, il riferimento era a questo:

la-spada-nella-roccia

Ci vuole un pizzico d’onestà per ammettere che, se certe croste sono arte, questo è genio.

Dottordivago

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E mò voglio i soldi.
Dal Governo, dall’Europa, dalla mutua, da una colletta… ma li voglio.
Per una nobile causa: la Ricerca.

Io sono in più grande ricercatore -e scopritore- del pianeta, anche se in un settore molto particolare:

i sucaminchia.

Antefatto.
Ho un cliente di Torino a cui ho già fatto le finestre per un appartamento in Alessandria. E siccome

to know me is to love me

mò che ha acquistato una casa a Pavia vuole le stesse finestre, il buongustaio…

Vuole anche le porte interne, prodotto che non ho mai amato molto, un po’ perchè si guadagna pochino, un po’ perchè mi sembra di vendere le scarpe: uno vuole quella ma con la maniglia di quell’altra, i coprifili di quella là e il colore di un’altra ancora.
Morale, ho una decina di modelli in esposizione, giusto per far vedere che le tratto, infatti non ho quasi mai quella che interessa al cliente. Solitamente me la cavo con i link delle due aziende che tratto, così uno si guarda e riguarda come vuole tutte le porte in produzione.
Per i più tignosi mi avvalgo dell’esposizione di Massimo, il rappresentante delle due aziende. Il problema -non insormontabile- è che l’esposizione è a Volpiano, hinterland torinese, a un centinaio di km da Alessandria, quindi ci porto il cliente quando proprio capisco che è “caldo”.
In questo caso specifico, poi, meglio di così si muore: il cliente è di Torino, quindi ci può andare quando vuole; inutile e stupido fare da tramite, do a uno il numero dell’altro e che se la sbrighino loro.
E che lascino tranquillo me, soprattutto.

Tutto questo, ieri.
Questa mattina mi serviva un numero di telefono, così, cosa rarissima, accendo il cellulare alle 8.20: solitamente prima delle 9 non se ne parla.
Un secondo dopo il bastardo già suona e a me parte la prima madonna della giornata: cosa ci posso fare, lo odio… e se lo odio, lo odio, eh!… 
È il cliente di Torino che mi informa che oggi telefonerà al rappresentante.
«Devo fare qualcosa?» «No, no, era solo per informarla…»
Bravo.
Ecco… lo scopo dello scambio dei rispettivi numeri era proprio quello di non annichilirmi la uallera… ma va be’, dài…
Questa segnatevela, poi ci torniamo.

Arrivo in negozio e mi chiama una cliente di Novi Ligure: sarebbe bello se io “andassi a far le misure prima che siano finiti pavimenti e rivestimenti, per guadagnare tempo”.
«Io vengo… ma tu conosci i livelli dei pavimenti e gli ingombri dei rivestimenti?»
«So tutto, il piastrellista mi ha spiegato tutto»
«Ci vediamo alle 14.30»

Ri-squilla il telefono: è il rappresentante di Torino, mi informa di essere stato chiamato dal mio cliente…
«Devo fare qualcosa?» «No, no, era solo per informarti…»
Bravissimo.
Ecco… la cosa dovrebbe riguardare loro, lo “spirito” della mia iniziativa di dare a uno il numero dell’altro -diabolicamente astuta, lo riconosco, al punto di non essere compresa fino in fondo- era quello di risparmiarmi un po’ di rotture di cazzo… ma va be’, dài…
Segnatevi pure questa.

Altra telefonata, dopo cinque minuti: è una signora che si è rifatta le finestre con la detrazione del 55%, poco più che quarantenne, non dico rincoglionita come una novantenne ma molto, molto di più; diciamo che a giudicare dal livello di rincoglionimento senile è come se avesse l’età della dorsale appenninica.
Per la terza volta in un mese, al telefono, mi richiede un lavoro del cazzo, 500 euro di veneziane, chiarendo bene che lei non ha nessuna intenzione di pagare l’IVA, quindi di fattura non  ne vuol sentir parlare: «Io sono una statale, mica scarico niente…»
Non sei statale, tu sei un’idiota mondiale, vorrei dirle… Un filo di fumo inizia ad uscirmi dalle orecchie ma se mi muovo si disperde subito, non si nota…
«Signora, la prima volta le ho spiegato che nel nostro Paese è stato intercettato anche l’intoccabile Presidente della Repubblica; la seconda volta le ho chiuso la telefonata sul muso; adesso, dopo averle ripetuto per la terza volta che di minchiate illegali io non ne faccio -e se mai ne facessi non ne parlerei al telefono- le ri-riattacco il telefono in faccia.»
Fatto.
Gente, oggi butta male…

Stranamente sbrigo in fretta il pranzo, normalmente ho tempi molto più rilassati: parto per Novi e ho 40 minuti di tempo per fare 20 minuti di strada ad andatura normale, 15 minuti alla mia…
Ok, decido di provare una cosa aberrante: io, famoso turbotarro, mi metterò a una spanna dal guardrail della Statale bis dei Giovi e percorrerò il tragitto ai sessanta all’ora, pensa che brivido!
Di solito mi rendo conto del tipo di gente con cui condivido il pianeta ma oggi l’ho proprio studiata: ho percorso tutta la strada dietro ad una fila di imbecilli che ho analizzato scientificamente. 
Siamo su una statale dritta come una fucilata e larga al punto che, quando tra Alessandria e Novi trovavi tre macchine, era a quattro corsie, oggi che le auto sono tremila, le corsie sono due, motivo per cui io me ne sto a destra e lascio passare quelli normali, che viaggiano in tutta sicurezza ai 120 all’ora.
Io sono dietro a una colonna di imbecilli che viaggia a 60 all’ora, a cento metri uno dall’altro, senza un camion o un camper che fa l’andatura, è proprio la loro velocità di crociera; solo che io sto tutto a destra, gli altri tengono due corsie.
Mi scappa di divagare. 

Mi sento come quel suonato che ha vissuto un anno con un branco di lupi, dividendo con loro cibo, freddo e tana ma, ovviamente, sentendosi più intelligente, in quanto uomo confrontato alle bestie.
Io non me la tiro da pilota, ho un controllo del mezzo superiore alla media ma un pilota -non dico un fenomeno, un semplice pilota- è un’altra cosa.
Però sono uno dei migliori “guidatori” del mondo per quanto riguarda l’attenzione alla strada e, soprattutto, la lettura del traffico intorno a me, degli avvenimenti e la previsione di movimenti e comportamenti degli altri.
Non domandatemi, dopo un viaggio, cosa c’era al di fuori della strada: non lo so, i miei occhi guardano solo ciò che sta sull’asfalto che mi circonda, compreso quello delle strade che si incrociano con la mia.
Ho alcuni amici che guidano come Mister Magoo, quelli che al semaforo, se su tre corsie ce ne sono due libere e una con cinque macchine in coda, loro si posizionano automaticamente sesti. Fanno altre mille minchiate, ognuno qualcuna in particolare, ma sono tutti accomunati dal fatto di essere gente seria e franca, non sfuggente, gente che quando ti parla, ti guarda dritto negli occhi.
«Guarda ‘sta cazzo di strada!…» è il mio ritornello.
Gente che non molla un attimo il telefono o che pasticcia il nuovo navigatore…
«Cazzo fai… stiamo andando a casa tua!…»
«Volevo solo fare una prova…»
«Prova una sensazione nuova: guarda la strada…»
Viaggiare a 60 all’ora significa non poter tenere non dico la sesta ma, addirittura, la quinta, salvo viaggiare col motore a mille giri: per le bielle, la morte sua. Ma fin lì sono cazzi loro.
Viaggiare a 60 all’ora su una statale, senza lasciare spazio a chi vorrebbe dare un senso al fatto di avere quattro ruote e non due piedi, o farsi portare dalla macchina in città, a 30 all’ora, a cavallo di due corsie -dove ci sono- significa fregarsene del mondo e campare per rompere i coglioni al prossimo.
Significa non volersi bene.
Non gratificarsi con una serpentina tra due file di cadaveri ai 20 all’ora in circonvallazione, significa essere morti dentro; la serpentina prevede occhio attento, riflessi pronti e capacità di calcolare il momento in cui ci sarà spazio sufficiente per passare, cambiando corsia quando vedi che la quinta auto davanti a te –non la prima, la quinta…- sta frenando.
E tutto questo in modo fluido, senza brusche accelerate o violente frenate, soprattutto senza rompere il cazzo a nessuno e, merce introvabile, fermandosi agli attraversamenti pedonali.
Guidare così è come ciulare una donna sempre diversa, passando sempre a una nuova posizione, piuttosto che dare 30 euro a una puttana e guardare il soffitto pensando ad altro, mentre te lo succhia, col preservativo.
Che tristezza…

Comunque mi sono quasi divertito a guidare con i babbei, non come i babbei.

Morale, arrivo a Novi con dieci minuti d’anticipo: andare più piano era francamente impossibile.
In cantiere c’è l’elettricista, la padrona di casa no; pazienza, inizio a misurare per conto mio, poi lei mi dirà ciò che mi interessa, e spero che lo sappia, visto che di livelli, i segni che indicano un metro di altezza dal futuro pavimento finito, non c’è l’ombra.
Arriva la tipa con due piastrelle, una del pavimento e l’altra del rivestimento.
«Sì, belle, ma io che ci faccio? Vedo che il piastrellista sta gettando l’autolivellante, in alcuni punti sale di due cm, mentre le spallette sono ancora da intonacare e non si sa dove arriveranno: lo spessore delle piastrelle non mi dice niente»
«Ah… io pensavo…»
Sono le quattro, due ore buttate, escluso il ritorno.

Ritorno che avviene a velocità normale, all’antropologia oggi ho già dato  abbastanza. Inoltre, il fumo che mi esce dalle orecchie, ora, richiede molta aria per dissolversi.
Squilla il telefono, è quello di Torino: «Mi sono accordato con il rappresentante…»
Mmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmhhh…
«Devo fare qualcosa?» «No, no, era solo per informarla…»
Bravo.
La faccio breve: chi mi chiama cinque minuti dopo?
Esatto, il rappresentante.
«Oh, sono d’accordo col cliente…»
Arrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrgh…
«Devo fare qualcosa?» «No, no, era solo per informarti…»
Bravissimo.

Per i rimanenti dieci minuti di strada ho bestemmiato.
Ho bestemmiato come una bigotta recita il rosario, come un bonzo fa col mantra, come un bambino che ha imparato un po’ di parolacce e le ripete continuamente.
Ho fatto come tutti questi personaggi, solo urlando.
Da solo, in macchina.
Sono bei momenti.

Dottordivago 

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Photo-0224Hotel Mercure
Promenade des Anglais, Nice.
Vista lavabo/doccia
Photo-0225Hotel Mercure
Promenade des Anglais, Nice.
Vista doccia/wc
Photo-0226Hotel Mercure
Promenade des Anglais, Nice.
Vista wc/…
bidet
QUESTO!

Dove cazzo è questo?

E c’era pure il posto per metterlo,
Dio vi maledica.

Ormai non dovrei più incazzarmi ma è più forte di me: impareranno mai a lavarsi il culo?

Dottordivago

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Era un Gianki pieno di rimpianti, quello che si è trovato a reinventarsi un lavoro, all’inizio del terzo millennio: officina chiusa da un paio d’anni -e quello era il meno…- ma il vero cruccio era aver perso l’impiego come autista/segretario particolare, causa Splendido caduto in disgrazia.

E adesso?
Era lì a guardarsi intorno e a sbarcare il lunario con qualche piccola riparazione alle macchine degli amici -rigorosamente in nero, non scherziamo…- quando si presenta un tale del paese con la richiesta di riparare una motozappa o un micro-trattore, non ricordo, comunque un rottame vecchio come Noè.
«Ma non ne vale la pena, non so quanti giorni mi tocca perderci dietro, solo che con mezza giornata di lavoro già si supera il valore del mezzo…»
«Tu sistemalo e non ti preoccupare: ho trovato un coglione appassionato di roba vecchia che me lo paga come una Porsche…»

Gianki si guarda intorno: in anni di “meccanico da paese” aveva accumulato rottami di tutti i tipi, tutta roba con un denominatore comune, quello di richiedere una riparazione svariate volte più costosa dell’oggetto stesso, il che rendeva i ferrivecchi di Gianki assolutamente privi di valore.
Per uno furbo.

Per i frequentatori dei mercatini dell’usato, la faccenda cambia.
Parliamo di gente che compera un chiodo da trave lungo 20 cm, storto e arrugginito, per 5 euro, una bambola sporca e alopeciata per molto di più; gente che considera “carini” articoli tipo una bugia portacandela in alluminio, sporca senza speranze, che non perderà mai l’aria da “tirato su dalla discarica”; gente che fa la fortuna di banditelli che fanno un buco in giardino, ci pisciano dentro e ci sotterrano per due mesi una cinquantina di schiaccianoci cinesi da un euro  che, solo per quel trattamento, ventuplicano il valore del nuovo, a patto di esporre un “pezzo unico” per volta.

Propositi per il 2013:

  • devo essere più tollerante
  • ricordarmi che i gusti sono gusti
  • se uno ha dei gusti di merda, non è colpa sua.

Torniamo a Gianki che, non molto convinto, archivia il file e si mette al lavoro sul rottame del compaesano; quando finisce presenta un conto assurdo, pronto ad accontentarsi della metà, nel caso in cui il cliente tentasse di mangiargli la testa. Invece il tipo non batte ciglio, paga come una banca e se ne va.

Questa cosa accende definitivamente una lampadina nella testa di Gianki, che compera un furgone e comincia a frequentare sagre e fiere.
Passa parecchio tempo girando per solai, cantine, cascine e discariche per reperire la materia prima spicciola, tipo bacinelle smaltate con più bolli che smalto o il cardine di una porta ormai disgregata dagli agenti atmosferici, oppure attingendo al patrimonio personale di rottami per quanto riguarda i pezzi “importanti”, vedi aratri dissaldati o motocoltivatori tenuti insieme più dalla ruggine che dai bulloni.
Una volta, nel mucchio, ha trovato il cilindro e il volano di un Landini “testa calda”: sembrava Cortés davanti all’Eldorado e la cosa bella è che non aveva torto, sapeva di avere i pollastri giusti.  
Avete presente la scena finale di Blade Runner

Questi occhi hanno visto cose ecc ecc…?

Ecco, ho visto cose sul furgone di Gianki per cui avrei pagato anch’io: sì, pagato, purchè qualcuno le portasse velocemente in discarica.
Invece c’era gente che pagava pronta cassa, senza ricevere uno straccio di scontrino -d’altronde, per i mercatini delle pulci, la legge non lo prevede- e portarsele a casa: marca “bravo” a Gianki.
Non bravo al punto da arricchirsi ma quanto bastava per dare un senso a certe levatacce alle tre di notte e al resto della domenica, passata magari sbattendo i piedi in terra per scaldarseli.

Questo nel fine settimana: ma che fare nel tempo libero, tra una discarica e l’altra?  Aveva un furgone, no?
E allora si è dato ai trasporti, ovviamente in nero, dài, su, non scherziamo…
Maresciallo, è grave se confesso di aver dato una mano, al buon Gianki?
Eh sì, qualche trasportino gliel’ho fatto fare, non lo nego, e devo riconoscere che era preciso e puntuale.
E mi faceva incazzare come una bestia.

Tema:
Stranamente Gianki è morto per cause naturali, non l’ho ammazzato io. E dire che motivi ne avevo, eh?…

Ma prima dello svolgimento, ferma un attimo, mi scappa di divagare.

Quanto seguirà costituisce una serie di EQ, Elementi Qualificanti di Gianki, quelle informazioni che fotografano il personaggio meglio di milioni di altre parole. Alcuni esempi di EQ.

  1. Bimbi
    Quando parlo dell’attaccamento aziendale suo e delle sue tre colleghe, posso spiegarlo in molti modi ma l’EQ è che sono le uniche impiegate al mondo che usano il cellulare personale per le telefonate di lavoro. Serve dire altro?
  2. Mammalella
    Quando descrivevo la tendenza al consumo patologico -di qualsiasi prodotto- che affliggeva la Mammalella, potevo portare molti esempi ma l’EQ era che si trattava dell’unica persona al mondo che sullo spazzolino da denti non metteva tanto dentifricio quanto se ne vede mettere negli spot pubblicitari. Cosa c’è di strano? D’altronde, nessuno ne mette altrettanto.
    Infatti: la Mammalella ne metteva di più.
  3. Nello
    Ho un cliente che non si può dire che soffra d’ansia…
    Lui è L’Ansia.
    Ce l’ha e la fa venire agli altri, è così ansioso che, a 35 anni, felicemente sposato, con un lavoro sicuro sia lui che la moglie, con una bimba sana, gira con il Lexotan nella tracolla. E questa è la descrizione.
    L’EQ del personaggio è che gira con due flaconi di Lexotan, per non farsi venire l’ansia di finire il primo.

Chiusa la divagata, torniamo ai motivi che, stranamente, non mi hanno portato a “stringere Gianki per il collo finchè non ne sopraggiungesse la morte”, come diceva il vecchio codice inglese quando parlava di impiccagione..

1) La prassi prevedeva che lui andasse in officina di buonora a caricare e che io, con facchini e posatori, lo aspettassi sotto casa del cliente. Ovviamente ci sentivamo il giorno prima ed è lì che mi veniva voglia di ucciderlo: non c’era verso di fargli scrivere l’indirizzo.
«Carlino, quando arrivo in zona ti chiamo…»
Io insistevo che scrivesse: niente. 
«Porcod… Gianki!… E se mi cade il telefono e si rompe, cosa facciamo?»
«Ma nooo… tu sei uno attento, non lo rompi, il telefono…»
Poteva andare avanti un’ora, un vero muro di gomma. E va be’… 
Riuscivo al massimo a dirgli l’indirizzo, giusto per inquadrare il quartiere, tipo “Via Guasco”, al che lui iniziava: «Via Guasco… Via Guasco… Via Guascooo…»
«GIANKI, PORCA PUTTANA, Via Guasco, quella che arriva in Piazza della Libertà (la piazza del municipio, tanto per capirci…)!»

Oh, non conosceva il nome di una strada!…
Passava le giornate a girare su un furgone e non gli entrava un merdosissimo nome di via in testa, ancora oggi mi sembra impossibile.
Però in qualche modo arrivava.

2) La tariffa variava sulla base del suo bisogno di soldi: se cambiava un pezzo del furgone o se aveva preso una multa, era meglio non chiamarlo per un po’, salvo sentirsi chiedere 50 euro per un quarto d’ora di lavoro, visto che doveva rientrare della spesa. 
Una volta mi fa: «Oh, meno male che mi hai chiamato, ho proprio bisogno di lavorare: ho messo mia suocera al ricovero e mi sto mangiando la casa…»
Ho tergiversato un attimo e l’ho liquidato con un: «…comunque ti do conferma più tardi, eh?» e l’ho richiamato dopo tre mesi, quando ho saputo che la suocera era andata: in quel momento mi sarebbe toccata la retta della vecchia, sicuro.

3) Non c’era verso di fargli mettere il Telepass.
In alcuni casi andavo con lui, tipo per le consegne fuori zona, magari in posti incasinati da raggiungere e al casello era sempre una morte:
«Sei in giro tutto il giorno… E metti ‘sto cazzo di Telepass!»
«Non c’ho mica i tuoi soldi…»
«Vaffanculo, Gianki, costa un euro al mese!»
«Eh… un euro qua, un euro là…»
«No, Gianki, “un euro qua”, punto, “là” non esiste, te lo stai inventando…»
«Eh… un euro oggi, un euro domani…»
«Vaffanculo, Gianki. Vaffanculo qua, là, oggi e pure domani. Vaffanculo!»

4) Le teorie di Gianki.
Gianki, a suo modo, non era stupido, aveva quella naturale astuzia del contadino, camuffata con un atteggiamento dimesso ed elusivo, maturato in secoli di servitù della gleba e di conseguenti sotterfugi per non farsi portare via tutto dai potenti: scarpe grosse e cervello fino, per capirci.
Però era profondamente ignorante, proprio nel senso letterale del termine, e lo dico bonariamente, io gli volevo bene, comunque.
Ma diceva certe cose…
Fumava come il petrolchimico di Mestre ma aveva un trucco che, a suo dire, gli lasciava i polmoni di un maratoneta: era sufficiente cambiare marca ogni tanto e, saltuariamente, fumarne qualcuna senza filtro.
Non so a quale teoria si appoggiasse il suo “ragionamento”, quando “spiegava” certe cose a me calava una sorta di palpebra protettiva, tipo quella sugli occhi dello squalo quando attacca, però a me calava nelle orecchie.
Comunque aveva sempre una tosse da cavallo bolso, faceva impressione.
Una volta si è pure beccato una bronchite coi controcazzi e se l’è portata dietro per settimane, ogni volta che lo vedevo era peggio.
«Sei andato dal dottore?»
«Ma va’… tanto lo so cos’è: ero un po’ sudato e ho aperto un filino il finestrino…» «Non dire stronzate, Gianki, ti sei incarognito con una bronchite del cazzo, ti ci vuole un antibiotico e di quelli tosti!»
«Io lo so cosa ci vuole ma non ho i soldi… Bisogna prendere uno di quegli aeroplani a due posti che ti portano a fare un giro di mezzora e…»
«Gianki, ma sei cretino? Cioè, no, niente punto interrogativo: sei cretino. Chiarito questo, si può sapere che cazzo stai dicendo?»
«Eccolo, parla quello che sa tutto… Lì è tutta una questione di pressione dell’aria… Tu gli dici al pilota di andare su dritto come un razzo, almeno un paio di kilometri, poi deve fare una picchiata da matti, giù dritto… –io lo seguivo in qualche modo affascinato da tanta fede nella sua scienza- …e poi torna su ancora una volta. Quando atterri, sei guarito.»

Se sua moglie non l’avesse spedito a calci dal medico, che gli ha prescritto gli antibiotici del caso, sarebbe morto in poco tempo, invece l’ha aggiustata.

Ah, poi c’era quella dell’olio…
Sosteneva di essere sempre tornato a casa vivo, anche dopo certe serate da segretario/autista dello Splendido, in cui si tirava nero quasi quanto il suo capo(vedi post precedente), solo perchè depositario di una antica conoscenza ormai perduta.
«Vedi, Carlino, prima che inizi la serata, ti devi bere un paio di cucchiai d’olio…»
«Per essere sicuro di cagarti addosso una volta sbronzo?»
«QUANDO FAI COSI’…! Dicevo: l’olio galleggia, giusto? Bene, tu bevi fin che vuoi, l’olio resta a galla sulla roba che hai bevuto, giusto?… E?… E??…»
«Cedo, Gianki, cedo…»
Trionfante:

E i fumi dell’alcool non ti salgono al cervello!

«GIANKI… No, niente, lascia stare…»
Certe volte Gandhi mi fa una pippa.

Mangiava, beveva e fumava, quando “faceva gli esami del sangue” uscivano dei parametri da ACNA di Cengio; ed è morto d’infarto nel sonno, una settimana dopo aver ritirato i primi esiti perfetti della sua vita, senza un asterisco.
Tipico, proprio da Gianki.

Non posso dire che fossimo amici ma mi mancherà; mi faceva incazzare ma anche ridere, soprattutto quando gli buttavo lì:

«Gianki, centomila al signore…»

e lui tra inchini e mossettine ripeteva la pantomima che tante volte aveva inscenato in quel paio d’anni di gloria con lo Splendido.
Ciao.

Dottordivago

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