E mò voglio i soldi.
Dal Governo, dall’Europa, dalla mutua, da una colletta… ma li voglio.
Per una nobile causa: la Ricerca.
Io sono in più grande ricercatore -e scopritore- del pianeta, anche se in un settore molto particolare:
i sucaminchia.
Antefatto.
Ho un cliente di Torino a cui ho già fatto le finestre per un appartamento in Alessandria. E siccome
to know me is to love me
mò che ha acquistato una casa a Pavia vuole le stesse finestre, il buongustaio…
Vuole anche le porte interne, prodotto che non ho mai amato molto, un po’ perchè si guadagna pochino, un po’ perchè mi sembra di vendere le scarpe: uno vuole quella ma con la maniglia di quell’altra, i coprifili di quella là e il colore di un’altra ancora.
Morale, ho una decina di modelli in esposizione, giusto per far vedere che le tratto, infatti non ho quasi mai quella che interessa al cliente. Solitamente me la cavo con i link delle due aziende che tratto, così uno si guarda e riguarda come vuole tutte le porte in produzione.
Per i più tignosi mi avvalgo dell’esposizione di Massimo, il rappresentante delle due aziende. Il problema -non insormontabile- è che l’esposizione è a Volpiano, hinterland torinese, a un centinaio di km da Alessandria, quindi ci porto il cliente quando proprio capisco che è “caldo”.
In questo caso specifico, poi, meglio di così si muore: il cliente è di Torino, quindi ci può andare quando vuole; inutile e stupido fare da tramite, do a uno il numero dell’altro e che se la sbrighino loro.
E che lascino tranquillo me, soprattutto.
Tutto questo, ieri.
Questa mattina mi serviva un numero di telefono, così, cosa rarissima, accendo il cellulare alle 8.20: solitamente prima delle 9 non se ne parla.
Un secondo dopo il bastardo già suona e a me parte la prima madonna della giornata: cosa ci posso fare, lo odio… e se lo odio, lo odio, eh!…
È il cliente di Torino che mi informa che oggi telefonerà al rappresentante.
«Devo fare qualcosa?» «No, no, era solo per informarla…»
Bravo.
Ecco… lo scopo dello scambio dei rispettivi numeri era proprio quello di non annichilirmi la uallera… ma va be’, dài…
Questa segnatevela, poi ci torniamo.
Arrivo in negozio e mi chiama una cliente di Novi Ligure: sarebbe bello se io “andassi a far le misure prima che siano finiti pavimenti e rivestimenti, per guadagnare tempo”.
«Io vengo… ma tu conosci i livelli dei pavimenti e gli ingombri dei rivestimenti?»
«So tutto, il piastrellista mi ha spiegato tutto»
«Ci vediamo alle 14.30»
Ri-squilla il telefono: è il rappresentante di Torino, mi informa di essere stato chiamato dal mio cliente…
«Devo fare qualcosa?» «No, no, era solo per informarti…»
Bravissimo.
Ecco… la cosa dovrebbe riguardare loro, lo “spirito” della mia iniziativa di dare a uno il numero dell’altro -diabolicamente astuta, lo riconosco, al punto di non essere compresa fino in fondo- era quello di risparmiarmi un po’ di rotture di cazzo… ma va be’, dài…
Segnatevi pure questa.
Altra telefonata, dopo cinque minuti: è una signora che si è rifatta le finestre con la detrazione del 55%, poco più che quarantenne, non dico rincoglionita come una novantenne ma molto, molto di più; diciamo che a giudicare dal livello di rincoglionimento senile è come se avesse l’età della dorsale appenninica.
Per la terza volta in un mese, al telefono, mi richiede un lavoro del cazzo, 500 euro di veneziane, chiarendo bene che lei non ha nessuna intenzione di pagare l’IVA, quindi di fattura non ne vuol sentir parlare: «Io sono una statale, mica scarico niente…»
Non sei statale, tu sei un’idiota mondiale, vorrei dirle… Un filo di fumo inizia ad uscirmi dalle orecchie ma se mi muovo si disperde subito, non si nota…
«Signora, la prima volta le ho spiegato che nel nostro Paese è stato intercettato anche l’intoccabile Presidente della Repubblica; la seconda volta le ho chiuso la telefonata sul muso; adesso, dopo averle ripetuto per la terza volta che di minchiate illegali io non ne faccio -e se mai ne facessi non ne parlerei al telefono- le ri-riattacco il telefono in faccia.»
Fatto.
Gente, oggi butta male…
Stranamente sbrigo in fretta il pranzo, normalmente ho tempi molto più rilassati: parto per Novi e ho 40 minuti di tempo per fare 20 minuti di strada ad andatura normale, 15 minuti alla mia…
Ok, decido di provare una cosa aberrante: io, famoso turbotarro, mi metterò a una spanna dal guardrail della Statale bis dei Giovi e percorrerò il tragitto ai sessanta all’ora, pensa che brivido!
Di solito mi rendo conto del tipo di gente con cui condivido il pianeta ma oggi l’ho proprio studiata: ho percorso tutta la strada dietro ad una fila di imbecilli che ho analizzato scientificamente.
Siamo su una statale dritta come una fucilata e larga al punto che, quando tra Alessandria e Novi trovavi tre macchine, era a quattro corsie, oggi che le auto sono tremila, le corsie sono due, motivo per cui io me ne sto a destra e lascio passare quelli normali, che viaggiano in tutta sicurezza ai 120 all’ora.
Io sono dietro a una colonna di imbecilli che viaggia a 60 all’ora, a cento metri uno dall’altro, senza un camion o un camper che fa l’andatura, è proprio la loro velocità di crociera; solo che io sto tutto a destra, gli altri tengono due corsie.
Mi scappa di divagare.
Mi sento come quel suonato che ha vissuto un anno con un branco di lupi, dividendo con loro cibo, freddo e tana ma, ovviamente, sentendosi più intelligente, in quanto uomo confrontato alle bestie. Io non me la tiro da pilota, ho un controllo del mezzo superiore alla media ma un pilota -non dico un fenomeno, un semplice pilota- è un’altra cosa. Però sono uno dei migliori “guidatori” del mondo per quanto riguarda l’attenzione alla strada e, soprattutto, la lettura del traffico intorno a me, degli avvenimenti e la previsione di movimenti e comportamenti degli altri. Non domandatemi, dopo un viaggio, cosa c’era al di fuori della strada: non lo so, i miei occhi guardano solo ciò che sta sull’asfalto che mi circonda, compreso quello delle strade che si incrociano con la mia. Ho alcuni amici che guidano come Mister Magoo, quelli che al semaforo, se su tre corsie ce ne sono due libere e una con cinque macchine in coda, loro si posizionano automaticamente sesti. Fanno altre mille minchiate, ognuno qualcuna in particolare, ma sono tutti accomunati dal fatto di essere gente seria e franca, non sfuggente, gente che quando ti parla, ti guarda dritto negli occhi. «Guarda ‘sta cazzo di strada!…» è il mio ritornello. Gente che non molla un attimo il telefono o che pasticcia il nuovo navigatore… «Cazzo fai… stiamo andando a casa tua!…» «Volevo solo fare una prova…» «Prova una sensazione nuova: guarda la strada…» Viaggiare a 60 all’ora significa non poter tenere non dico la sesta ma, addirittura, la quinta, salvo viaggiare col motore a mille giri: per le bielle, la morte sua. Ma fin lì sono cazzi loro. Viaggiare a 60 all’ora su una statale, senza lasciare spazio a chi vorrebbe dare un senso al fatto di avere quattro ruote e non due piedi, o farsi portare dalla macchina in città, a 30 all’ora, a cavallo di due corsie -dove ci sono- significa fregarsene del mondo e campare per rompere i coglioni al prossimo. Significa non volersi bene. Non gratificarsi con una serpentina tra due file di cadaveri ai 20 all’ora in circonvallazione, significa essere morti dentro; la serpentina prevede occhio attento, riflessi pronti e capacità di calcolare il momento in cui ci sarà spazio sufficiente per passare, cambiando corsia quando vedi che la quinta auto davanti a te –non la prima, la quinta…- sta frenando. E tutto questo in modo fluido, senza brusche accelerate o violente frenate, soprattutto senza rompere il cazzo a nessuno e, merce introvabile, fermandosi agli attraversamenti pedonali. Guidare così è come ciulare una donna sempre diversa, passando sempre a una nuova posizione, piuttosto che dare 30 euro a una puttana e guardare il soffitto pensando ad altro, mentre te lo succhia, col preservativo. Che tristezza… |
Comunque mi sono quasi divertito a guidare con i babbei, non come i babbei.
Morale, arrivo a Novi con dieci minuti d’anticipo: andare più piano era francamente impossibile.
In cantiere c’è l’elettricista, la padrona di casa no; pazienza, inizio a misurare per conto mio, poi lei mi dirà ciò che mi interessa, e spero che lo sappia, visto che di livelli, i segni che indicano un metro di altezza dal futuro pavimento finito, non c’è l’ombra.
Arriva la tipa con due piastrelle, una del pavimento e l’altra del rivestimento.
«Sì, belle, ma io che ci faccio? Vedo che il piastrellista sta gettando l’autolivellante, in alcuni punti sale di due cm, mentre le spallette sono ancora da intonacare e non si sa dove arriveranno: lo spessore delle piastrelle non mi dice niente»
«Ah… io pensavo…»
Sono le quattro, due ore buttate, escluso il ritorno.
Ritorno che avviene a velocità normale, all’antropologia oggi ho già dato abbastanza. Inoltre, il fumo che mi esce dalle orecchie, ora, richiede molta aria per dissolversi.
Squilla il telefono, è quello di Torino: «Mi sono accordato con il rappresentante…»
Mmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmhhh…
«Devo fare qualcosa?» «No, no, era solo per informarla…»
Bravo.
La faccio breve: chi mi chiama cinque minuti dopo?
Esatto, il rappresentante.
«Oh, sono d’accordo col cliente…»
Arrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrgh…
«Devo fare qualcosa?» «No, no, era solo per informarti…»
Bravissimo.
Per i rimanenti dieci minuti di strada ho bestemmiato.
Ho bestemmiato come una bigotta recita il rosario, come un bonzo fa col mantra, come un bambino che ha imparato un po’ di parolacce e le ripete continuamente.
Ho fatto come tutti questi personaggi, solo urlando.
Da solo, in macchina.
Sono bei momenti.
Dottordivago
io nei tragitti in macchina, da solo, sto da Dio.
a casa mi rompono i coglioni, in negozio un problema dietro l’altro, quand’è che sto bene? durante il tragitto casa-lavoro che però, porca puttana è solo di due chilometri….. vaffanculo!!!
Ma come?…
Ti do l’imbeccata giusta, parlo di sesso, accenno a donne sempre nuove, zoccole e bbucchin’…
E tu mi commenti con il tuo pendolarismo a scartamento ridotto?
Ehi… giù la maschera, tu non sei il Camagna, ‘sta cosa mi puzza di troll…
il problema è che ne ho fatto troppo ieri sera, di sesso, praticamente un’indigestione, in questo momento sono in fase di decompressione ma vedrai che mi riprendo e torno piu in forma di prima.
Ma non soffri di gastrite ? Quando guido, oltre alla strada , guardo le montagne innevate che si stagliano in lontananza e la campagna intorno ad Alessandria è molto bella. La quinta macchina davanti la lascio a te. Personalmente, trovo educato che due persone, che ho messo in contatto, mi facciano sapere con una telefonata che si sono incontrate. Mi viene in mente:” Ma tu, quando ti diverti !?” ” Quando faccio così ! “
Non ho un gran cervello ma uno stomaco d’acciaio.
A molti sfugge che a 50 all’ora, una velocità da paralimpiadi, una macchina percorre 14 metri in un secondo e in quello spazio ci stanno due scolaresche: continuo a preferire il mio sistema al tuo.
Forse il tuo approccio al mondo è più poetico del mio ma, vista la passione per ciò che ti circonda, mi auguro che tu sia una pittrice piuttosto che un chirurgo…
Anche a me farebbe piacere “una telefonata” ma qui ti è sfuggito che sono quattro, inutili, visto che non li ho “messi in contatto” per “amicizia disinteressata” ma solo perchè speravo di togliermi qualche telefonata dalle palle e gliel’ho detto prima, papale papale.
Mi diverto quando guido veloce senza rischi per nessuno, quando chiacchiero con voi su queste pagine, quando mi spaccio per burbero e in tutti i giorni diversi da ieri.
Besos.
ahhhh ti spacci per burbero……
Sono un ricciolo di burro.
Ma dovevi sentire, ieri, il mantra di Madonne…
Dottore,come già detto, il mio lavoro consiste nel fabbricare neopatentati -non dico bravi- ma il meno rincoglioniti possibile. Ora, col passare degli anni mi rendo vieppiù conto che le capacità di apprendimento di coloro che seggono alla mia sinistra, annaspando sui pedali, calano come la birra nel mio boccale all’ocktoberfest. Vuoi perchè ho a che fare con gente che è nata dopo chernobyll, vuoi perchè molti ci hanno vissuto troppo tempo, a chernobyll. Quindi stavo cominciando a pensare di scrivere un programma teorico per motivare (o più spesso demotivare) gli “homo disabilis” che montano sulla mia punto, e che potrei riassumere nei seguenti punti:
1- il trasporto pubblico è pur sempre una valida alternativa;
2- qualsiasi mia bestemmia, pronunciata col tono giusto, può sostituire ogni indicazione stradale e/o istruzione alla guida;
3- veicoli senza motore: perchè snobbarli? La patente è come il pinot chardonnay cinzano..per molti ma non per tutti;
4- Se Nostro Signore voleva che tu prendessi la patente ti avrebbe fatta nascere in Italia. E uomo.
5- Patente: c’è chi può, e chi non può.. Ma tu sei quello che NON DEVE!
…scusate lo sfogo! una volta non ero nè razzista nè sessista.. poi ho imparato!
punto 4: ma non hanno ancora inventato una manina con il dito in su ?!
Si Ade…l’importante è che il dito in su abbia 2fratellini giù sia a destra che a sinistra.. occhei, occhei:me la meritavo. In fondo non sono misogino:è che mi piace provocare. E ne merito le conseguenze. Prosit!
Diego, sono disposto a dare la vita affinchè tu possa ribadire, anzi, predicare al mondo il punto 4.
Però hai ragione: anche i giovani maschi stanno peggiorando, guidano sempre più in modo femminile, che equivale a non guidare ma a farsi portare dalla macchina.
Io confesso: sono un guidatore della domenica. In sputer vado bene, ma in macchina no. Ho preso la patente subito, a 18 anni, e ho fatto un incidente – senza danni per nessuno tranne che per la macchina di mio padre – e ho smesso. Per vent’anni. Solo treni, mezzi pubblici, passaggi, e uno Zip (anzi due).
Ma la vitaccia porta dove non vorresti e sì, ho dovuto riprendere una macchina, ricominciare a guidare le 4 ruote, un usatone che ho subito provveduto a distuggere, anche stavolta – la Madonna e la Peugeot sono davvero benevole – senza danni alle persone. Ora ne ho un’altra, e circolo bellicoso e impreparato tra Milano e Brugherio, con frequenti puntate in Brianza, dove non conosco nè imparo manco una strada perchè sì, cari amici, ho anche un pessimo senso dell’orientamento, e fuori dal Ticinese, dove sono nato, e la cintura sud di Milano (Rozzano e dintorni, per intenderci), non mi ritrovo… guidando non telefono, ma ascolto musica, che è pure peggio.. attenti a voi, utenti della tangenziale est…
Uè, te se’ de Porta Cicca?
Tranquillo, Marcolino, dopo queste confessioni la mia stima non viene meno.
E per quanto riguarda la musica, pompa pure il volume quanto vuoi: niente è più pericoloso del cellulare, per legge le auto dovrebbero essere delle gabbie di Faraday.
Propri.La mia mama l’è nasuda alla Baia del Re, e mi andavi a scola dedrè de la Darsena (Porta Bertolazzi Gadda Brera e il pantheon tutto, perdonatemi).
Sai perchè si chiama così? Perchè quella che precedeva l’attuale, per gli spagnoli era piccola, “chica”.
Quando abitavo in viale Col di Lana 4 ho passato momenti stupendi: mezze giornate a dire cagate coi pensionati della Darsena, per fare il pieno di valori, da rinnegare e bruciare nelle rutilanti notti della Milano da bere anni 80.
E non sono nè retorico nè ruffiano quando dico che mi divertivo di più coi vecchietti.
Tra l’altro, io ho sempre sentito e detto Porta Cica ma in rete, dove ho controllato l’esattezza della citazione, si trova scritto con due “C”.
Pensa te. Mia madre in Cola di Lana ci lavorava, in una boutique per bambini, noè baby junior, chissà se l’hai mai vista.. era in Col di Lana accanto ad un’autoscuola, quasi all’angolo con Col Moschin, a pochi passi da Porta Lodovica: stesso tratto di via di Gattullo, favoloso luogo di delizie, cialtroni, fancazzisti, e punto di raccolta di genialoidi di ogni genere e specie (Tognazzi, Jannacci, Cochi, Renato, Abatantuono, Beppe Viola ecc.), oltre che fornitore del massimo panettone artigianale in town, altro che Cova, che certamente ti avrà visto grande protagonista (e a questo punto magari ci siamo anche incrociati: se vivevi la Milano da bere e stavi in Col di Lana la serata non poteva iniziare che da lì..)