Vi ricordate “Green Card”?
È un film del 1990, una piacevole commedia ambientata a New York, in cui Gérard Depardieu e Andie MacDowell organizzano un matrimonio di convenienza, visto che a lui, francese, serve la Green Card, il permesso di soggiorno, mentre lei non vuole rinunciare ad un meraviglioso appartamento che può essere affittato solo a coppie sposate.
Tra le tante bugie, lei spaccia lui per un grande pianista, fino al giorno in cui il “grande artista” non si può sottrarre all’esibizione richiesta da una banda di caga-amaretti, proprio i padroni di casa, se non mi sbaglio.
Guardatevi il video, dura un minuto.
Qui lo sceneggiatore ha avuto l’accortezza di non far tributare un trionfo al millantatore, giusto per rendere più verosimile la scena, e lascia ai caga-amaretti il sospetto di essere stati presi per il culo, anche se nessuno dice che il Re è nudo, cioè che quella che hanno appena ascoltato è una gran cagata.
A Sanremo, dove tutto è più falso di Giuda e dove il pubblico è rimasto quello del 1959 che fingeva di scandalizzarsi per “Tua”, cantata da Jula de Palma, la sceneggiatura è stata più assurda.
Premessa: giuro, io vorrei riuscire a vedere Sanremo, tanto poi so che si finisce per parlarne, ma non ce la faccio, davvero, neanche con tutta la buona volontà, così mi tocca documentarmi il giorno dopo, se voglio capire di cosa cazzo stanno parlando tutti.
E non faccio il figo, tipo quello che si vanta di non guardare la televisione e poi sa tutto di “Amici” e Barbara D’Urso, io dico la verità: guardo la televisione.
Ma non Sanremo.
Ogni tanto ci provo, vedo uno sconosciuto, sento dieci note di una canzone anonima perchè mai sentita prima o perchè anonima davvero, e torno a quello che stavo guardando: tempo massimo di permanenza… direi trenta secondi, proprio se c’è qualcuno che conosco o se c’è della gnocca.
Tra l’altro, quest’anno ho notato una cosa particolarmente fastidiosa: sono sfigato io, che me li becco ogni volta che butto l’occhio, o i due conduttori passano la serata a ripetere come funziona il televoto, i costi della chiamata, tenere lontano dalla portata dei bambini e “votate-votate-votate”?
Ma lo fanno davvero per ogni canzone? Manca solo la voce che legge rapidissimamente le avvertenze come nelle pubblicità dei medicinali, quando tutti sanno che il televoto è la più grossa schifezza di quella porcheria mediatica che è il Festival di Sanremo.
Resta il fatto che quest’anno ho un discreto culo: la prima sera io e Bimbi ci siamo ricordati del Festival alle nove passate da un po’, infatti c’era Crozza a metà della canzone sul Puttaniere, così mi sono visto lo show dei due sicari “contro la politica a Sanremo”.
Ah, trapa, voce del verbo “traparentesi”, marca “bravo” a Fazio per il modo in cui ha gestito la contestazione e, per togliermi il pensiero, trovo che la Littizzetto sia sempre più un dito nel culo: oh, sarà lesa maestà, avrò torto marcio, ma io comincio a non sopportarla più di tanto.
La seconda serata, dopo alcuni rapidi zapp, mi fermo un attimo a valutare quella titanica gnoccolona (che, vi ricordo, è il mio secondo grado di valutazione dopo “Gardaland per piselli”) della Bar Rafaeli, vicino cui Fazio sembra Brunetta e non oso pensare al contrasto con la Lucianina nazionale, momento che, se c’è stato, non mi pesa essermi perso.
«Ah, ecco -penso- c’è anche lui, Asafa Qualcosa…», quello che per radio mi ha prima affettato, poi triturato, poi micronizzato ed infine annichilito la minchia con quel brano accattivante le prime tre volte che lo senti e insopportabile alla quinta, quello che sembra un misto tra uno jodel e una canzone da ciucchi.
Quello che lo ha reso milionario, per capirci, quindi tanto di cappello.
Va be’, sentiamolo, va’, magari è la volta che un sagace direttore di studio ha una pensata innovativa e fa battere le mani alle mummie in platea.
E questo comincia a miagolare una cosa irriconoscibile, accompagnato da un pianoforte quasi inudibile nei pianissimo (nota per i tecnici: ma i compressori dinamici di trent’anni fa, non li fanno più?), salvo poi squittire e sputazzare nei momenti di massima trance interpretativa…
Oh, Luigi… no, com’è che ti chiami?… Asafa?…
Ecco, Asafa… peila dusa… schœrsa s’anguila (“prendila dolce, accorcia quell’anguilla” in alessandrino, che sta per “tiratela meno”).
La prima cosa che mi viene in mente è il più classico “mah” e sto per cambiare canale, quando dal pubblico parte un applauso scrosciante e Fazio…
GLI CHIEDE IL BIS!
No, dài, che scherzo crudele, lasciate stare quel ragazzo… Va be’, ha fatto cagare, ma non è il primo e non sarà certo l’ultimo…
Oh-oh… mi sa che fanno sul serio…
LO FANNO RICANTARE!
Sono incredulo, guardo Bimbi, ci diciamo: «Siamo proprio due ignoranti uguali…»
Ancora un paio di miagolii, uno sputazzo e un inchino.
E QUASI VIENE GIU’ IL TEATRO!
Applauso? Figurati… SERVIZIO COMPLETO!
- applauso scrosciante,
- standing ovation,
- chiavi d’oro della città,
- abolizione dell’IMU sull’eventuale seconda casa in Riviera.
Io e Bimbi ci riguardiamo e ci ripetiamo: «Siamo proprio due ignoranti uguali…», per rimanere in ambito musicale, come cantava Cocciante, “se stiamo insieme ci sarà un perchè…”
Scusate un attimo… no perchè… fatemi capire, io sono disposto a fare uno sforzo…
Dunque, il brano originale del 2008, One day, quello che ha proposto proprio lì, non se l’è inculato quasi nessuno. La versione remixata del brano, intitolata One Day/Reckoning Song (Wankelmut Rmx) prodotta dal tedesco DJ Wankelmut nel 2012, è quella che ha scalato le classifiche di mezza Europa, proprio per il fatto di essere orecchiabile al punto di stufare un orecchio normale dopo pochi ascolti.
Quel giovanotto ha fatto un’esibizione alla Depardieu ma tutti quanti hanno pensato: «Per me è una cagata ma le cose molto intelligenti sono le più difficili da capire, quindi, per non passare da cafone ignorante, io mi alzo in piedi»
E il Re Nudo diventa un elegantone.
Ho cercato una ragione, magari nel testo, di cui ho capito poche parole: hai visto mai, questo è israeliano… Non mi sembra, ma magari parla di pace tra i popoli, lancia un messaggio a Gaza come a Teheran, così me lo sono letto e fa più o meno così:
Non ho più lacrime / il mio cuore è arido / non rido e non piango / non penso a te tutto il tempo / ma quando lo faccio / mi chiedo perché…
…Un giorno tesoro, saremo vecchi / oh tesoro, saremo vecchi / e penseremo alle storie che avremmo potuto raccontare…
ANDATE A CAGARE.
Tutti quanti: quegli imbecilli di Sanremo e, amichevolmente, pure voi (c’è “andate a cagare” e “andate a cagare”, ovvio), se pensate che la canzone e l’esibizione fossero da standing ovation.
Chiuso l’argomento Assòrata… no, com’è che ti chiami? Asafa? Va be’, chiuso.
Ieri sera, San Valentino, invito Bimbi a cena nel locale meno romantico che mi è venuto in mente, non perchè sia brutto, tutt’altro: diciamo che il nome, I Trei Gnuränt (I Tre Ignoranti) non è esattamente charmant…
Questo per evitare di trovarmi un pianista con un repertorio da Love Boat e poi perchè, in un’occasione fasulla come San Valentino, la più grande prova d’amore di Bimbi per me è di non farmi cucinare, mia per Bimbi è di non farle pulire la cucina, dopo.
Alle dieci siamo a casa e siccome una volta Bimbi era una grande appassionata di Sanremo, come seconda prova d’amore della serata butto l’occhio sul Festival, anche perchè la speranza è sempre l’ultima a morire e mi piacerebbe vedere qualche ospite che ne valga la pena.
Mi sa che ci siamo: le prime parole di Fazio che sento sono a proposito di “una delle più belle voci del mondo, una voce in cui coesistono tutti i sentimenti…”
’Azz! Sentiamo il fenomeno.
Si presenta tal Antony Hegarty, alzi la mano chi lo conosceva.
Dico sul serio: chi lo conosceva davvero… Ah, ecco, così va meglio…
Una specie di Fantasma del Palcoscenico obeso, intabarrato dal doppio mento in giù in una specie di corto chador laico, capelli lunghi, incolti e bisunti: un personaggio dall’aspetto davvero sgradevole.
Scopro adesso che ha la passione di esibirsi come drag queen, motivo per cui non finirò mai di ringraziarlo per l’imbacuccamento di ieri sera.
Bella voce, strana ma con un vibrato baritonale che lascia intendere un reale virtuosismo, purtroppo rimasto inespresso.
Esibizione ordinaria, a cui si è voluto trovare un risvolto drammatico-sentimentale con la storia della sorella.
Niente standing ovation ma applausone scosciante, cosa che quest’anno pare non venga negato a nessuno.
Qualche cretino ha parlato di “festival di comunisti”, riferendosi all’esordio con Crozza, affermazione talmente stupida da non meritare commenti.
Però, se pensiamo alla tradizione di sinistra di spacciare per cultura degli orrendi polpettoni bulgari o certe danze centro-asiatiche da suicidio, effettivamente una patina “comunista” ammanta il Festival, a cominciare dalla scenografia minimal, costata dieci volte la classica cascata di fiori che magari avrebbe promosso meglio il nome di Sanremo, che non mi ricordo se è universalmente nota come la “Città dell’Austerità” o qualcosa che riguarda i fiori…
Dottordivago
Del come, a parte Beethoven, Benny Goodman e The Clash, tutto in musica sia soggettivo.
Io sono un ex “anti”. Ho scoperto che Sanremo visto da solo è il classico gatto appeso ai maroni, ma in due, con la morosa, a far battute e orecchiare quel poco che c’è di buono (e quest’anno qualcosa c’é: mica capolavori ma basta la sorpresa di Elio e l.s.t.), la serata scivola via bene.
Asafa qualcosa ha cominciato, e dopo un po’ mi sono ritrovato immobile col cucchiaino a metà strada tra gelato e bocca. La canzone l’avrò sentita in radio distrattamente un paio di volte, ma abbastanza da farmela riconoscere, e la sua esibizione mi ha chiuso lo stomaco. Ora che leggo un po’ del testo, mi convinco che tutto torna nel rappresentare la disperazione per la cosa più banale del mondo: una donna ce non ti caga e che per te è tutto. Non era una canzonetta, era qualcos’altro, e mi è piaciuto.
poi per carità liberi di preferire quella sua maglietta fina
Ebbeato te che t’è piaciuto…
Io ho seguito l’esibizione come quando non riesci a staccare gli occhi da un viso sfigurato; cioè, no, non esattamente: più che inorridito ero incredulo e ti giuro che aspettavo un finale tipo La Corrida, con trombe e fischi, ci avrei scommesso.
Sono arido e difficile da infarloccare, una lega dura da scalfire, che mi riveste e mi preclude anche tante belle sensazioni, magari fasulle, ma piacevoli.
ma a chi la racconti, uomo che fa germogliare le lenticchie ne bagagliaio.. (erano lenticchie?)
Oh cazzo! Qui ci vuole un altro RisPost, diotifulmini…
E quando ci torno sulla 128?
Comunque complimenti, erano lenticchie: qualcuno ha fatto i compiti a casa, eh?…
io del festival ho visto…………….ronf ronf ronf…… neanche finire la sigla!
Grandissimi elio e le storie tese.
immensi. però divertente anche la canzone eliminta di Silvestri
One day baby, we’ll be old
Oh baby, we’ll be old
Oh baby, we’ll be old
Oh baby, we’ll be old
Oh baby, we’ll be old
And we’ll think of all the stories that we could have told.
-almeno lasciateci cantare-
Prego, mi casa es tu casa…
ma Toto e l’armata rossa?
‘Azz’… anche quello mi sono perso, grazie a Dio.
Ma chi e’ sto Asafa? Mi sono persa qualcosa… Il lamentoso Antony l’ ho beccato, così come l’orrore di Toto Cutugno con il coro dell’ armata rossa. Grazie a Visnu’ esiste il telecomando…
Tranquilla, se sei ignorante come me e Bimbi, ti sei persa niente.
Tra gli ignoranti contate anche me!