…che ieri, dopo aver letto il finale “…ma toccherà parlarne domani…”, avete detto: «Seee… domani…»;
care facce di merda2 che il finale di ieri manco l’avete letto perchè non mi cagate più quanto sono lungo e passate di qua solo se nessuno vi ha twittato una fava e/o non avete voi una fava da twittare;
care facce di merda3 che non avete letto il post di ieri semplicemente perchè state facendo un ponte da sabato 20/04 a domenica 05/05 e “guarda, in albergo c’era un wi-fi vergognoso”;
be’, cari tutti quanti, eccolo qua: il Dottordivago-due giorni-di-fila, come ai bei tempi in cui avevo tempo di avere tempo.
Poi, per concludere il lavoro di segreteria:
marca “bravo” al Camagna che ieri sera mi ha paragonato a Ken Follett (e faccio finta di non avere capito che mi leggi perchè, a differenza di Ken, da me è tutto gratis…);
marca “stai attento” a MarcoVal che ieri, su Feisbuk, ha scritto
Allora, MarcoVal, ascoltami bene: se ti becco ancora a scrivere “followare”, ti do un calcio nella portiera della macchina, va bene?
Ti cerco, ti trovo e ti do un calcio nella portiera della macchina: non è una minaccia, è una promessa, come diceva il sergente Markoff in “Beau Geste”.
Ok, torniamo all’ ingenuità vacanziera degli anni 70.
Sembra incredibile ma, ancora nella seconda metà degli anni 70, a Borghetto SS c’era anche un turismo agiato e benestante, se non addirittura ricco.
Tipo il famoso “editore” di pornacchioni, padre di F., l’unica diciottenne italiana affamata di cazzi come una trentenne caraibica, veramente una malata.
Che io, peraltro, mi premuravo di curare in ogni modo, con risultati notevoli, tranne la volta in cui ho scoperto la riserva speciale del padre, un piccolo congelatore pieno di Biancosarti, l’aperitivo vigoroso: francamente non so perchè “aperitivo”, mentre per dare un senso al “vigoroso” intervenivano i 45° alcolici. Ricordo solo che ghiacciato a 25 sottozero era uno spettacolo.
Di quella giornata ricordo anche di aver praticato un intervento di primo soccorso alla malata, nel senso che se non la ciulavi nei primi 30 secondi dal “ciao, sei sola?”, le scoppiava la patata. Poi le ho praticato un richiamo come per l’antitetanica, per stabilizzare la paziente dopo di che, purtroppo, è avvenuta la scoperta del Biancosarti.
Terrazza vista mare, sole, aperitivo vigoroso ghiacciato… insomma, ne ho scoppiato una bottiglia e credo di essere svenuto a metà della terza fase della terapia.
Incazzata a morte perchè il giocattolo aveva finito le pile, la dolce F. mi ha:
- rivestito
- trascinato in ascensore
- trascinato fuori dal portone
- abbandonato sul marciapiede
- tolto il saluto
Mah, forse è stato meglio così: anche se teoricamente la paziente era lei, un giorno o l’altro le sarei rimasto sotto i ferri, a ‘sta matta…
Eh sì, c’era gente strana, in quegli anni.
Talmente strana che arrivavano addirittura alcuni turisti stranieri.
Ok, era tutta gente che veniva truffata, ne sono sicuro, infarloccata da qualche operatore che mostrava foto delle Cinque Terre e li spediva a Borghetto SS.
Oddio, molti erano olandesi… Avete presente le spiagge olandesi, sì?…
Vanno giusto bene per le pubblicità del Nescafe, tipo quella della gnoccolona in terrazza, sulla sedia a dondolo, gambe raccolte e piedi nudi, avvolta nella coperta mentre sorseggia il bibitone caldo e mira l’infinito, che è rappresentato da nuvoloni tutt’uno con un mare grigio degradante in un pantano che diventa i due km di spiaggia su cui sorge la casa della tipa.
Quindi, prima mettiti le calze, che prendi freddo; poi, quando decidi, vieni a Borghetto, va’, che è sempre meglio di quel posto lì…
Effettivamente, per quei turisti si trattava di mezza truffa, nel senso che confrontata alle loro spiagge, quella di Borghetto sembrava Playa Sirena a Cayo Largo e pure i Pantani Padani alla foce del Po ne uscivano bene.
Ma non riesco a togliermi di mente le lacrime di Allison.
Pensa che dopo quasi quarant’anni mi ricordo ancora il nome completo: Allison Mc Neal. E se allora il suo mi ricordava un nome da sceriffo, tutto il resto mi ricordava che la natura può essere davvero meravigliosa.
Allison era bellissima, no, di più, era… un sogno.
Sgomberiamo subito il campo dagli equivoci: non l’ho toccata con un ditoCOGLIONECOGLIONECOGLIONECOGLIONECOGLIONECOGLIONE.
Io avevo 17 anni, lei uno di meno, però abitava a New York ed era un momentino più sveglia di me, intendendo “di me come sarò l’anno prossimo, a 54 anni”.
Era già stata dappertutto, aveva già visto tutto, i suoi genitori sembravano usciti dalle foto della Notte degli Oscar, gente da Red Carpet.
Trombati da un tour operator.
Borghetto era una tappa del loro giro d’Europa di un paio di mesi e ci sarebbero dovuti rimanere un paio di giorni, una tappa tra la Costa Azzurra e Genova, prima di calare a sud.
Arrivati a bordo di una Mercedes noleggiata a Ventimiglia, non si sono neppure preoccupati per il pacco: tempo di fare due telefonate e sarebbero ripartiti per un luogo che li meritasse. Per muoversi più liberamente, il padre di Allison aveva spedito moglie e figlia nella prima spiaggia vicino a dove avevano parcheggiato e si era fiondato in un’agenzia che millantava un ottimistico “english spoken”.
La spiaggia in questione erano i Bagni Nettuno, dove io facevo i primi timidi ingressi fraudolenti, visto che i miei, dopo qualche anno di gavetta in spiaggia libera, si erano piazzati ai Bagni Marina, uno stabilimento vecchio stile, il che, parlando della Liguria anni 70, significa che per un pelo le donne non facevano il bagno con i mutandoni e il cappellino.
Quando me la sono vista davanti… ancora un po’ e scappo.
No, dai… “bella” va bene, “bellissima” meglio ma così… così è troppo!
L’ho seguita e contemplata mentre entrava in acqua e mentre ne usciva, senza osare rivolgerle una parola, fino a quando si è diretta al bar, dove l’aspettava la madre, per bere qualcosa.
Dunque, il personale dei Bagni Nettuno aveva una buona dimestichezza col savvonnese e grossi problemi con l’italiano, mentre una qualsiasi lingua straniera era trattata come i rumori del fax: gli vedevi proprio il fastidio dipinto in faccia.
Col mio inglese scolastico da “de buc in on de teibol” non ho esitato un attimo: «Can I help you?» e mi sono guardato intorno per vedere se mai c’era qualcuno che rischiava di saperne più di me…
Nessuno?… Dio benedica l’ignoranza.
Al che mi sono girato e… AAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHH………………
Sono caduto in quegli occhi.
Era… era… va be’, voglio spiegarmi bene:
era talmente bella che non l’ho mai associata ad un turpe desiderio, non l’ho pensata neppure nel corso di una pippa, non l’ho mai sfiorata neppure col pensiero.
Mi sono spiegato, adesso?
Andiamo avanti. Il mio problema con l’inglese è che sono incredibilmente portato per tutti i dialetti e gli accenti, ho una pronuncia spettacolare; addirittura, anni dopo, a seconda dello stato USA in cui mi trovavo, acquisivo la cantilena tipica del luogo. Una volta al bar Moderno, in Piazzetta, parlavo con una americana di passaggio e un mio amico mi ha detto: «Ma sei scemo? Parli come Heather Parisi…». Una specie di Zelig, insomma.
Il problema è che lo studio non è mai stato il mio forte, così la grammatica era disastrosa e non era raro che uno straniero di lingua anglosassone pensasse di parlare con un connazionale, però scemo o dislessico.
Infatti Allison, felice di aver trovato un buon selvaggio, ha parlato a raffica per trenta secondi, discorso di cui io ho capito:
capelli biondi-biondi-biondi-ma-quel-biondo-non-scialbo… occhi azzurro carico e luminoso… nasino perfetto… bocca di rosa… denti abbaglianti… olimpionico rosso… tette… vitino… fianchi… patata… cosce… rotule perfette (e va’ che per notarle lì in mezzo dovevano essere belle davvero…) polpacci… caviglie… piedi… bela… tuta bela… io… sposare…
Stava parlando a un cerebroleso che contemporaneamente le stava facendo la TAC. Mi ha toccato il torace con la punta delle dita, per svegliarmi, poi ha fatto il tipico gesto delle dita a “V” che indicavano prima i miei occhi poi i suoi.
Mi è salita la nausea al pensiero della figuraccia che stavo facendo e mi sono ripreso solo grazie alla risata della madre che ha fatto sorridere la figlia: non fosse stato per la signora, ne sono certo, mi sarei cagato addosso lì, in piedi, e sarei rimasto lì, fulminato, a lasciarla colare dal costume, mentre qualcuno mi avrebbe girato il secchio della spazzatura in testa e tutti avrebbero ballato intorno a me, deridendomi e sputandomi addosso e io ne sarei stato felice perchè ce l’avevo messa tutta per meritarmelo.
Morale, grazie a mammà, un po’ mi sono ripreso io, un po’ era abituata lei a certe reazioni, fatto sta che mi hanno offerto da bere e nel limite del possibile ho fornito loro qualche indicazione.
Quando ho capito che erano solo di passaggio, che tempo un’oretta, forse meno, sarebbe scomparsa dalla mia vita, avrei voluto morire ma… posso forse io seguire gli angeli in volo?
Poco dopo se ne vanno, insieme con la mia voglia di vivere.
Saranno passati cinque minuti e vedo Allison stravolta che entra nel bar:
cercava me!
La faccio più breve che posso: la madre era caduta sulla scala che dal sottopasso portava su, all’Aurelia e si era rotta una gamba, un classico tibia/perone; lei non sapeva dove fosse suo padre e nessuno capiva ciò che diceva…
«Help me, please, Carlo, help me!…»
E dov’è il problema? Vuoi un organo? Tutto il mio sangue? Una delle mie gambe per tua mamma? Tutte e due? Dov’è il problema?…
Ho rintracciato il padre, l’ho accompagnato dalla moglie, sono salito in macchina con loro e li ho guidati fino al Santa Corona, l’ospedale di Pietra Lugubre, dove ho trovato un’infermiera che parlava un discreto inglese e dove Allison ha seguito la mamma, mentre il papà riportava me a Borghetto, un “me” disperato per non aver potuto neppure salutare Allison.
Quando il tipo mi ha scodellato a destinazione, ho capito che cercava i soldi per la mancia; l’ho bloccato e gli ho detto: «…A kiss… to Allison… from me… ok?»
Un sorriso e un cenno del tipo “ok, piccolo dislessico innamorato, ok…”
E se adesso vi dicessi che il giorno dopo mi sono ritrovato Allison ai Bagni Nettuno, ci credereste?
Avevano deciso di fermarsi qualche giorno per lasciare rifiatare la signora e naturalmente si erano stabiliti a Loano, nell’unico albergo con un po’ di stelle in quella zona, e tutto questo, vi faccio notare, ad agosto: potere del dollaro…
Siccome ero diventato il suo amichetto, siccome più o meno due parole con me riusciva a farle, siccome avevano capito tutti quanti che ero perfettamente innocuo, se non in assoluto, di certo in presenza di Allison, lei passava il mattino con mammà e nel pomeriggio veniva in bici a Borghetto, per tre o quattro giorni.
Mai sfiorata con un dito.
Col senno di poi, ho capito che avrei potuto farlo, oh se avrei…
Quando se n’è andata quasi non ho sofferto, visto che, fin dall’inizio, non avevo pienamente realizzato cosa mi stava succedendo.
Mi sono ricordato di lei molti anni dopo, quando, con Bimbi, ho visto “Il nome della rosa” e nell’ultima scena ho fatto mio il dolore del fraticello che rinunciava alla bellissima stracciona.
Ben conscio del fatto che lui, più nobilmente, ha rinunciato dopo aver assaggiato mentre io non ho proprio rischiato di portare a casa un punto.
Però entrambi avevamo un grandissimo rimpianto ma con in mano qualcosa di più importante.
Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.
Dottordivago
“followare”????? L’altra portiera gliela
faccio io…..
Pietruzzo, noi dobbiamo bere una cosa insieme, sai?…
Eh già….
ti leggo perché mi piace quello che scrivi e come lo scrivi (e perché mangi il croccante a sbaffo, mio padre ti ringrazia per il vino), il fattore gratis era riferito al fatto che hai scritto continua, se lo scrive ken follet m’incazzo, se lo scrivi tu posso tollerarlo… ciao pisellone adesso vado a “continuare” nella lettura del post!
dai , dì la verità che il trappolone alla mammina glielo hai fatto tu, ti conosco mascherina…
Bello Carletto. Prima o poi mettili insieme e fanne un libro. Pubblicano qualsiasi cosa; almeno la roba tua diverte e un po’ commuove. Oggi ero da Paniate in cerca di portavasi e ho guardato se c’eri per darti un saluto ma non ti ho visto. Sarà per la prossima volta.
Ti paragono a Ken Follet, e tu concludi all’Umberto Eco, vuoi incasinare il mio piccolo cervello?
Ognuno di noi ha la sua Venere rimpianta, perché non l’ha piantato, e come diceva il buon Antonio, ogni lasciata non è persa ma rincorsa.
Per consolarti pensa che adesso potrebbe essere lei a vedere te come un uomo interessante perché lei è diventata un quintalotto e mezzo.
Questa situazione la verifico ogni volta che vengo a casa, trovo donne che vent’anni fa avrei dato un rene per trombarle mentre oggi sono loro che sarebbero felici di donare altre parti del corpo ormai arrugginite.
Potrebbe essere che la spacciatrice di BiancoSarti sia ancora la, a Borghetto, la trovi alla sera con il suo cagnolino bianco, che cammina come se fosse stato inculato da un alano, di razza lappagnocche, lei incartapecorita, con la sigaretta stretta tra le dita e un pensiero fisso nella testa: “dov’è quel ricciolino ?”
Sono passato da Borghetto SS, non ho resistito alla tentazione di visitarla dopo la tua descrizione, convengo è un posto di merda!
E pensa che una coppia di miei clienti ha comperato casa da poco a Borghetto.
«A BORGHETTO???…» ho detto io.
Risposta: «Eh sì, una volta era un po’ squallido ma adesso l’hanno sistemato proprio bene…»
C’ero oggi di passaggio per lavoro: fa cacare esattamente come negli anni ’70. I tuoi clienti si drogano?
Mah, sai, al mondo ci sono anche dei tizi a cui piace avere un giovanotto di dietro che spinge come un matto…
bellissimo. al passaggio sulla dimestichezza con la lingua dei baristi mi sono accasciato
Dunque, il personale dei Bagni Nettuno aveva una buona dimestichezza col savvonnese e grossi problemi con l’italiano, mentre una qualsiasi lingua straniera era trattata come i rumori del fax: gli vedevi proprio il fastidio dipinto in faccia.
correggo: del personale dei bagni. il carattere (talvolta di merda) del ligure in una frase
Ecco, vedi le ingiustizie dei tempi che furono! Fosse oggi, avremmo una foto di Allison scattata con il tuo ultramoderno iphone, e niente niente ce l’avresti amica su facebook. Che a parlare di facebook, dì la verità: l’hai cercata quante volte?! 😉
Mai cercata, semplicemente perché non mi era mai venuta in mente.
Ma ci proverò, uh se ci proverò…
Anzi, non lo so…
Ho già avuto un grande dispiacere ritrovando per caso un mio “grande amore” del 1985: avevo lasciato una bambola di vent’anni e ho ritrovato una gradevole signora cinquantenne.
Non ho nulla contro le signore cinquantenni ma le bambole sono un’altra cosa, soprattutto quelle dei ricordi…
Affermazioni compromettenti. Io non mi sbilancerei così. Non vorrei mai che la Tua signora, se non vado errato d’origine Valdostana, facesse una confettura di marroni (i tuoi).
Non farlo!! Non cercarla!!! Non sarà mai bella come era allora. Soprattutto perchè nel tuo ricordo è ormai indelebilmente fissata così come era allora…
Scommetto di mangiarmi una merda coi pinoli se non la cercherai……..
perché non cercarla? magari ti followa
Se non lo followa lei la followa lui……….
ma non si doveva followare in coppia?
@MarcoG: Bimbi sa che abbaio ma non mordo.
@unanuovavita: troppo tardi, già fatto. Ma ne ho trovate decine, non ci penso neanche a vedermele tutte.
@Marco: ma hai visto che cazzo scrive quello? E non si è ancora fatto sentire, il codardo…
(May Day 2013… anzi, Mayday – Mayday…Ripetuti lanci di missili Stinger da direzione Nord-Ovest).
Doctor & Scurpenin, «quello» – il cazzaro – vi consiglierebbe di sorseggiare un “Vodka-Martini shakerato, non mescolato”: l’Agente 00-Sette lo fa da sempre e non è mai diventato Octave, di Stendhal, nemmeno al terzo atto (l’indimenticabile tenente Sheridan, testimonial del Biancosarti, chi può dirlo?).
L’incidente stendhaliano è l’estremo appiglio dell’invidia, naturalmente: giacersi con la disinibita creatura, in carne ed ossa anziché carta, di un Larry Flynt meneghino è un po’ come giocarsi una partita a Risiko sul 38° parallelo, invece che dal salotto di casa, direttamente dalla Sala controllo strategico del Pentagono. Tutta un’altra botta di adrenalina.
Quanto alla struggente e spassosa poesia del breve incontro di Charlie con l’Angelo, che aveva quasi lo stesso nome – e direi non solo quello – di Alison Eastwood, la figlia dello sceriffo Clint mostratasi per Hef senza alcuna stella addosso, quanto insomma all’argomento «Voglia di tenerezza» ho già dato fin troppo da codeste amene colonne: che cosa aggiungere, stando per una volta dalla parte del consolatore? Si fa presto a dire “Se vuoi la fica, prènditela”, come nel telefilm di MTV «Blue Mountain State».
Chi è senza rimpianto di peccato, scagli la prima pietra (questa me la voglio poi riciclare in un tweet).
A proposito di pietra, visto che il censore n. 2, Scurpenin, al secolo si chiama come l’Apostolo n. 1 – nonché Papa n. 1 – e (confermando uno jacovittesco “lo supponevo”) è di Zena come il pesto, ne deduco trattarsi della medesima generosa persona che mi ha gratificato di qualche «like», sulla pagina Facebook di Carlo Gallia Cops Serramenti: quale miglior occasione per ringraziarlo, senza passare troppo da narcisista?
Ad ogni modo, la macchina da scalciare è una berlina 4 porte (+ retro): some other volunteer?
Lancia Delta 1.3 Lx – prima mano – del 1988 (soltanto 32.500 km), ereditata l’anno scorso e rimessa a nuovo, con un dispendio che unicamente l’amicizia del meccanico-elettrauto-carrozziere poteva contenere entro limiti accettabili. Tramite lui, ho ricevuto insistenti proposte di compravendita, ma pago bollo ridotto per auto d’epoca e vorrei puntare alla Targa Oro (fra 15 anni, Insciallah): sarei disposto a cederla in cambio di nient’altro che l’Aston Martin DB5 modificata («Agente 007 – Missione Goldfinger», 1964; rispolverata in «Skyfall», 2012) o meglio ancora la Lotus Esprit S1 anfibia («Agente 007 – La spia che mi amava», 1977).
Non intendo quindi mettere a repentaglio la Delta per lo spaccio recidivo di un recente conio lessicale che, a mia volta, ho prelevato con i guanti ed usato con raccapriccio; un po’ come te, Boss, quando (nel post «Due momenti», 24/03/2013) buttasti lì dentro l’odiato termine «APERICENA», che – fino ad allora – io pensavo fosse un’invenzione dei dialoghisti di «Via Massena 2», sit-com in onda su DeeJayTV, o al massimo una voce slang della cosiddetta movida (brr!) milanese.
Peraltro, visto che siamo in tema happy-hour, probabilmente il dinamico duo Dottordivago & Aquaman non ha fatto una piega sul participio «SHAKERATO», in apertura; che suonerà pure meglio, ma ha quasi l’identica genesi di «followare» (sarebbe identica al 100% con l’ipotetico «followerare»): ovvero desinenze verbali italiane giustapposte a vocaboli inglesi, di per sé ritenuti non traducibili senza perdere qualcosa in immediatezza o pregnanza.
“Vodka-Martini AGITATO, non mescolato” – per rendere “shaked, not stirred” – si sente dire solo nel doppiaggio dei James Bond d’annata (vedi sopra) con Sean Connery, George Lazenby, Roger Moore.
Tuttavia capisco che anche nei casi giustificabili, ed il capo d’imputazione neppure lo era, per la Crusca faccia testo esclusivamente ciò che sia invalso nell’uso, appunto, da un tempo prolungato: gutta cavat lapidem. (Piovono pietre, in questo Blog o Blob, a cominciare da Pietra Lugubre).
Avevo preso il primo cartellino appena toccata palla, per aver azzardato l’espressione “castrandone l’efficacia para-sillogistica” (riferita ad una monca citazione di Maurizio Crozza, da reintegrare, sull’8 marzo): era farina del mio sacco e ne ammisi l’ampollosità.
Ora becco il secondo giallo e dovrei andare in diffida; ma voglio appellarmi, con la presente e ponderata arringa, affinché mi sia riconosciuta la giusta causa – non la semplice attenuante – della risposta ad una provocazione mediante il linguaggio stesso dei provocatori.
Non ci credo che voi mi crediate talmente povero di scrupoli, e di gusto, da piazzare a cuor leggero sul mercato certa roba tagliata male; sapete invece benissimo, se avete la compiacenza di leggermi, che sono un tipo mite quanto suscettibile (molto più di Marty McFly, punzecchiato da Biff Tannen, spero molto meno di «Straw Dog»); così vi è saltato il ghiribizzo di mettere alla «berlina» uno dei due ultimi arrivati (l’altro essendo una giovane signora), per far saltare a lui la mosca al naso.
O.K., il sergente Hartman di «Full Metal Jacket» sbraita che “Dio ci si arrapa con i marines”, ma neanche nei guastatori ti addestrano a deluderLo con pusillanimi dietro-front, dato che il motto recita “Avanti è la Vita” (ce l’ho, su di uno stendardo, proprio nella testata del profilo Twitter).
In primis, ho troppa venerazione per i Quattro di Dublino, ergo per l’evergreen «I Will Follow». E non si storpiano voci dai testi sacri del rock.
In secundis, a me piace talvolta inventare qualche “parola un po’ pazza”, come – temporibus illis – Gianni Brera definì l’etichetta di «gollòfago» che, commentando in TV, aveva appena infilzato su Spillo Altobelli; però non mi piace mai riportare pedissequamente una “parola del tutto scema”.
«Followare», in luogo del perfetto equivalente «seguire», doveva dunque restare un ἃπαξ λεγόμενον (hàpax legòmenon = detto un’unica volta), nel mio scribacchiare qua e là: mi era sùbito apparso una stramerda di inutile neologismo, va bene?, seconda solo al suo contrario – perfino pruriginoso – «defolloware» (su cui infatti nel messaggio incriminato, per un moto di incontenibile ripulsa, mi si è imposto «mollare»); e l’ho adoperato scientemente proprio per condannare una stramerda di comportamento schizoide, assumendo in un certo senso la prospettiva e l’eloquio, da coatti galli-cedroni (“Perché m’hai flashato”) o canari anziché canarini, di coloro i quali avevano compiuto le azioni antitetiche di cui sopra, nei miei confronti, a brevissima distanza l’una dall’altra.
Oltre tutto, non volevo che i fenomeni o loro affini si trovassero sotto gli occhi, putacaso, all’improvviso uno sconosciuto: l’italiano non imbastardito.
Mi spiego meglio: due tizî, il primo a viso aperto (appunto “de Roma”, come disse anche Bergoglio) ed il secondo sotto mentite spoglie, prendono a seguirmi sul social-network, senza essere mai stati contattati neppure di striscio; io, sebbene sia all’antica e preferisca la rima, insomma le interlocutrici, ricambio cortesemente l’attenzione; passati pochi giorni o addirittura uno solo, entrambi lorsignori mi ritirano la sequela.
Ho il difetto – ribadisco – di essere molto permaloso (nonostante ludici improperî ed irrisioni, in questa sede, valgano da terapia omeopatica): secondo il precetto della guida morale John Wayne, “non sopporto le ingiustizie e le prepotenze: se qualcuno mi offende o mi tradisce, prima o poi si aspetti la mia vendetta” («Il Pistolero», 1976, testamento artistico del Duke).
Così, per ritorsione, tempo zero depenno anch’io quella coppia classica dal novero di chi seguo e, per sfogo, vergo un tweet – collegato a Facebook – che certo sfuggirà ai destinatarî specifici e non farà fischiar loro le orecchie, ma forse farà girare alla larga qualche potenziale seccatore della stessa risma. Ecco il testo integrale in 140 caratteri esatti:
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“Come si può followare qualcuno, che non vi aveva cercato, e mollarlo sùbito? Vi aspettavate Allen o Letterman? Rappresaglia immediata”.
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Chissà, ora che «Care facce di…» mi ha dato l’input, magari ciascuno dei due presunti burloni si sarebbe meritato una frecciata diretta sull’indirizzo Twitter (il famigerato @Pincopallino), traendo libera ispirazione ancora dal sarcasmo del sottufficiale di FMJ: “Bravo, sei spiritoso. Ti inviterei a casa mia e ti farei scopare mia sorella, se io non fossi figlio unico”. Ormai è tardi, però ne serberò memoria per eventuali emulatori.
A conti fatti, Boss, hai invaso il Kuwait per farmi schizzare a Defcon 1, pianificare Desert Storm e mobilitare la Delta Force; ma la tua censura-canzonatura non può scalfire me né l’omonima quattroruote, ed anzi è rivelatrice di un interesse corrisposto, anche fuori casa, che mi onora e mi lusinga enormemente…
…Né può toccarmi – al di là del trattamento omeopatico – la versione edulcorata erga omnes («Care facce di…») dell’epiteto che Gassman, nel capolavoro monicelliano «La Grande Guerra», rivolge al comandante austriaco denigratore del coraggio italiano (“Fegato alla veneziana”).
Ho già reso noto di riservare al «Panda», più «C.G. Cops», la pole-position sulla barra dei segnalibri, in moda da averli a portata di singolo click (pur ricevendo gli aggiornamenti anche via G-mail): non mi càpita mai di connettermi alla Rete senza controllare gli eventuali sviluppi su tali testate.
Avevo letto il precedente post «Continua la pausa», Doc, ed il relativo commento di Maurizio, ma non ero intervenuto sia perché aspettavo che tu entrassi nel vivo (ehm) della storia con la ninfetta man-eater, sia perché stavo ancora limando una massiccia – non incazzata – risposta a Marco n. 1, e di riflesso a te, proprio sulla questione Twitter; il che non lasciava tempo di cercare nel capitolo di giornata gli spunti propizî a cui agganciarmi, onde non ripetere una stucchevole parafrasi dei pregressi miei elogi o sparare le prime bischerate passatemi per la testa: il vacuo presenzialismo ad ogni costo, specie per un novizio (un’imberbe faccia da Adso, ditelo pure), può infastidire parecchio.
Mi era venuto sì l’impulso di replicare, intanto, al Vicentino d’adozione che il soprannome Ken ti starebbe bene nella rispettosa endiadi «Bimbi & Ken», ma che tu ti distingui da Follett perché, con l’attuale tendenza autobiografica, stai piuttosto infilando «La Cruna dell’Ego» (narrante); oppure che la narrazione lasciata in sospeso con un cliffhanger sul Monte di Venere non è un assoluto inconveniente, genere “te la fa annusare e poi non te la dà” («Scary Movie 2»), giacché l’attesa di un piacere sicuro fa parte integrante del piacere stesso (il Leopardi c’era arrivato prima dei copywriter), e centellinare un vino Doc d’annata è sempre meglio che tracannarlo d’un fiato.
L’impulso mi era venuto però mi sono frenato, in quanto nulla di più sembrava che una frettolosa marchetta, o marcatura del territorio (immagine tua), sul quale era d’altronde più giusto che l’ideatore Maurizio mantenesse l’esclusiva, soprattutto per il vostro sodalizio cementato da lunga frequentazione di persona; in forza del quale, cameratescamente, egli ha potuto mandarti a dare via il naso ed esserne ricambiato con una nota d’encomio, per il fatto di avertici mandato insieme con l’augusto collega-romanziere yankee.
Perché poi dover dubitare dell’appuntamento all’indomani? Se conosco abbastanza gli individui, tu – al pari di Tex – hai una sola parola; del resto si intuiva che il materiale fosse già perfezionato ma da frazionare in due uscite, per ragioni di abbondante metraggio e di avvincente strategia, alla maniera di Quentin Tarantino con «Kill Bill».
Questo è quanto. Chiedo scusa a tutti per avervi ammorbato con i retroscena extra-Panda e la cinefilia a ruota libera, però ci sono stato trascinato – molto volentieri – per fatto personale, e allora ‘fanculo la modica quantità di notazioni o citazioni: quando c’è di mezzo la lingua… diciamo la linguistica (o la Decima Musa), anche un rilievo scherzoso merita una risposta almeno semiseria e circostanziata (l’ormai familiare sproloquio a cui, secondo me, tendenziosamente si mirava).
Ciò in segno di fedeltà e deferenza ai nostri docenti di maggior valore, Boss, come le tue professoresse Annamaria Cremonini ed Italia Scherillo.
Back-to-back posterò l’altra autodifesa, o meglio dichiarazione di estraneità ai fatti contestati, nella sede congrua (due pagine di Diario indietro). Doppia seduta, stavolta.
Però quand’anche – in futuro – si ripresentasse (per i più fortunati) l’opportunità di un mega-ponte stile Brooklyn, egregio Dottordivago, oppure io non avessi una beneamata fava da mettere nero su bianco (mi è uscita così, un po’ «interracial»), su di una cosa ella potrà fare costante assegnamento, da parte mia nei riguardi del suo Blog, ed è quella che dà titolo e refrain alla summenzionata rock-song di Paul David Hewson:
Per quanto mi riguarda il fatto che tu conosca il Duke ti salva la portiera…..
Ripensadoci però, quell’ultimo “back to back” mi fa venire la pelle d’oca……
ERRATA CÒRRIGE
La notte porta consiglio: naturalmente Ken Follett non è «Born in the U.S.A.», ma nato nonché residente nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (gallese di Cardiff, per maggior precisione).
Disgraziato! Ma lo sai che nel tempo che ho impiegato per followarti, normalmente (bleah… scusa ma mi è rimasto il gusto di “followarti” sulla lingua…) preparo il preventivo per le finestre di un appartamento medio?
Mò so ccazzi tua: esci i tuoi dati, che ti mando una fatturina…
Inoltre:
1) i dubbi sulla mia parola sono fondatissimi, fidati, almeno bloggisticamente parlando (questa se la gioca con followare);
2) mi fai più intelligente e organizzato di quanto io sia: l’interruzione di un post è sempre data dalla consapevolezza di non avere il tempo per finirlo e non è una tecnica alla Bonelli per Tex;
3) Allison non era prevista, semplicemente perché mi è successo come agli ex bambini di “IT”: il ricordo è tornato all’improvviso e mi ha impedito di dare un seguito hard (che comunque arriverà…) al post interrotto.
Al dottore: ce la siamo cercata.
Al Val: mi sa che sei l’unico oltre a me ad avere fatto cazzate di gioventù tipiche di chi la figa non la vedeva neanche con il binocolo, come leggere Octave. Il ricorso è accolto: sei sufficientemente aderenziale e desemplicizzato.
Manà…
Disgraziati, mi volete male: “followare”, “back to back”, “bloggisticamente”, “aderenziale”, “desemplicizzato”……
Ho una visione, mi vedo assalito da un esercito di portiere……
Se la visione riguarda il calcio femminile, sarei felice di condividerla…
Mah, un milione di portieresse tutte in presa sulla palla..
Basta che non mi followi.
Scurp, quando vedi una portiera, tu scalcia per primo; poi, piuttosto, c’è sempre tempo per chiedere scusa…
Se lo dici tu ………….
Avrei una foto che potrebbe essere di interessante, come faccio a postarla?
Oh-oh… non lo so…
Faccio una prova e ti dico.
Prove non riuscite.
Mandamela sulla posta (Ditelo al Dottordivago: consulenze private): non la apro tutti i giorni ma prima o poi la trovo e la pubblico.