Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘sos’

Penso che dovrò archiviare una buona parte dei miei post passati e futuri nella neonata categoria “Song’ ‘o fetente”.
Mi scappa di divagare, giusto un attimo.
“Song’ ‘o fetente” era la frase che ripeteva sempre Lello Arena nella parodia della sceneggiata napoletana, ai tempi in cui, con Massimo Troisi ed Enzo De Caro, dava vita a “La Smorfia”.
Per i giovanissimi dirò che facevano veramente morire dal ridere.
In quello sketch, in tre, interpretavano tutti i personaggi caratteristici della sceneggiata, tipo Isso, Essa e ‘o Malamente, ‘a mamma, ‘o sscem’ ecc. ecc.
Lello Arena era ‘o Fetente, il cattivo, il personaggio negativo per antonomasia.
Arrivava al punto di accoltellare ‘a mamma, alchè gli altri due lo guardavano scandalizzati e gli facevano notare che non si poteva dare una coltellata alla figura della mamma, era contro ogni tradizione teatrale. Lui rispondeva sempre “sì, ma i’ song’ ‘o fetente” e giustificava il gesto spiegando che se non le faceva lui certe cose, chi doveva mai farle?

Quindi, ogni volta che affronto un argomento imbottito di retorica o di politicamente corretto -brrr… non posso credere di averlo detto…- e dico ciò che molti pensano e nessuno dice, divento ‘o fetente: se non le dico io, certe cose, chi le dice?
Forse vivo male, forse sono insoddisfatto; o forse sono solo una testa di cazzo.
Sicuramente non sono un ipocrita, e dico ciò che penso.
Chiudo la divagata e vi presento il fatto.

Sempre meglio che pagare con la vita. Avranno pensato questo Walter Nones e Simon Kehrer, i due alpisti sopravvissuti alla spedizione sul Nanga Parbat, nel luglio scorso, in cui perse la vita il loro capo-spedizione Karl Unterkircher. I due sportivi, però, ci sono rimasti male lo stesso, quando il soccorso pakistano che li recuperò gli ha presentato un conto da 33.500 euro proprio per quel salvataggio. “Non ci aspettavamo di dover pagare tanto per un soccorso che non avevamo neppure chiesto”, spiegano Walter e Simon. Agli alpinisti era stato detto di non preoccuparsi, perchè le spese per il soccorso sarebbero state pagate dall’assicurazione e dalla Farnesina. Poi la scoperta: l’ambasciata italiana a Islamabad appena ha ricevuto il conto l’ha girato ai due alpinisti e l’assicurazione austriaca non paga perchè la scalata alla parete Rakhiot era una prima assoluta, quindi ad alto rischio. “Ci sentiamo cittadini di serie B – dicono i due – noi stavamo tentando una vera impresa alpinistica che portava onore al Paese. Pagheremo per non essere additati come quelli che sono stati salvati con i soldi dei contribuenti italiani”.

Visto che sono un casinista, partiamo dalla fine: uno che va a scalare una montagna ci va per soddisfazione personale. Punto.
Poi ci va perchè ama la montagna. Due punti. Ma sì, abbondazio abbundandum, non ci facciamo conoscere… (Grazie, principe De Curtis)
In questo caso particolare, poi, ma forse sono cattivo, ci va con le spalle coperte da una serie di sponsor o di gruppi sportivi Fiamme di qua o Fiamme di là che provvedono, economicamente, a volo e logistica.
Quanto al “portare onore al proprio paese”, in questo tipo di impresa, sono convinto che conti quanto il diritto all’informazione per un giornalista che insegue uno scoop, o l’arte per uno che incide un disco: alte motivazioni per fini molto più terricoli.
Le parole stanno a zero: se ti lanci in un’impresa del genere devi sempre tenere conto della regola n° 1: non te l’ha detto il dottore.
Ce n’è pure un’altra: chi va per questi mari, questi pesci piglia.
Quindi, alle falde del Kilimanjaro ci vai col culo coperto da un’assicurazione coi controcazzi, del tipo “se perdo la piccozza me la paghi”. Questi si fanno l’assicurazione in Austria e, nonostante abbiano dei cognomi tipo marca di elettrodomestico, non sanno leggere le clausole in tedesco?
Ci sarà scritto da qualche parte ” l’azzikurazionen non kopre scalaten ad alto riskio”, no?
Non è che puoi andare sul Nanga Parbat con la Polizza del Capofamiglia, quella che se il cane morde il vicino, qualche cento euro glieli danno…
Poi dicono che il soccorso non era richiesto: e allora potevano scendere col cavallo di S. Francesco.
Salvo poi salire sull’elicottero quando gli hanno detto che pagava la Farnesina: si scrive così, ma si pronuncia che un euro ce lo metto io e tutti gli altri voi che leggete ed i nostri connazionali.
Non sono cose da dire? Ma io song’ ‘o fetente…
Oh, sia chiaro: non sono contento che sia scoppiato il bottiglione della merda su quella cazzo di montagna, ok? E sono contento che abbiano portato a casa le chiappe.
Chiuso l’incidente, ora ci allarghiamo.

Pochi giorni fa, ma è già successo mille volte, non so quante persone hanno lavorato giorni per tirare fuori da un buco una speleologa che stava per fare la fine del topo: chissà chi ha spianato il conto?
Tirarla fuori era sacrosanto, ma se la signora non aveva un’assicurazione, mi dispiace per lei, ma non è giusto che la comunità paghi per un suo passatempo finito male: “Come ti senti? Tutto a posto? Stai bene? Ok, caccia i soldi.
Faccio un esempio diverso, e chiedo il conforto di Misterpinna, la cui autorevolezza in tema di cose marittime è riconosciuta in tutto il mondo.
La prima regola di chi va per mare è aiutare chi si trova in difficoltà.
Ora, se una nave se la sta vedendo brutta lancia l’SOS. Sapete cosa dice chi lo riceve? Domanda se il comandante accetta il Contratto Standard dei Lloyd’s di Londra, che regola in tutto il mondo queste faccende. In questo modo il comandante si impegna a nome dell’assicurazione o dell’armatore a far fronte ai costi del recupero: è ovvio che è riferito al salvataggio dei mezzi, mentre quello delle persone è scontato.
Quindi, salvo l’obbligo di salvare delle vite, il resto è solo una questione di soldi: se sei assicurato, o sei coperto di tuo, non ti faccio neanche bagnare i piedi, altrimenti ti salvo, ma la nave va a far compagnia ai pesci.
Questo a grandi linee, daltronde il motto di questo blog è “l’approssimazione al potere”.
E se questo vale per chi in mare ci lavora, non vedo perchè non debba valere per chi si studia delle grane per divertimento: io ti salvo comunque, ma poi ti presento il conto; e se non sei assicurato, o ricco di famiglia, ti mangio la casa, sempre per la famosa storia che non te l’ha detto il dottore.

Non sono ancora soddisfatto.
Anni fa, stavo pisolando in pineta a Punta Ala quando vengo svegliato da un botto tremendo; nella mia lunga ed avventurosa vita mi era già capitato due volte che un fulmine cadesse a poca distanza da me, ed è uno di quei rumori che non confondi con nientaltro.
Sento urlare in spiaggia, ad un centinaio di metri, e parto come un matto; lì c’è Bimbi con i nostri amici: per fortuna sono le prime persone che incontro.
Il fulmine, giuro, a ciel sereno, aveva colpito una donna in una spanna d’acqua: lei ci ha lasciato il pacchetto ed altri tre o quattro erano discretamente suonati; so praticare massaggio cardiaco e respirazione artificiale, per cui mi avvicino, quando mi accorgo che arrivano di corsa tre pompieri, su cui avevo sì e no dieci secondi di vantaggio e lascio fare a loro: se posso scegliere, la carne bruciacchiata la preferisco sul barbecue…
Arriva un altro pompiere, a cui dico:”Certo che in questo posto ci sono pompieri coi controcazzi…”
Risposta:”L’è pperchè sc’hanno ‘hiamato a ttirà sgiù ‘n gatto da ‘n albero e stavamo qquà”. 
Meno male. Poi mi incuriosisco e, passata l’emergenza, domando al pompiere quanto costa un recupero gatto da un albero; mi risponde che di preciso non lo sa, di solito non prendono niente.
Vorrei dire una cosa: se il fulmine avesse colpito a dieci km di distanza, i soccorritori sarebbero stati lì su una pianta a dire “micio… vieni qua… micio…”
A gratis, come si dice da noi.
Ora, il tuo gatto sale su una pianta e non sa più scendere? Hai quattro opzioni:
1) lo lasci lì;
2) vai a prenderlo;
3) chiami i pompieri e li paghi;
4) mi procuri un fucile e te lo tiro giù in un attimo.

Ultima cattiveria.
“Le Due Simone”, ve le ricordate? Le due “volontarie” rapite in Iraq nel 2004 e liberate grazie ad un riscatto di 900.000 euro? Più tutti i costi per le indagini, le ricerche, gli aerei che andavano avanti e indietro come le macchine a ferragosto da Roma a Bagdad.
E non è che il sottosegretario a ‘Sta Ceppa di Minchia cerca il volo Ryan Air su internet; no: se va male, si fa coccolare dall’Aeronautica Militare; se va bene, stuzzichini e bollicine su un Gulfstream.
Tutta roba che, già di suo, costa come il pepe; se poi paga Pantalone, aggiungete uno zero finale al conto.
E ne partiva uno tutti i giorni.
Più quello, aggiungo io, passato sottobanco agli amici degli amici, più quello che rimane inesorabilmente attaccato alle dita di chi maneggia denaro.
Quelle due ci saranno costate trenta o quaranta milioni, e vi ricordo che la valuta in questione è l’euro, non il won coreano.
Sapete come vengono definite quelle due dalle persone intellettualmente oneste, o che non hanno portato il cervello all’ammasso, o semplicemente con un po’ di buon senso?
Due cretine.
O due furbacchione.
Se ne stavano a Bagdad a piangere per i bambini iracheni con uno stipendio, mai chiarito, di sei o ottomila euro mensili, più vitto e alloggio.
L’incarico? Andare a distribuire due carezze davanti alle telecamere; il lavoro sporco di curare e nutrire era svolto dai militari o loro collaboratori, o da gente dello stampo di Emergency.
Quell’incarico l’hanno fortemente voluto e cercato con raccomandazioni e conoscenze, e nessuno le ha obbligate ad andare in quel buco di culo di città.
I loro amici estremisti le hanno rapite ed i loro nemici occidentali gli hanno salvato il culo.
Vabbè, non si poteva lasciarle ammazzare, è chiaro.
Però, in un posto così ci vai se ci vuoi andare, e ci vai a spese tue, non che paghiamo noi prima, durante e dopo. Allora sì che andresti con convinzione a fare qualcosa di utile, e non a prendere uno stipendio che, con le loro capacità, in Italia avrebbero preso in sei mesi, facendo un lavoro vero.
Anche se il non sapere fare un cazzo in Italia è molto apprezzato e molto ben retribuito.

Ah, dite che sono una merda? …Come?… Un egoista di merda?
Semplicemente, song’ ‘o fetente.
Caso mai, cari ragazzi, è il ’68 del cazzo che ha cambiato voi.
Per millenni la regola è stata “ognuno per sè e Dio per tutti”, chi sbagliava pagava di persona, ed era raro che qualcuno lo aiutasse, se non la famiglia.
Oggi aiutiamo tutti, purchè abbiano fatto qualche cazzata: vittime del no limits, sfigati degli sport estremi, avventurieri avventati,  raccoglitori di margherite sui campi di battaglia, tossicodipendenti, disoccupati a vita, dipendenti Alitalia.
Poi ci sono il Meridione ed il Terzo Mondo, per cui dovrebbe valere la storiella di “non regalare pesci ma insegna a pescare”; noi, invece, continuiamo a bombardarli di soldi.
Per contro, ignoriamo chi cazzate non ne ha fatte, ma ha più bisogno d’aiuto di altri, vedi vecchi e malati: categorie che non sono andati a cercarsela.
Con i soldi spesi per quelle due inutili stronze, a quanti anziani avremmo potuto garantire cure adeguate o una fine dignitosa, in strutture dal volto umano e non in puzzolenti lager?

Eppure qualcuno mi scriverà un sacco di parole alate sulla cooperazione e la solidarietà:vi dico l’ultima, poi tutti a nanna.
Chi sono i più grandi sostenitori della cooperazione?
I politici.
E chi mette in cima a tutto la solidarietà?
I preti.

Vedete un po’ voi.

Dottordivago.

Read Full Post »