…il gigante del Brasile e il Nano Puttaniere.
In passato alcuni grandi uomini non sono stati creduti: molti dileggiati, altri perseguitati o incarcerati, alcuni uccisi.
Nel suo piccolo, per un ventennio, il povero Gianni è stato massacrato da tutti gli amici.
Nel corso di una notte insonne di fine anni 80, trascorsa davanti al televisore probabilmente in cerca di qualche spogliarello su una tv locale, aveva visto iniziare un film indiano degli anni 60; era una cosa talmente surreale che si è costretto a vederlo fino alla fine.
Mal gliene incolse: dopo averlo raccontato in giro, non c’è stato un amico, tranne me, che gli abbia creduto e tutti quanti gli dicevano di smetterla con gli alcolici e/o le droghe.
Io, che pure sono una merda, mi sono astenuto dal caricarlo come una sveglia per il semplice fatto che sapevo cosa era in grado di produrre allora Bollywood, figuriamoci a quali efferatezze cinematografiche potevano arrivare nei primi anni 60 quando, addirittura da noi, venivano realizzati capolavori immortali come Zorro contro_Maciste
Il film che per vent’anni ha trasformato Gianni in un visionario, esiste: ne avevo già trovato traccia in rete un sabato sera, dopo una cena a casa mia, cosa che aveva completamente trasfigurato il mio amico, ora disposto a tutto pur di trovarne una copia e di organizzare una serata con cena e proiezione, a cui seguirà uno spietato castigo per i suoi più ostinati e scettici detrattori di questi anni.
Il titolo italiano è Il gigante del Bengala: basandoci su quello troveremmo poco, in rete, giusto un accenno da cui si risale al titolo originale, Awara Abdulla, da cui qualcosina esce fuori.
Il film è un vero trip da acido, probabilmente un insieme di scarti di altri film girati dallo stesso attore, un allora famoso (nel suo condominio) wrestler indiano:
Se qualcuno di voi ne trovasse una copia, per favore, me ne informi: per Gianni rappresenterebbe quello che per un archeologo è il Sacro Graal.
Ancora prima, fine anni 70, quando in Italia era appena uscita la Serie 7 della BMW, Mauro sosteneva di aver visto, nel corso di un giro in Svizzera, una BMW Serie 8: naturalmente l’abbiamo caricato come un mulo per qualche anno.
A metà degli anni 90, quindici anni dopo, quando la Serie 8 è diventata realtà, Mauro ha fatto lo sbaglio di lasciarsi sfuggire un “Ve l’avevo detto, io…”, così l’abbiamo preso per il culo fino all’inizio del decennio attuale.
Ora non vorrei toccasse a me.
L’altro giorno vi ho detto che in Brasile ho visto non una, bensì due volte, un pick up realizzato con una motrice da TIR Peterbilt, made in USA, a cui è stato attaccato un cassone poco più grosso di una vasca da bagno, diciamo come un letto matrimoniale, giusto per riempire lo spazio tra la cabina e la fine delle ruote gemellate.
Naturalmente, un paio di stronzi affezionati lettori mi hanno scritto privatamente su “Ditelo al Dottordivago”, giusto per non darmi del pazzo in pubblico.
A ‘sti due cornuti rispondo che no, non sono effetti del fuso orario e ancora no, non è abuso di Cachaça: l’ho visto! E mi è stato confermato che ce ne sono un paio in giro per la città.
Lo so, è una mostruosità, è l’assurdo su ruote, è un altro trip da acido, tipo un pesce che spalanca la bocca fino a ribaltare completamente le mandibole, autoingioarsi e scomparire in un flash fuxia…
Non è una grossa auto, non è un SUV… È un camion mutilato.
È 15.000 di cilindrata, credo abbia un cambio elettroidraulico con 24 rapporti, studiati per trainare decine di tonnellate di carico, non per scarrozzare ottanta chili di imbecille.
Gente, sono preoccupato per i Brasiliani.
Ovunque nel mondo ci sono tribù di zumbòn che per adeguarsi ai canoni di bellezza della loro cultura si pelano come San Bartolomeo, si deformano le ossa, si scarificano e scarnificano il corpo, si limano i denti per renderli appuntiti come quelli di uno squalo, si trasformano il labbro inferiore in un porta piattino da caffè, mentre le donne Padaung si allungano il collo con gli anelli d’ottone facendo delle invalide di sè stesse…
Ok, i gusti sono gusti.
Ma mi spiegate quale tara genetica può portare a considerare segno di fighezza farsi vedere in giro su un affare del genere? Deve essere una tara genetica, visto che in una città di un milione e mezzo di abitanti, tra cui cinquanta persone potranno permetterselo, ce ne sono già due… Oh, è il 4%!…
Mi sembra di vederli discutere con gli amici, caso mai, per assurdo, ne avessero: «Quello è un mega pick up?… QUESTO è un mega pick up!»
Resta poi da capire perchè un pick up deve essere mega.
È una scelta intelligente come scoparsi un’obesa di 600 kg anzichè 12 belle fighe di 50 kg, è come festeggiare con il bombardamento di Dresda anzichè coi botti di Capodanno, è come dire «Ah sì… voi siete andati sulla Luna? E io vado sul Sole!…»
Vi dirò, comincio quasi a guardare con tenerezza i nostri proprietari di SUV “cinque metri x due x due”: poveracci, fate la figura dei pirla su veicoli assurdi e non siete che dei bambini, rispetto ai veri coglioni brasiliani o anche solo agli statunitensi, che tutti gli anni si comperano un milione di pick up che potrebbero tranquillamente trasportare le vostre Q7 o X5…
Sui proprietari di SUV ne sono state dette tante, non serve infierire.
Anzi, per dare ragione ad un lettore che in un forum mi ha definito “un blogger bravissimo dalle idee non convenzionali” (grazie B…), spezzerò una lancia in favore di quei vituperati mezzi.
Possono essere maledettamente utili.
Chi lo sa… Se non fosse per i SUV, Dio li benedica, forse non avremmo neanche più questo Presidente del Consiglio…
Dottordivago
P.S. Donne alla guida di SUV di otto metri, riflettete: se c’è una troia in giro, è appurato che c’ha il gippone.
Non vorreste distinguervi?