Feeds:
Articoli
Commenti

Archive for marzo 2010

Rispondo pubblicamente ad alcuni commentatori perplessi o incupiti.

Solo gli imbecilli non cambiano mai idea.
Se questa affermazione fosse vera, io sarei un genio.

Ho un passato da Berluscones, non di quelli scaldati ma, comunque, fedele e votante.
Poi ho visto la Luce.
E la Voce Nella Luce mi ha detto di mandare tutti quanti a cagare, visto che, se Berlusconi è impiccabile, l’alternativa è incredibile, ma non nel senso di “Incrediiiiiibbile!”, semplicemente non è credibile.

Solo che, se andando a votare si ottiene poco o niente, a non votare si ottiene un fantasmagorico cazzo.
Così ho provato con Veltroni, che è stato come mettere 2 fisso in schedina su Brasile – San Marino.

E quindi non si vota più.
Poi scopro che con Cota in Regione, quel galantuomo di Grassano va in Parlamento: da qui a strillare “BMW Bresso for president” è stato un attimo.

Poi scopro che il figlio di Bossi guadagna porta a casa 12.000 euri al mese facendo finta di essere il portaborse di Speroni nonchè osservatore per l’Expo 2015; e mi dico: “Contro un partito che si presta a simili Mastellate, quanto conta il mio voto? Questi, comunque, fanno lo stratacazzo che vogliono”, tesi confermata dal fatto che il figlio di Bossi dovrebbe ora essere consigliere regionale, così guadagnerà porterà a casa 20.000 euri al mese, se bastano.

Quindi non si vota più?
No, considero la politica come il mercato azionario: investo il mio piccolo capitale dove credo di aver maggiore interesse, quindi voto per “Mister Utopia” Davide Bono, uno che ha accettato le Regole del Grillo: nessun indagato, due mandati poi a casa, ecc. ecc.
Peraltro, uno che “Non mi somiglia peggnente”: vegetariano, gira solo in bici, verde integralista, no TAV, no global, no Alpitour…
Avete presente la famosa frase “Non la penso come te ma sarei disposto a dare la vita perchè tu possa esprimere il tuo pensiero?”

Ecco, è una stronzata: se non la pensi come me, sono disposto a tagliarti la gola.
Ma se non la pensi come me e sei l’unica persona onesta che posso votare, beh, beccati l’obolo mio e di Bimbi, che mi ha seguito nel ragionamento: se mi ha sposato, significa che è pronta a fare qualsiasi cagata.

Non sono fedele a nessuno, sono uno juventino che gioiva per le vittorie milaniste di Gullit e compagni, semplicemente perchè mi erano simpatici: non ho bandiere.

Quelle servono solo a scatenare guerre.

Dottordivago

Read Full Post »

Nota dell’autore:
in questa categoria esprimo brevi pensieri in libertà, una specie di limitato firmamento di poche stelle opache.
Più realisticamente, trattandosi di pensieri miei, li considero pensieri/pennellata, come virgole di merda sulle piastrelle dei cessi della stazione.

Alle regionali ho votato Beppe Grillo.
Per le politiche auspico un’alleanza Boldi/De Sica.

Dottordivago

Read Full Post »

Nota dell’autore:
in questa categoria esprimo brevi pensieri in libertà, una specie di limitato firmamento di poche stelle opache.
Più realisticamente, trattandosi di pensieri miei, li considero pensieri/pennellata, come virgole di merda sulle piastrelle dei cessi della stazione.

Bersani sostiene che c’è stata un’inversione di tendenza.
Vero: fino a ieri lo prendeva in quel posto, adesso l’ha proprio preso in quel posto.

Dottordivago

Read Full Post »

Avrei voluto concludere la trilogia “LED, plasma, LCD, lettera o testamento” ma oggi ho ricevuto una lettera che mi ha fatto riflettere; per cui, giusto per inquadrare l’argomento, vi ripropongo la prima versione di “Non imparerò mai” (dicembre 2008), con un aggiornamento fresco di giornata.

Nel post Cos’è il genio? ipotizzavo che il pianeta Terra stesse subendo una sorta di colonizzazione da parte di alieni che, però, lasciavano il cervello sul loro lontano pianeta e ventilavo un‘Invasione degli Ultragonzi.
Mi sa che ce n’è in corso un’altra: l’Invasione degli Ultrastronzi, attuata da alieni che, avendo poco posto sulle astronavi, lasciano sul loro pianeta il senso dell’umorismo; d’altronde, come dicono loro, “dfjghkfhgljwefhgòoiekuèrytpoxcnbzxwç*#zzy”, che significa “Ancora bagagli? Oh, non è che tutte le volte che ci muoviamo possiamo portarci dietro la casa, eh?”

Sono fatto male, lo riconosco: cerco sempre di trovare l’aspetto divertente di ogni cosa, una specie di Cabarettista Mascherato (personaggio minore, ma geniale, di Giorgio Faletti, ndr) che “ruba le battute ai ricchi per darle ai poveri di spirito”. Però è dura, ragazzi: manca la controparte, cioè quello che ride per una battuta; o forse, semplicemente, la gente non si aspetta più una risposta simpatica ma monosillabi e grugniti.
Ormai la battuta va annunciata, così hanno tempo di attivare l’area di cervello preposta, come a Zelig, dove ci sarebbe poco da ridere, ma tutti si sganasciano.

Succede un po’ come per strada quando chiedo a qualcuno se ha bisogno una mano: non ci sono abituati, e mi guardano male.
Ed io non riesco a rendermene conto, continuo a fare delle gran belle figure da pirla.
Ve ne citerò un paio, le prime due che mi vengono in mente.

Il giorno dello sciopero generale, il 12 dicembre, mi serve un po’ di “fresca” (contante, ndr), quindi vado in banca, dove, ovviamente c’è una sola cassiera ed una coda della Madonna.
Naturalmente è tutto un lamentarsi che “non si può andare avanti così” e che “è una vergogna”, quindi posso capire che l’unica cassiera ne abbia due balle notevoli; me ne sto zitto: o ti incazzi davvero o te ne stai muto, non serve mugugnare luoghi comuni; quando è il mio turno richiedo duemila euro e la cassiera, mai vista, mi domanda il numero di conto; sorridendo le dico che speravo potesse prenderli sul conto di qualcun altro, visto che sono un po’ tirato…

Se le avessi infilato una mano sotto la gonna si sarebbe offesa molto meno…
“Non mi chieda di fare dei pasticci, che non è giornata…”
Non ci credo: “Scusi eh, ma secondo lei, io le chiedo seriamente di darmi i soldi di un altro?”
Bruscamente: “Sapesse quante ne sento, io…”
Vabbè, le dico il numero del conto e si mette all’opera, con molta calma: prende il foglio di un’operazione precedente, un modulo della banca, e lo guarda sei volte, una persino controluce, come se non avesse mai visto niente di simile.
Poi si alza, fissa intensamente un’altra scrivania, si risiede; gira la testa e si guarda una spalla, come se temesse un attacco di forfora.
La lascio fare, anche perchè sto leggendo uno dei due fogli attaccati con lo scotch ai lati dello sportello: uno riguarda i cambi delle varie valute, l’altro è più divertente; spiega le modalità della giornata di sciopero: qualcuno sciopera tutto il giorno, qualcun altro, ad “inquadramento orizzontale”, sciopera in un certo orario, mentre quelli ad “inquadramento verticale” in un altro.

Avete presente Roger Rabbit, quando esce dal nascondiglio perchè un cartone animato, al richiamo “Ammazza la vecchia…”, non può trattenersi dall’urlare “…Col fliiit!”?
Ecco, io sono uguale.

Vedo che l’arpia mi sta guardando, e col mio miglior sorriso dico:”Deduco che, se lei lavora tutto il giorno, è perchè il suo è un inquadramento diagonale…”
Va beh, non entrerà nell’Enciclopedia delle Battute, però…
Forse non ho scandito bene, a giudicare dalla faccia che fa deve aver capito “Succhiami il cazzo fino alla morte”: parte con un proclama sindacale che lei è l’unica a lavorare e che se voleva poteva starsene a casa ecc. ecc.
Adesso basta.
“Senta un po’, signora Cigielle: primo, poteva starsene a casa, sì, ma nella busta paga non avrebbe trovato i soldi di questa giornata, quindi non se la tiri da Stakanov o da eroina del terziario; seconda cosa, aspetto da dieci minuti duemila euro: mi dà quelli già fatti o li sta stampando?”
Naturalmente ad alta voce.
Non apre bocca, ma un po’ di schiuma le esce da un lato.
Ritiro, firmo, mi congedo ed esco probabile vincitore.

Ma non va sempre così.

L’altro giorno: sto comperando frutta e verdura e sono concentrato sulla scelta dei peperoni, quando una signora, una cliente come me, non un’addetta, me ne mette uno sotto al naso dicendo: “Prenda questo, ha quattro falde anzichè tre: sono i migliori…”
Sorridendo rispondo: “Grazie, ma mi hanno insegnato a non accettare peperoni dalle sconosciute…”
Ovviamente avrei proseguito ringraziandola ed accettando il frutto della sua conoscenza, senonchè questa manco mi fa finire e sbotta “Madonna santa, che malfidato!…” e butta l’ortaggio della discordia nel cesto.

Oh ssignùr… ma li trovo tutti io?
“Signora, non si offenda, era una battuta”
Non mi sente neanche: “Se pensa di saperla tanto lunga, si aggiusti…” e continua a borbottare per alcuni secondi, giusto il tempo di farmi saltare il nervo e di farmi partorire un “…E lei porti la mela a Biancaneve, che con quella faccia le viene meglio”.
Ancora non capisce e probabilmente mi crede pazzo, tant’è vero che arretra un passo, si gira e si allontana guardandomi come si guarda un maniaco squartatore.
E non è l’unica: alcuni, che non hanno seguito dall’inizio, mi osservano leggermente preoccupati.
Ma non potevo mandarla affanculo come fanno tutti?
Non imparerò mai.

Me ne vado, diversamente dalla banca, con un pareggio stiracchiato.
Ma non prima di aver posato un vile tre falde per acchiappare l’ortaggio della discordia.
Che si è rivelato uguale agli altri, vaffanculo alla matta…

Torniamo al presente.
Come dicevo due post fa, mi sono abbonato ad Altroconsumo, allettato dallo sconto dell’80% (!) più alcuni “regali”.
Compilo e rispedisco quanto richiesto.
E mi scrive il sig. Gioia, responsabile ufficio clienti, sollecitando il pagamento.
Rifaccio tutto e spedisco.
Il sig. Gioia mi riscrive dicendosi molto dispiaciuto per il fatto che io, da quell’orecchio, non ci sento; traspare un senso di delusione, un po’ come se volesse dirmi che da me non se lo aspettava proprio.
Rifaccio tutto e spedisco.

Avete presente un uomo a pezzi?
L’inconsolabile sig. Gioia mi riscrive:
Altroconsumo

si dice sinceramente dispiaciuto di dovermi inviare questa quarta lettera di sollecito (mi sa che me ne sono persa una…) ecc. ecc.
Gente, questo non dorme la notte per causa mia; peccato che qualche suo collaboratore dorma tutto il giorno per cazzi suoi: gli telefono per segnalare la cosa.
Alla signorina chiedo di parlare con l’Inconsolabile.
”Ma… veramente… può dire a me di cosa si tratta?” 
“È che lo vedo così affranto che vorrei consolarlo…”
”Nooo… (pirla d’un rompicoglioni che sei), lui non le vede neanche, le lettere: partono in automatico…” e mi spiega che il sig. Gioia non è veramente dispiaciuto…

Ecco.
D’altronde me lo merito.
”Signorina, avevo il sospetto che fosse così… Stavo scherzando, volevo solo segnalare che io ci ho già provato tre volte, a pagare l’abbonamento; vi ho anche inviato il numero di carta di credito, anche se non mi sembra una cosa intelligentissima, ma è una ricaricabile che uso per queste faccende, quindi posso correre il rischio…”
”Ma… questa cosa può vederla con me: cosa centra il sig. Gioia?”

Oh mama…
”Niente, non c’entra niente, errore mio… Può vedere qual’è il problema?”
In trenta secondi rintraccia i miei dati, si scusa a nome del suo collega che non li aveva caricati e sistema tutto: una macchina da lavoro.

Per la comprensione delle battute si stanno attrezzando.

Dottordivago

Read Full Post »

Sentitamente ringrazio i commentatori del post precedente (e bentornata alla Simo, bella gioia…).
A tutti gli altri comunico che se volevate dirmi che sono un genio, per avervi fatto commuovere parlando di una caffettiera, fatelo pure: ‘sto pirla che risponde al nome di Dottordivago si nutre di adulazione; per l’alter ego terreno, Carlo Gallia, vanno benissimo salami di Varzi e formaggi di categoria; risparmiatevi i fiori, che durano poco, e i libri, che durano una vita ma ne ho già uno… 
Andiamo avanti.

Ora, visto che non troverò mai una sostituta per Blacky, vorrei riuscirci almeno col televisore.

Il mio attuale televisore è entrato in casa mia come la magica Blacky, cioè in occasione del mio matrimonio, anno del Signore 1992.
In quel periodo, si scriveva “televisore” ma si pronunciava “Sony”: tutti quanti rimanevano affascinati dal mitico Trinitron e dalla definizione delle sue immagini.
Io, in quanto facente parte dei “tutti quanti”, sono partito per comperarmi il Sony, ma con un asso nella manica.

Precisazione: le minchiate che oggi leggete a gratis, una volta me le pagavano, nel senso che ho collaborato a scrivere svariati programmi TV.
Sì che il mio ruolo sarebbe stato quello di inventare belinate ed, eventualmente, dare un’occhiata in studio per verificare che tutto filasse e che avesse lo stesso effetto immaginato, solo che sono curioso come una scimmia e, quando la Rai era ancora in Via Teulada, mi infilavo dappertutto, comprese le sale di regia e montaggio, dove davo il tormento ai tecnici, come i bambini americani in visita a Cape Kennedy.

Tecnici che, più che la televisione, mi hanno insegnato a guardare il televisore.
Per valutare la qualità di un apparecchio, tipo quella dei loro monitor, mi dicevano di non guardare l’immagine in primo piano –per la quale, parlando comunque di un buon apparecchio, basta mettere a stecca il contrasto- bensì lo sfondo, più difficile da riprodurre con buona definizione quanto più è contrastata l’immagine principale.
Mi portano proprio il Sony come esempio e mi spiegano che è un ottimo apparecchio ma esce dalla fabbrica con il contrasto molto alto ed a questo trucchetto è dovuto buona parte del successo; praticamente me lo accomunano ad una pietanza con un pizzico di sale in più: togli un po’ di contrasto e diventa come molti altri, se non ti fermi all’immagine principale.

Quindi,

tralasciare le apparenze e guardare la vera essenza delle cose

Tecnici molto zen, devo riconoscere.

Così, quando sono partito per comperare il televisore, ho lasciato a casa uno dei pilastri della mia esistenza, cioè la più totale ed assoluta superficialità.

Ed eccomi di fronte ad una parete di televisori, tipo un martedì mattina, quando quel genere di negozi è meno frequentato; le parole del “Tigre” e di “A’ Mario” mi rimbombano nel cervello: “Luke, usa la Forza!…”
No, scusate, ho sbagliato ricordo; loro dicevano: “A’ Carle’, guarda dietro, abbassa er contrasto, cerca immaggini lunghe, tipo piani sequenza, nun te fida’ delle immaggini flashe tipo spotte o video clippe”
E così faccio.

Come faccio quasi sempre, scelgo un negozio di dimensioni medie, in cui poter trattare col titolare, piuttosto che con un commesso che guarda solo l’orologio.
Gli spiego che intendo andarmene da lì col televisore nel bagagliaio ed ottengo ciò che chiedo: un bel documentario del National Geographic e carta bianca.

Parto da un Sony: si vede da Dio, spicca in mezzo agli altri come un paio di tette vere in casa di Marrazzo.
Abbasso un po’ il contrasto…
Minchia! Aveva ragione il Tigre!
Sì, la scimmia sul ramo in primo piano è notevole, però le foglie dietro sono minimamente impastate, anche se leggermente più definite che in altri apparecchi lì intorno.
Arretro ancora di due passi ed allargo lo sguardo: in effetti non spicca più.

Concedo un’occhiata agli altri e ne individuo uno in cui sembra che qualcuno abbia soffiato via la nebbia dallo sfondo: “Eccolo lì, un altro Sony col trucco…”
Mi avvicino: REX.

REX?

Ma REX è Zanussi… Seleco o come cazzo si chiama… questi fanno le lavatrici in Friuli… la tecnologia TV ha gli occhi a mandorla!…
Lo pasticcio, abbasso il contrasto; l’immagine perde ovviamente incisività ma resta perfetta: le foglie dietro alla scimmia sono sempre nitide, se ritorno al contrasto normale posso vederne la struttura e le venuzze, sono letteralmente affascinato dal muro verde…

Finchè la scimmia si incazza e mi dice: “Oh scemo, mi caghi o no?!”
”Eh? Ah, sì, scusa… stavamo dicendo?”

Perdo ancora cinque minuti e capisco che a Pordenone hanno fatto un uovo con due rossi, non ci sono cazzi: REX 1 – Resto del Mondo 0.
Almeno a mio modesto parere.

Faccio un cenno al titolare che arriva solerte: “Allora… deciso?”
“Mah… mica tanto: il Sony è una figata ma ha gli altoparlanti laterali, il 25 pollici non sta nel mobile ed il 21 è piccolo; ci vorrebbe il modello con gli altoparlanti sotto, tipo quel REX lì… Non è che ce l’ha in casa?”
“No… “
Attimo di pausa: “…E il REX, non le piace? Guardi che ha una componentistica eccezionale, è la serie più bella in assoluto…”
“Non è male, l’ho visto… Però… Questi fanno le lavatrici… e poi, ci aggiungo 100.000 lire e prendo il Sony…”
“Ma lei ha voglia di scherzare!” e parte con l’elogio del REX.

Siamo un popolo contadino.
Eccolo lì, il fattore che parla col giovanotto tonto che è indeciso tra chiedere la mano della Sonya, la figlia giovane e bella o quella della Rexa, la figlia più stagionata e racchietta: la prima ha cento pretendenti mentre solo ‘sto sempliciotto ha degnato di un’occhiata la seconda…

“Guardi, il REX è l’unico che ho preso della serie bella, capisco che oltre una certa cifra la gente vuole il Sony; in più, quello che dice lei dovrei ordinarlo (sempre se non vai a comperarlo da un’altra parte…): guardo quanto mi costa il REX e le faccio un prezzo bomba. Che ne dice?”

Preso! 

Pagato e caricato in macchina.
E goduto per 17 anni: ha sotterrato quattro o cinque telecomandi ma lui è sempre lì.

Ora, bella stella, comincia a battere i coperchi: niente di grave, è l’età; un po’ come comincia a succedere a me quando non ricordo il nome di un attore, lui ogni tanto si blocca, si isola dal mondo, non risponde più a nessun comando, non si fila proprio il controllo volume nè cambia canale: avrò mica il televisore autistico?
L’unica cosa è alzarsi, spegnerlo col pulsantone che fa “clak”, contare fino a tre, far la penitenza, far la riverenza, guarda in su, guard… no, scusate, mi perdo sempre…
Basta riaccenderlo e riparte come un treno, fino alla prossima volta, che può essere dopo due ore o una settimana.

Niente di grave, macchè inizio di declino!
È solo come per me, con i nomi degli attori…

Continua.

Dottordivago

Read Full Post »

In casa mia, uno di questi giorni, cercherò di accendere la luce ma sentirò partire un allarme, con una voce metallica che dice:

Attenzione, l’appartamento si autodistruggerà fra trenta secondi…

Oh, gente, il mio mondo sta andando a puttane: il televisore comincia a battere i coperchi, quindi mi serviranno alcuni consigli, visto che di queste nuove tecnologie ci capisco una fantasmagorica fava.
Inoltre, pochi giorni fa si è rotta la macchina espresso…
Oddio!… La macchina espresso!…
Il televisore può attendere, devo divagare.

È con la morte nel cuore che vi comunico la dipartita della mia macchina espresso

Ne do notizia a funerali avvenuti perchè ancora pochi giorni fa mi faceva troppo male, è come se mi fosse morto il cane.
Ciao, Blacky, non ti dimenticheremo mai.

Blacky non era di razza pura ma era una straordinaria bastardella e – ocio, che il primo che ride me lo inchiappetto- era una Black e Decker.
Sì, ridete… Voi non potete capire, voi affascinati dal pedigree di nomi altisonanti…
Blacky è arrivata in casa nostra come un trovatello, portando la gioia, e per dieci anni ci ha dato più di quanto ha ricevuto.

La mia prima macchina espresso non era la mia: era dei miei, quando ancora ero uno sbarbato, ed era una maestosa Gaggia, regalo di Natale di una parente ricca; il caffè non era male, l’unico problema era spiegare a mia madre perchè, con la dose con cui la moka ne faceva quattro, quella ne faceva uno: è la dura legge dell’espresso, bellezza…
No, non era l’unico problema, ce n’era un altro: pur usandola relativamente poco, la pompa durava un anno, il che sestuplicava il costo della singola tazzina; dopo tre o quattro riparazioni è finita in cantina.

Quando mi sono sposato ho pensato: “Nella lista nozze, piuttosto che una Gaggia, metto un vibratore XXL. E neanche per Bimbi: per me”; e così ho scelto una marca che non ricordo.
Alcuni amici hanno pensato che facesse cagare e che io non capissi un cazzo di espresso-casa, così hanno speso il doppio per una Gaggia.

Ecco…

Era il 1992 e la bastarda non è neanche arrivata al primo anniversario: partita la pompa; va beh, rifacciamoci pelare da quel cavadenti di Casagrande, premiata ditta di ricambi in Alessandria.
Dopo un anno ci risiamo, solo che non intendo continuare ad ingrassare il neurochirurgo prestato al settore ricambi: penso seriamente di comperarne un’altra.
Caso vuole che, chiacchierando col mio vicino di capannone, produttore di componenti per macchinette automatiche, scopro che le pompe incriminate le produce lui: complimenti, mò sono cazzi suoi.
Mi dice di portargli la macchina, che me la fa sistemare da uno dei ragazzi: detto e fatto.
“Quant’è?”
”Ma vai a cagare”
”Grazie”

La storia si ripete come la Pasqua: una volta all’anno, giorno più, giorno meno, e tutte le volte me la cavo con un “ma vai cagare” subito ed una bottiglia di vino il giorno dopo.

Nell’estate del 2000, la bastarda schioppa in estate, mentre l’amico è chiuso per ferie: che faccio, aspetto?
No, ne compero un’altra, da tenere come muletto quando quella merda è ferma ai box; ovviamente ne cerco una economica, da usare due settimane subito e due giorni all’anno poi.

E mi viene incontro Blacky.
È in mezzo a due Gaggia, sembra una Panda parcheggiata tra una BMW ed una Mercedes, ma ha un muso carino e mi ci cade l’occhio.
Ve l’ho già detto che sono un pirla?
Mi sembra di sì; così, vincendo la tentazione di rigare con le chiavi le due Gaggia, la porto a casa, ridendo al pensiero che, se non va bene per il caffè, in quanto Black e Decker andrà bene per fare i buchi nel muro…

Metterci l’acqua dentro, collegarla, farci il primo caffè ed innamorarmene, è stata una cosa sola.
Certo, la faccio viaggiare a Illy, ottima miscela realizzata dal comunista più ricco del mondo dopo Fidel Castro, ma lei ci mette del suo: le voglio già bene.
E quella merda di Gaggia finisce nei bidoni.

Abbiamo passato dieci meravigliosi anni insieme: io le davo una pulitina ogni tanto e lei era sempre pronta a ringraziarmi con una crema alta un dito; mai uno screzio, mai un problema.
Gente, dieci anni.

Poi, un brutto giorno, il tempo impone la sua legge tisica: si sbriciola un pezzo di caldaietta, dove si avvita il filtro.
Lancio un urlo, Bimbi accorre, ed insieme realizziamo che la stiamo perdendo; la prendo in braccio e corro come un pazzo da Casagrande: lo so, non dovrei, ma la disperazione fa fare cose folli, sarei disposto a portarla anche dal mago.
Il neurochirurgo prestato al settore ricambi scuote il capo ma io non sento ragioni: stringendola tra le braccia infilo la porta “Laboratorio. Vietato l’ingresso ai non autorizzati” e con le lacrime agli occhi supplico Fabrizio di fare qualcosa; lui comprende il mio stato e con voce dolce mi dice di lasciarla lì, che farà il possibile.

Dopo due giorni d’inferno mi telefona: quasi non ha il coraggio di parlare; comprendo che non c’è più nulla da fare quando mi garantisce di aver provato di tutto, di aver telefonato a chiunque: semplicemente manca l’organo per il trapianto.
Addio, Blacky.

Resto come inebetito due giorni, passati a cercare una Blaky2 in tutti gli elettromarket della provincia e visionando l’intero web, poi mi dico che la vita continua e che chiodo scaccia chiodo: devo farmi coraggio e comperare un’altra macchina.

Caso vuole che io sia abbonato ad Altroconsumo e che proprio il mese prima abbiano pubblicato un test di macchine espresso: individuo quella incoronata come “migliore acquisto” e vado a comperarla.
Sì, va beh… vuoi paragonarla a Blacky? Lei era bella piatta, sopra ci potevi posare gli accessori, mentre questa sembra un cazzone tozzo sul cui glande tondeggiante non ci puoi mettere niente; sembrava che Blacky si procurasse l’acqua da sola, non finiva mai, mentre con ‘sto carciofo nuovo sono sempre lì a metterne, visto che il serbatoio ha la capacità della vescica di un novantenne con una prostata che fa provincia.

Il caffè, poi…
Quella pompetta asfittica spinge da far tenerezza e ti ritrovi con una schiumetta vaporosa che dura un attimo; ripenso alla crema di Blaky: su quella ci mettevo lo zucchero per Bimbi e rimaneva lì dieci secondi…
Lasciamo perdere; sono alla ricerca di un’altra macchina e vi anticipo di risparmiarvi consigli su mille tipi di cialde: non le voglio vedere, non in casa, almeno.

A proposito: vivissimi complimenti ad Altroconsumo, neh?
Va be’ che ho fatto l’abbonamento perchè era scontato del 79% –giuro!- e che, nel prezzo, dovrebbero inviarmi un mp3 e qualcos’altro che non ricordo, ma mi sa che questi, un caffè come si deve, non l’hanno mai bevuto.

Ed ora dovrei parlarvi di televisori?
No, lo faccio domani, ora mi metterò lì a sfogliare le foto in cui io e Bimbi siamo con Blacky: lasciatemi gustare il fascino subdolo della nostalgia.

Dottordivago.

Read Full Post »

Nota dell’autore:
in questa categoria esprimo brevi pensieri in libertà, una specie di limitato firmamento di poche stelle opache.
Più realisticamente, trattandosi di pensieri miei, li considero pensieri/pennellata, come virgole di merda sulle piastrelle dei cessi della stazione.

L’Osservatore Romano ha dichiarato che i recenti attacchi giornalistici sono mirati a colpire e piegare il Pontefice.
Ed io che credevo che fossero loro a colpire i chierichetti quando non si vogliono piegare… 

Dottordivago

Read Full Post »

85In Alien3 questo personaggio veniva chiamato “85” a causa del Q.I. risultante dai suoi test attitudinali.
In effetti, non fosse per il dovuto rispetto ai morti –poveraccio, Alien se l’è mangiato…- ci sarebbe da dire che non aveva proprio il cervello collegato con l’alta tensione. Ma quello era un film.
Il problema è trovare degli “85” nella realtà quotidiana.

Qualche giorno fa, sotto casa mia, un signore gentile ma distratto mi ha bombardato la macchina: il funzionamento delle rotonde, per molti, resta un arcano.
Pazienza, niente di catastrofico; e poi ci sono le assicurazioni: facciamo il CID e aspetto che il perito della mia assicurazione mi chiami.
Mi chiama e ci troviamo.

”Dunque, lei abita in Spalto Borgoglio; la controparte abita in… Spalto Borgoglio; il sinistro è avvenuto in …Spalto Borgoglio. Mmm… non lo trova strano?”
Premetto che io, in un passato turbolento, con le assicurazioni…
No, è meglio se non lo scrivo; comunque, nel settore sinistri, ne mastico…
”Strano? No. Troverei strano che due che abitano in Spalto Borgoglio facessero un incidente in Manciuria”.
”Ma lei, questo signore, lo conosce?”
”Sì, certo”.
”Ah, è un suo amico!…”
”No”
”Ma se ha appena detto…”
”Ho detto che lo conosco: so nome, cognome, indirizzo, codice fiscale, targa della macchina ed assicurazione: lo conosco abbastanza?”
”Ah, non è suo amico…”
”No, non è sufficiente gibollarmi la macchina: per diventare mio amico davvero, dovrebbe anche trombarmi la moglie…”
”…!”
”Senti un po’, bello mio: se pensi che sia un momò sei fuori strada: facciamo ‘sta perizia o parli col mio avvocato?”
”No no, si figuri… È solo che mi sembrava strano…”
”Quando prendo la macchina posso andare dove voglio ma, sia partendo che arrivando, da casa mia ci devo passare, no? La stessa cosa vale per l’altro. Quindi, qual è il posto dove è più facile che ci incrociamo?”
”Ma sa che ha ragione? Non ci avevo pensato”
Perizia conclusa, entro 15 giorni mi fa il bonifico: “85” ma efficiente.

Poi ci sono gli “85” nocivi e quelli, ringraziando la Madonna, li possiamo esportare in tutto il mondo.
Rimanendo casualmente in tema di assicurazioni, vediamo ora una storia di alcuni “85” a tutto tondo, praticamente una banda di babbei.

Settembre 2007.
Rientro dalle vacanze e trovo la memoria del fax piena; ne stampo qualcuno e vedo che sono tutti documenti relativi a sinistri inviati da varie assicurazioni; trovo un paio di numeri di telefono e segnalo la cosa; o meglio, credevo di farlo ma, involontariamente, devo aver detto: “Ops! Mi scusi… ho bevuto un po’ troppo e le ho vomitato sul divano…”. 
Dal tono della loro risposta desumo che deve essere andata così, quindi manco uno straccio di ringraziamenti. E non parliamo di scuse…
Comunque battezzo chiusa la faccenda.

Il giorno dopo ci risiamo.
Non ci sono numeri di telefono ma mando fax di risposta ai numeri da cui i fax sono partiti.
Non mi cagano quanto sono lungo.

Continuano ad arrivare fax ma, finalmente, su uno di questi c’è scritto il nome del destinatario, chiamiamolo Settemmezzo, un perito di Alessandria che conosco vagamente; cerco il numero e ci rimango come un pirla: il mio numero di fax è, poniamo il caso, 123456, il suo 123455.
Lo chiamo e gli spiego, lui mi ringrazia e “si attiva”; il giorno seguente mi spiega l’inghippo: sono tutte assicurazioni del gruppo Reale Mutua; durante le ferie la Compagnia ha apportato “migliorie” alla loro rete interna, solo che il pirla che l’ha fatto ha scritto il mio numero al posto di quello di Settemmezzo: tutto sarà sistemato in un lampo.

‘Sto cazzo.

La musica continua fino a dopo Natale; nel frattempo, a furia di cancellare fax diretti a Settemmezzo, ne cancello pure qualcuno per me, con una serie di casini conseguenti.
Il 3 o il 4 di gennaio Spartacus strappa le catene: telefono ad un amico in Casa Pula, di cui avete già sentito parlare, e mi faccio spiegare a chi rivolgermi: “Vai nell’ufficio XXX e chiedi del caporalmaggiore Lo Tonto”.

Lo Tonto è gentilissimo, gli spiego che io sono 123456, Settemmezzo è 123455 ed espongo tutti i casini: scatta la denuncia.
Il giorno seguente parto per il Brasile.

Torno dopo 15 giorni: il fax è pieno come un uovo, ma potrebbe anche essere roba mia.
Ma mi faccia il piacere!… CID, libretti di circolazione, carte di avvocati…

Ed una perla.
L’ineffabile Lo Tonto è partito come un razzo: ha contattato la Compagnia e convocato Settemmezzo; solo che… “Dove lo trovo Settemmezzo?”
Non è il caso di sbattersi, ha il numero di fax, così lo convoca per chiarimenti.

Solo che manda il fax a me.

Sento una folgore che, passando per il buco del culo, mi colpisce il cervello: chiamo Lo Tonto; mentre il telefono squilla penso che, se questo si mette a fare lo sbirro cazzuto, è la volta che mi inguaio, visto che intendo insultarlo per dieci minuti d’orologio.
Spiego l’accaduto e questo cosa fa?
Per fortuna scoppia a ridere, così mi metto a ridere pure io e mi risparmio una denuncia.
Dice anche: “Ecco perchè il sig. Settemmezzo non si è ancora fatto vivo…”
Lo credo anch’io: non penso che per un fatto del genere abbia scelto di vivere da latitante per il resto della vita.

“Lo rintraccio subito; poi, appena so qualcosa, ti richiamo”
Mi richiama dopo due giorni e lo raggiungo.
Poi comincio a pensare come ucciderlo.
Ora, io non sono il tenente Colombo, però, considerando che il problema nasceva da un errore della Compagnia, avrei mandato uno nei loro uffici il quale, schiacciando un tasto, avrebbe verificato la cosa.
Ed io avrei inoltrato la richiesta danni.

Lo Tonto, invece, telefona alla Compagnia e dice: “È vero che avete inserito un numero sbagliato e che rompete la minchia a uno che intende denunciarvi e mangiarvi la casa?”
”Noi? Ma per carità, non ne sappiamo niente…”
Dopo di che mettono a posto l’errore ed avvisano Settemmezzo il quale, convocato per il giorno seguente, pensa che non è il caso di ripetere a Lo Tonto quello che ha rivelato a me, visto che il pranzo con la cena gliela mettono insieme quegli altri; così dice di non saperne niente e ripete la versione della Compagnia, cioè che si tratta di pochi errori isolati, casualmente commessi da tutte le agenzie d’Italia: può succedere di scambiare un 6 con un 5…

Così la mia richiesta danni me la ficco dove non mi piace.

Ovviamente, per il nostro segugio la storia fila ed il fatto che io gli abbia dato un pacco così di “fax impazziti” non lo desta dal suo sonno perenne.
Forse perchè si stava stirando, allarga le braccia con l’aria di “…a questo punto, cosa posso fare?”
Vorrei rispondergli “Andate a lavorare in una miniera di zolfo in Indonesia, così cominciate a guadagnarvi lo stipendio…”, invece gli suggerisco due o tre modi per verificare che gli hanno raccontato delle balle.
Mi guarda affranto: “Sai, con tutto quello che c’è da fare…”

In quell’ufficio ed in quelli adiacenti non vola una mosca, neanche un rumore di passi o un colpo di tosse come nei musei o nelle biblioteche, tutto sembra cristallizzato: in realtà è tutto deserto, in un posto dove le indagini si fanno con il computer, seduti alla scrivania, non sul luogo del delitto.
Mi rendo conto che sto per inguaiarmi, quindi me ne vado.

Lo Tonto sa di aver fatto tutto il possibile ma vuole darmi comunque un contentino: “Dovresti fare il poliziotto: quelle due o tre idee che hai tirato fuori –e che dovrebbero far parte del suo mestiere- non sono niente male…”

Lo sapevo già: sono un “86”, io.

Dottordivago

Read Full Post »

A proposito di politica, c’è qualcosa da mangiare?
Totò.

bossi-e-figlioCopio e incollo dal Movimento Nazionale “Italia dei Diritti”:
…Il partito di Bossi applica infatti criteri “meritocratici” nello scegliere i propri rappresentanti: essere stato bocciato per tre volte alla maturità ed aver progettato un gioco chiaramente razzista per un noto social network ha fatto guadagnare a Renzo Bossi, figlio del leader del Carroccio, un posto come membro dell’osservatorio dell’ Expo di Milano e come portaborse dell’europarlamentare leghista Francesco Speroni, per il modico stipendio di 12 mila euro.

Quello lì, quello sveglione  nella foto.
Ieri il papà ha dichiarato:

“Mi ha chiesto – ha proseguito Bossi con suo figlio affianco sul palco – se poteva provare. Gli ho risposto: vai vai, se devi andare vai. Sarà poi la gente a sentire se le cose le fai col cuore e con la testa”.

Io, in quanto facente parte della “gente” e dando un’occhiata al curriculum, ho il fondato sospetto che le cose le farà col culo.
Anzi, col cazzo, che le farà: a ventanni ha uno stipendio da manager, a breve arrotonderà con quello da consigliere o galoppino regionale, cosa deve ancora fare?

Totò diceva: “È bravissimo: ha dodici anni ed è già figlio di ferroviere…”
E allora, che dire di ‘sto burattino?
Ha bruciato le tappe: suo papà si è scoppolato anni ed anni di attivismo politico e, badate bene, solo dopo tre o quattro anni che era senatore si è pemesso di imbertare una prima tangente di 250 milioni di lire…
Altri tempi, quando la politica era una cosa seria e la Lega era dura e pura.

Infatti, il titolo non si riferisce al partito di papà, si riferisce proprio a Renzino.
Ragazze in cerca di marito, fateci un pensierino: ‘sto giovanotto, a breve, porterà a casa un ventimila al mese, ufficiali e puliti, senza considerare iniziative personali che, ne sono certo, non mancheranno.
Indubbiamente un buon partito.
E se non cercate marito ma volete entrare nel rutilante mondo delle escort, pensateci: altro che aspettare ore ed ore che faccia effetto il Viagra per poter fare un pompino ad un vecchio politico bavoso… A quell’età avrà di certo la minchia a serramanico, scattante come la lama di un guappo, quindi potete sbrigare la pratica in pochi minuti, anche considerando il fatto che figa ne avrà vista poca –finora…- e che, sotto i ferri, vi starà sì e no trenta secondi.

Pensate al domani: a quanti pompini potranno ancora sopravvivere Berlusconi e la gente della sua leva?
Questo è un investimento per il futuro.

Bastardi, maledetti figli di puttana.
Sto schiumando di rabbia: lo sapete che a ‘sti bastardi io qualche voto, in passato, l’ho dato?
Tappandomi il naso, ripetendomi che erano meno peggio, ma gliel’ho dato.

Sempre Totò diceva:”…e poi dicono che uno si butta a sinistra…”
Il rischio è anche peggiore, e lo dico per tutti i politici: continuate, continuate pure, bastardi, ma ricordatevi questo: brigatisti non si nasce ma le sconfitte prime due generazione di assassini per il popolo potrebbero comunque riprodursi.

Perchè brigatisti si diventa.

Dottordivago

Read Full Post »

Posso?…

Mi permetto di inserirmi in una diatriba nata –e mi auguro già conclusa- tra due amici di queste pagine, in rigoroso ordine alfabetico, Annina Beccaccina e Diegoviola.

Si sono leggermente scornati nei commenti al post precedente e, siccome mi sento in parte responsabile, vorrei dire la mia.
Secondo me, nel primo commento di Dieguito c’era già domanda e risposta: lui dice che i dipendenti pubblici sono per buona parte di provenienza “sotto il 40° parallelo” perchè agevolati dal fatto che “i concorsi avvengono per buona parte in città del sud”; Annina sostiene, invece, che la vera ragione è “che i ragazzi del sud, ai concorsi arrivano seriamente preparati”.

Ora, ben lungi dal credere di possedere “Il Verbo”, penso che si sbaglino tutti e due.
Credo che l’alta percentuale di terùn (Annina, me la passi o t’incazzi?) sia un fatto di pura e semplice mentalità: al sud la pubblica amministrazione è vista come un’ambìto punto d’arrivo, nonchè uno sbocco quasi certo in un posto dove di lavoro ce n’è sempre stato poco, al nord è quasi un ripiego.
Quindi la location è mirata a favorire il maggior numero di potenziali partecipanti i quali, per un semplice fatto numerico, hanno più possibilità di avere il posto.
Punto.

E mò mi sono scassato la minchia e vado con un finale leggero.
Copio el me amìs Storvandre che, tempo fa, ha pubblicato la foto della sua donna ideale.

Io ce l’ho, ed è Bimbi, ma se quand’è uscito “Tutti pazzi per Mary” non avessi già avuto lei, sarei emigrato all’ammerica, non per cercare fortuna ma per tentare di sposare Cameron Diaz.

Cameron  
E non tanto per lei –che… per carità…- quanto per come è in quel film.

Ah, così, già che ci sono, ufficializzo il fatto di aver scoperto come si inseriscono i video.
Lo so, non era difficile, ma consideriamo anche che io sono ignorante come una bestia, neh?…

Annina e Dieguito… e fatevi ‘na cazzo di risata…

 

Dottordivago

Read Full Post »

Older Posts »