“Stavo meglio io”, dicevo alla fine del post precedente.
E stavo meglio sì, stavo… Sono sempre stato circondato da amore, attenzioni e insegnamenti che per me, oggi, valgono più di montagne di regali, metri quadrati di iPhone, vacanze fighissime. Certo, a volte mi sarebbe piaciuto avere un sacco di cose che vedevo addosso o a casa di alcuni miei amichetti… Ma per me, per noi, intesi come bambini dell’epoca, la rinuncia a una cosa in seguito al garbato e fermo diniego dei genitori, veniva smaltita con un “…però Tizio ce l’ha… uffa…” e morta lì, non dava la stura a urla, scenate o gesti inconsulti come quello riportato dai notiziari in questi giorni, cioè il ragazzino che si è lanciato dal quarto piano perchè il padre gli ha spaccato la Playstation come ritorsione per un brutto voto.
Da noi certe scene non si facevano, la mia era una famiglia pragmatica, impregnata di quel rassegnato ma orgoglioso buon senso di una volta.
Contadini con delle discrete pezze al culo i miei nonni paterni, più in carne e piccoli imprenditori quelli materni, sarta la nonna e falegname il nonno, da cui il soprannome della mia famiglia, a Cuccaro Monferrato: “cui dal mesdabosc”, “quelli del falegname”.
Eh sì, io ero “Carluccio dal Mesdabosc”, un appellativo dalle assonanze medievali con un tocco di lingua d’oc, dato dalla maccheronica interpretazione del “maître de bois” d’oltralpe, un bel nome per un cantastorie.
Ah, a proposito di soprannomi… Mio padre è nato a Solero, a 10 km da Alessandria e la sua famiglia era quella “du Tabacòn”, “del Tabaccone”, la cui etimologia deriva da un mio bisnonno consumatore compulsivo di toscani e tabacco da masticare.
Quindi io sarei “Carluccio du Tabacon e dal Mesdabosc”, nome che, me ne rendo conto adesso che l’ho scritto, sento più mio di quello che uso tutti i giorni e che compare sui documenti, forse perchè quello anagrafico è il nome del corpo, mentre “Carluccio du Tabacon e dal Mesdabosc” è il nome dell’anima.
Insomma, tornando alla mia famiglia, era gente che le cose non “le conosceva”, più che altro “le sapeva fare”. Oggi io so molte più cose, perchè le ho lette o viste, loro conoscevano meno cose ma le sapevano fare tutte.
Sarebbero sopravvissuti ovunque.
Mia madre conosce qualsiasi cosa commestibile che possa crescere in un prato, fosso, dirupo o scogliera. O orto incustodito.
I miei nonni, e un po’ meno i miei genitori, visto che oggi molte capacità non servono più, sapevano seminare, coltivare, raccogliere, trovare, allevare, uccidere, cucinare, conservare, costruire, cucire, mangiare. O stare senza.
Sarà per quello che mi è rimasto il gusto di fare le cose e una specie di rifiuto per le teorie, qualsiasi esse siano, dallo studio alle filosofie varie.
Diciamo che, con le radici piantate in un terreno simile, da me nessuno si sarebbe aspettato una grande apertura mentale e che, se fossi rimasto un mezzo gnugnu, nessuno se ne sarebbe scandalizzato.
Ma io ho avuto il Prevosto, che vi consiglio vivamente di andare a conoscere sul link, se non ne avete mai sentito parlare.
Patrimonio incalcolabile dell’umanità, vero terreno di coltura per una mente in via di formazione come la mia in quegli anni: se solo non fossi stato portatore del “gene Strita”, con gli insegnamenti del Prevosto (e, concedetemelo, con la mia potenzialmente buona dotazione di serie) chissà dove sarei potuto arrivare.
Ok, l’ho tirato fuori e mò mi tocca:
Il “Gene Strita”
“Strita” è il cognome di mia madre, prima ancora di mio nonno, figlio di mio bisnonno, figlio di… Non si sa, era un trovatello.
Tirato su, in quel di Vercelli, dalle suore che se lo sono ritrovato sugli scalini, è già stato fortunato che come cognome non si è beccato il classico Servodio, Pregadio o Diotallevi ma il più laico “Strita”, scelto perchè era il giorno di Santa Rita ed anche perchè –non si sa sulla base di quale ricerca, forse esisteva un librone dei cognomi di padre e figli cristiani, un elenco da cui non attingere per battezzare i bastardi- fino ad allora, come cognome, non esisteva; almeno questa è la storia che gira in famiglia.
E devo dire che a distanza di quasi un secolo e mezzo (mio nonno era del 1904, quindi suo padre aveva salde radici nell’800), il cognome “in provetta”, creato non in laboratorio ma in sala preghiera di un convento, tiene ancora duro: l’ho digitato su Google e… niente, tuttalpiù qualche accenno a “St. Rita”.
Non so come e perchè, ma il bisnonno è arrivato a Cuccaro Monferrato, vicino ad Alessandria e ad una cinquantina di km da Vercelli, percorrendo una distanza siderale, per quei tempi.
Morale, lì si è sposato e riprodotto, trasmettendo ai discendenti una tara terribilmente puntuale che, a differenza di altre tipo Down, nanismo o diabete, che saltano qualche generazione, questa non ne sbaglia una. Nel dubbio, io e mia sorella, ultimi portatori (lei sana) del gene, non ci siamo riprodotti, abbiamo agito come Ripley in Alien 3, quando si lascia cadere nell’altoforno, trascinando con sè l’ultimo esemplare della spietata creatura, quello che lei porta in grembo.
Come per il mostrino, anche per il nostro gene il mondo dovrebbe stare tranquillo: è devastante ma poco fertile.
Anzi, no, è pigro pure a riprodursi, che è diverso: il trovatello ha fatto due figli maschi, uno non si è riprodotto (scapolo), l’altro sì, ma con due femmine, quindi il cognome è già bello che andato, di cui una non si è riprodotta (zitella), l’altra sì, mia madre.
Di me e mia sorella abbiamo già detto, quindi la malapianta del Gene Strita è estirpata. Salvo che io abbia lasciato qualche ricordo in giro per il mondo, di cui non sono a conoscenza: immaginate questa possibilità come il finale di centinaia di film in cui, con l’ultimo fotogramma, si capisce che l’incubo non è finito…
Il gene Strita determina pigrizia, inconcludenza e una spiccata predisposizione nel raccontare balle, tutte cose che non contribuiscono a formare un bel quadro. Infatti, quando litigo con mia madre, finisco sempre per dirle: «Non ci provare, non ci provare proprio con me, visto che siamo uguali e che pensiamo le cose contemporaneamente. Non ci devi provare, lo sai che ci ho messo trent’anni per non diventare come te…»
E dico davvero; purtroppo me ne sono accorto tardi, dopo i vent’anni ma quel voler essere diverso da mia madre, di cui stavo diventando un clone, è l’unica cosa in cui mi sia realmente impegnato nella vita; e ci sono riuscito solo in parte.
Sono sempre pigro e inconcludente ma, almeno, ho smesso di essere bugiardo o ipocrita.
Il Gene Strita, per fare un esempio, in gioventù ti dà l’incapacità patologica di tenere la testa su un libro di scuola, salvo fartene divorare altri mille, purchè trattino argomenti che non ti lascino nulla e, nel caso contrario, che quel poco che ti rimane non serva a un beneamato cazzo per il resto della tua vita.
Crescendo ti lascia una stupefacente capacità di non arrivare alla fine di nulla, spesso neppure iniziare nulla e di passare giornate intere senza fare nulla, salvo roderti l’anima pensando a tutto quello che dovresti fare.
Il Gene Strita non è il virus dell’ebola, piuttosto è il detonatore mancante in un blocco di tritolo, è l’ossigeno sottratto al motore di un dragster, potentissimo ma incapace di avviarsi.
“L’Approssimazione al Potere”, che costituisce il motto del blog, è una delle deviazioni indotte dal Gene Strita, almeno è uno degli effetti che ha su di me.
Per i miei vecchi, conviverci era più semplice, la loro vita richiedeva un diverso approccio. Più fortunata è stata mia sorella, ne è immune, è troppo simile a mio padre, un blocco di concretezza, anche se oggi la storia è un po’ cambiata: trenta e passa anni da dipendente comunale, agendo dall’esterno, hanno avuto su mia sorella degli effetti che ricordano lontanamente quelli indotti dalla nostra tara famigliare (famigliare, sì, con la “g”: se scrivo “famiglia”, scrivo pure “famigliare”, chiaro?); diventare lavativi e nascere non è la stessa cosa ma è un po’ come prendere tanto sole invece di nascere negri.
Oddio! Un flash terribile!
Ecco il finale di cui parlavo:
E se mio bisnonno avesse avuto dei fratelli?
Continua.
Dottordivago
E da dove arriva il gene che ti porta a mangiare qualsiasi cosa di commestibile che ti passa sotto il naso? Doc sei un grande…. quando descrivi i tuoi primi anni li rivivo perché anch’io li ho vissuti cosi.
Oltre al resto, sei millantatore. Chiami con il nome di tua mamma una malattia diffusa come il raffreddore. Io l’ho presa intorno ai 14 anni, e non se n’é mai andata (prima poteva essere benissimo che ci fosse, ma non potevo accorgermene: pur non studiando praticamente nulla, fino alla terza media ero considerato un primo della classe. Poi al liceo ci hanno pensato i Fratelli delle Scuole Cristiane a spiegarmi, tranquillamente, che ero una merdaccia che doveva faticare per ottenere). Tu parli dei libri; io ci aggiungo la tv, la musica e il cinema, la fantasia a briglia scolta, ed ecco che uno che avrebbe avuto il tempo di prendere tre lauree lavorando ne ha conseguita una, di media difficoltà, con fatica. Faccio fatica a ricordare gli articoli del codice ma (solo per rimanere entro un’area specifica) da Goldrake a Doraemon, per dire, copro tutto. Non so se hai anche tu questa tara: io non riesco a non interessarmi ad una trama, purchessia. Ho provato a capitare su C’è posta per te, e se la De Filippi sta raccontando l’ennesima saga di stracci in famiglia, io devo sapere com’è andata. Mi scoccia persino non sapere come si risolvono le situazioni di Peppa Pig, se comincio a vederlo. E’ una condanna, credimi.
Mi dai del millantatore ma io, da parte di mammà, parte di cui non ho lasciato per strada neppure un… bosone di DNA, posso mettere sul piatto una stirpe di lavativi di cui io rappresento l’ultimo (e se Dio vuole, l’ultimo davvero) rampollo, una dinastia di fagnani a cavallo di tre secoli.
Posso copiare e incollare la tua storia: tra i primi della classe finchè non si faceva sul serio, mediocre con qualche picco prestazionale, dopo.
Per quanto riguarda le distrazioni, ho citato i libri in contrapposizione ai testi scolastici ma, ovviamente, ho imperversato in ogni campo dello scibile del lavativo, più che sui libri, e l’unica differenza sono i personaggi, tipo i supereroi della Marvel piuttosto che Goldrake, per cui ero già vecchierello.
Anche sulla laurea ti straccio: ho dato qualche esame finchè si trattava di complementari, al primo “serio” sono sparito.
Dissento su De Filippi e similari: roba da orticaria istantanea, mi viene proprio l’anatema cutaneo…
Presa in pieno anche tutta la Marvel, ovviamente.., sono carente – lo ammetto – sul fronte DC
Dimenticavo: lo sport! Aggiungerei la figa, ma lì erano più che altro buone intenzioni.
Ecco, sulla figa, invece…
Non dico un Camagna, però…
vedi come s’intrecciano le storie, io ero più bravo con lo sport che con la figa, però visto che non gioco più a calcio, tennis e non nuoto più…. se devo guardare un evento sportivo preferisco tenere la tv spenta e puntare la punta del pisello verso nord…….sempre che ci sia del materiale nelle vicinanze altrimenti divento un falegname e lavoro di sega e questo non è bello, non è bello!!
Dalle mie parti si dice:” manco te fe e manco te farissi” ovvero meno fai e ancor meno faresti. Bene, io sono il re dell’ozio inteso come non fare un cazzo in casa, mi prende proprio male ogni tipo di fatica che mi coinvolga in qualcosa che non verta nella corsa o nella bici. La parte in cui dici ” che i tuoi vecchi sarebbero sopravvissuti perché sarebbero come mangiare riconoscendo ogni tipo di proprietà commestibile” è la pura verità.
Dottore, ormai sono grave.
L’altra notte ho fatto un sogno di cui non ricordo quasi nulla… tranne il fatto che l’intero sogno era sottotitolato, ed i sottotitoli che leggevo erano estratti dal tuo blog.
In pratica, hai scritto un nuovo post dentro la mia testa e io l’ho generato sognandolo.
Se mi ricapita, giuro, mi disiscrivo dal tuo blog!!! 😀
Quindi, oltre che “Blogger per signora” posso considerarmi anche una versione inoffensiva e cazzona di Freddy Krueger?
più che colpa del dottore andrei ad analizzare le pinte di birra che hanno accompagnato il pesante menu ingurgitato la sera prima dalla signorina in questione…..
Ma taci vah… che a ripensarci, ne ha dell’inquietante!!! O__o;
fratelli del nonno cingetevi a corte, per vedere un altro Carlo siam pronti alla morte.
Tu non ragioni in modo quadridimensionale, Marty.
Questo pianeta sarebbe troppo piccolo per due lavativi del genere, una tale massa di fagnaneria disturberebbe il continuum spazio temporale e potrebbe portare alla distruzione dell’intero Universo.
Anche se devo riconoscere che si tratta dell’ipotesi più pessimistica.
(cit. “Doc” Emmett Brown)
Bravo El Gancho.
Se il trisnonno stregone, pardon (siamo lettori del Comandante Mark), se il bisnonno Tabaccone avesse avuto dei fratelli, la saga passerebbe di colpo al quarto capitolo: «Alien. La clonazione».
Vedi che non stai attento? Potresti fare bene ma non ti applichi!
Il bisnonno lavativo era il capostipite dei Mesdabosc, non il Tabacòn.
Alla prossima ci scappa la “nota sul diario”, chiaro?
“Mannaggia la rima con Gringo”, in questo caso con il trisnonno stregone (di Gufo Triste).
Per i pischelli come Ale:
Errata còrrige: “Per i pischelli come Alee”, con doppia «e» finale (nella versione più recente): non vorrei che ci scappasse sùbito la nota sul diario.
Con Gringo ti becchi l’encomio, altro che nota…
Carluccio dal Mesdabosc, non ci credo, un pò nastalgico oggi ho scritto sul “gugle” carlo strita, tentando a sentimento il cognome, e mi esce “tutto”, come fare 13 al totocalcio ! Mesdabosc, Cuccaro, il Prevost (l’immenso, ineffabile e mai dimenticato Don Caprino), una boccata di spensierata gioventù… Mi dirai, ma chi sei ? Mariolino d’la Linda Novelli in Pelissetto. Rimembri ancor ?
Azz!
Ciao Mario, gran bella sorpresa. E non scherzare proprio: vuoi mica che sia necessario spiegarmi chi sei?
Ho cliccato sul tuo nome, che rimanda a FB, ma vedo che non ci passi da un paio d’anni, quindi non ho scritto niente ma lo faccio fra due minuti, nella speranza di beccarti.
Io qui ci passavo parecchio tempo, adesso sono un po’ in crisi: da qualche mese (e diciamo pure nell’ultimo anno) sono incapace di affrontare un argomento per più di cinque minuti, quindi cosa mi metto a scrivere? Il titolo?
Passo un sacco di giorni senza neppure aprire questa pagina e se lo faccio penso a un tot di persone fantastiche che mi sento di avere un po’ tradito, così mi viene il magone.
Speriamo mi passi ‘sta botta di… di non so cosa, più che altro perché qui, il primo che si divertiva, ero io.
Spero che tu torni qui a leggere; nel caso, contattami su FB, dove il botta e risposta è più rapido e un giro ce lo faccio tutti i giorni, principalmente perché reclamizzo la mia ditta…
A presto.
https://www.facebook.com/carlogallia.copsserramenti