Stamattina, mentre aspettavo che il gommista facesse il suo lavoro, ho bighellonato un po’ nel suo cortile.
Proprio lì a fianco c’è un carrozziere che, come tutti i carrozzieri, ha la sua parte di cortile che è un merdaio: auto distrutte, pezzi di ricambio di recupero accatastati, rottami generici, una 127 diventata la casa del cane.
Vedo un vecchia Fiat 1500,
come questa ma color “granata”, probabilmente in attesa di essere restaurata; per essere un’auto che, nella migliore delle ipotesi, può avere 45 anni, è in uno stato decoroso.
Non sono appassionato di auto antiche o classico-storiche, mi piacciono le macchine nuove, come i mobili e tutto il resto: la roba vecchia mi fa cagare, manco il vino rosso mi piace invecchiato.
E le uniche cose migliori a quarant’anni che a venti, se ben conservati, sono l’uomo e la donna; ma a quaranta: a cinquanta è già un’altra cosa.
Però, quando avevo cinque o sei anni e mio papà aveva la 1100, mio cugino Sergio, dirigente Fiat, aveva la Millecinque, proprio di quel color granata lì e a volte mi portava a fare un giro seduto sulle sue gambe, per “farsi aiutare a guidare” e persino ad ingranare le marce, con quel cambio al volante che proprio non capivo come uno ci si potesse raccapezzare, quasi come sapere dove mettere le mani sulla tastiera di un pianoforte.
La più bella macchina del mondo.
Va beh, dài… sono sempre il solito stronzo incazzoso ma concedetemi un minimo di affettuosa nostalgia per la prima macchina che ho guidato…
Dentro sembra pulita e… ostia, è aperta…
Apro la portiera, infilo la testa e… PAM!… mi arriva la botta!
No, non è stato il carrozziere appostato con un randello, è stato l’odore.
Pazzesco.
Non dico niente di nuovo se dichiaro che la vera macchina del tempo è il naso.
Un odore non lo dimentichi, si pianta nel cervello e non ti molla più: a volte, camminando per strada, mi avvicino a perfette sconosciute che hanno lo stesso profumo di qualche antica morosa e scrocco una sniffata che mi regala un “trip anni 80” che dura meno di un dolcissimo secondo.
Una volta, sarà una decina di anni fa, sono passato davanti ad un portone da cui usciva un profumo… un profumo…
Oh porca troia!… Il profumo della cucina della Scuola Elementare Giosuè Carducci!
Gente, roba anni 60, quando a scuola spesso venivo “mandato fuori” dal maestro perchè rompevo le palle.
Mi scappa di divagare.
Devo dire che non ho mai capito dove stesse la punizione nel prendere un lavativo e metterlo fuori dall’aula, risparmiandogli una mezz’oretta di lezione. A me non sembrava vero, soprattutto in quella scuola: una cosa sono le scuole di oggi, basse e quasi sempre tristi strutture dall’aspetto provvisorio, del tipo «Ragazzi, per adesso sistematevi qui, mentre ne facciamo una definitiva…» Un’altra cosa era “il Carducci”: soffitti alti cinque metri, corridoi finestrati che, prima della costruzione della scuola materna adiacente, si affacciavano su un cortile che sembrava un parco ed era curato come un giardino. In primavera, poi, era una meraviglia: prima mi appoggiavo al davanzale e mi godevo i profumi dei fiori e il cinguettio degli uccelli tra i rami, poi mi facevo una corsa a perdifiato lungo i corridoi, per scaricare un po’ di “agitèira”. Gente… la cucina del Carducci… Era buonissimo. Faledra e Quirino… dimmi te… Quando Quirino finiva di scaricare, Faledra chiudeva la porta e come ultima “pettinata” gli intimava in modo burbero: «… e dà ‘na pulidà an tera!… (Dai una pulita per terra)», riferendosi all’eventuale foglia di lattuga caduta o a qualche acino d’uva. È grave se mi scappa di divagare nel corso della divagata?
Faledra stravedeva per me, il Bart Simpson del Carducci; un giorno sì e uno no, il maestro Gavazza mi sbatteva fuori (ma ho scoperto anni dopo che era d’accordo con mia madre: entrambi avevano capito che senza quella valvola di sfogo sarei esploso…) ed io passavo a salutarla, per meglio immergermi in quel profumo delizioso e, parallelamente, per beccarmi un cucchiaio di budino al cioccolato, «…ma solo se mi fai Fracchia…» |
Lo dico a tutti: se non avete ancora letto “Il Profumo”, vi siete persi qualcosa.
L’olfatto è il vero senso dei sensi: puoi nasconderti alla vista, è sufficiente un muro o una tenda; puoi sfuggire all’udito, basta stare zitto; per il tatto non c’è problema, quando sei a un metro di distanza già ne cresce; il gusto, poi… non ho mai sentito di nessuno individuato dopo una leccata…
Con l’olfatto sono cazzi, non si scappa, sia che si tratti di seminare un cane poliziotto, sia che si vogliano dissimulare due piedi “da morto” in momenti di intimità.
È il senso più antico, più animalesco, più profondo: un odore non lo dimentichi.
Entrare in quella vecchia Millecinque è stato un flash: mi sono seduto al volante e mio cugino Sergio era lì, tra me e il sedile.
Pazzesco.
Oggi le macchine hanno tanti odori, con la dominante della plastica; allora le macchine avevano sempre un po’ l’odore di carburante, di lubrificante, dei tappetini di gomma, con un tocco di sigaretta, visto che allora tutti fumavano; poi c’era qualcos’altro di indefinibile…
Fatto sta che ho chiuso gli occhi e ho respirato profondamente, mentre mi sembrava di imboccare il sentiero di casa mia, in campagna, con Sergio che dava un colpo di acceleratore e poi mi sgridava in torinese: «Va pian, boia faus!…»
Poi ho pensato che se m’avesse visto qualcuno non avrei fatto un figurone, per cui sono tornato nel 2011, dal gommista.
Mi è bastato recuperare il cellulare, che avevo dimenticato in macchina, per essere investito da una valanga di merda, rigorosamente provocata da qualcun altro ma sotto cui ci sono rimasto io.
Va beh, tappiamoci il naso e cerchiamo di metterci una pezza, a ‘sto cazzo di presente.
Dottordivago
Strepitoso.
Sei un evocatore di professione, ai limiti della scorrettezza. Mi è venuta in mente Suor Felicita, che dirigeva la cucina alla mia scuola elementare, mani come badili, testone e girovita imponente (ma le facevano tutte così?), dolce all’occorrenza, ma dovevi provare a scartare il pezzetto di mela un po’ andata, o a mangiare gobbo e con i gomiti larghi: dal nulla, una pacca sulla testa che oggi si ritroverebbe dal pm in un amen: e io non andavo a casa, mi beccavo proprio il giro fisso, settimana dopo settimana immutabile. A modo suo, era una sicurezza.
Sul resto, caro dott, quanto quanto quanto hai ragione.
Ah dottore! Quella l¡ è l’Italia di cui sento ferocemente la nostalgia! E vivendo lontana posso anche credere che in qualche angolino esiste ancora.
E forse esiste. Perché l’Antonio, il muratore col quale abbiamo ristrutturato la casa (ora venduta) era stile Quirino. Gentile, rispettoso, bravo a fare tutto, lavoratore e affezionato. Praticamente stabile a casa nostra (l’abbiamo messa a posto pezzo per pezzo e all’Antonio ci sono voluti 3 anni) era un piacere averlo intorno.
Ed era solo 8 anni fa!
Ma mi sa che era l’ultimo dei Moicani.
Altro che al Carducci, a te dovrebbero intitolare la scuola!
Se poi gli insegnanti e gli scolari poi attaccassero a divagare non ce ne stupiremmo.
un post che ne vale almeno dieci, visti gli argomenti trattati.
Per rivedere Faledra, penso, basta guardare le nostre madri cucinare sotto le feste, ma ormai anche loro hanno passato i settanta e non è più come una volta.
Caro Doc abbiamo avuto una sfiga e una fortuna, la sfiga è quella di essere nati più di 50 anni fa, il che ci porta alla considerazione che siamo ben oltre la metà, a meno che non abbiamo il culo di vivere sino a 120, ma la nostra grande fortuna è quella di essere riusciti ad assaporare un po di quell’Italia post bellica, con la voglia di fare e per voglia di fare intendo lavorare ma anche i sacrifici, bastava un niente per essere felici.
Il lavoro era un dovere, e serviva per mangiare, oggi si starebbe un po meglio se solo ci fossero altre teste.
Per te era la fiat 1500, per me era la fiat 500 dello zio, spero per mio figlio sia la fiat idea quella che si ricorderà fra 50 anni, vedo i suoi occhi felici quando gli faccio fare il giro del cortile al volante….. chissà.
Una considerazione, sempre di Fiat si trattava, ma porca puttana, quanti soldi hanno fatto gli agnelli sulle nostre spalle e sopra a tutto…… sui nostri ricordi?
Quando si viaggia nel passato siamo come astronauti, la parte più critica è sempre il rientro……….e l’ammaraggio non è nell’oceano ma in una mare di merda.
Bello questo panda-effetto-affresco!
Grazie.
È un disegno realizzato per “ilpandadevemorire” dall’immenso Gino Baleta.
Ed io sono il solito coglione che ha scoperto lo sfondo dopo tre anni e mezzo da Blogger per Signora…
Oh be, per ignoranza computeresca ti batto, io non ci sono ancora arrivata a scoprire lo sfondo!
attenzione a non sbagliarti e alla fine ti fai “coprire il fondo”, lo so è una puttanata ma non volevo essere volgare con una signorina!
Bello il disegno ma prende male la vista, specialmente dopo una bottiglia di prosecco.
Dottore, dovresti sentire che profumo mi lasciano alcuni allievi (e allieve!) che montano in macchina per fare le guide..diciamo che le tue due esperienze olfattive descritte -vecchia fiat 1500 e odore di mensa- sulla mia auto vengono riunite in un unico trip: odore di punto semi nuova e ragu di carne con molta cipolla cucinato direttamente sotto le ascelle degli -e delle- aspiranti neopatentati/e. (una ragazza anni fa puzzava così tanto che dopo 5 minuti di forzata convivenza ti sentivi il GUSTO del suo odore direttamente sulla lingua)…
per fortuna in questa stagione di rifiorir ormonale, ogni tanto un attacco di allergia salva le mie nari!
buon appetito